L'ANALISI
18 Luglio 2022 - 17:36
L'avvocato Luca Curatti davanti al carcere
CREMONA - Nell’interrogatorio di garanzia fissato alle 14 di oggi, davanti al gip si è avvalso della facoltà di non rispondere il cameriere albanese di 32 anni, da venerdì scorso in carcere con l’accusa di aver preso a botte e rapinato, in concorso con un connazionale, lui commerciante d’auto in carcere a Modena, un uomo transessuale nella sua casa in via Panfilo Nuvolone, nel quartiere Cambonino, il 23 maggio scorso. Secondo la Squadra Mobile, i due albanesi avevano agganciato 'Miranda' (il nome d’arte dell’uomo) su un sito per escort. Hanno preso il numero di telefono e fissato un appuntamento.
Un «rendez vous» trappola per rapinare la escort. In casa sono volate botte, la vittima è stata minacciata con un coltello, i due sono poi fuggiti con 500 euro in contanti, il pc e diversi smartphone. Fuori, secondo chi ha indagato, c’era il ‘palo’ che li aspettava in auto: un connazionale denunciato a piede liberto. Gli investigatori hanno ricostruito gli spostamenti dell’auto in fuga verso Parma attraverso le telecamere di videosorveglianza e le «scie digitali».
Nel faccia a faccia con il gip, l’albanese ha scelto la linea del silenzio «anche perché – ha precisato l’avvocato Luca Curatti è importante e necessario prendere visione del fascicolo processuale per capire esattamente quali siano le investigazioni della Questura e per quale motivo sia stato ascritto ad entrambi i miei assistito il reato di rapina aggravata. Non si tratta assolutamente di difendere in maniera insensata come sento dire da alcune persone (il riferimento è agli attacchi sui social dei leoni da tastiera, ndr), ma di avere un’opinione chiara di quelli che possono essere i fatti che non necessariamente devono essere quelli contestati dalla Questura. Mi riservo di vedere il fascicolo. Ribadisco il fatto che il mio cliente si è costituito volontariamente, una volta avuta notizia della notifica dell’ordinanza di custodia cautelare e questo è stato fatto per chiarire, per capire. Non significa ammettere alcuna responsabilità». Il legale ha chiesto al gip, che si è riservato, di mandare l’albanese agli arresti domiciliari. Un appuntamento «trappola», per la Questura, vista la presenza del palo. E dunque, non un appuntamento «con sorpresa», degenerato nella violenza.
«Il palo? È una posizione che rimane nelle investigazioni della Questura. Di pali io non ne ho a conoscenza, da quello che ho potuto capire sin dall’inizio – ha proseguito il difensore. Non credo che vi sia stata nessuna necessità da parte dei miei assistiti di voler effettuare una rapina». Nell’appartamento, secondo il legale, «è successo qualcosa che dovrà essere chiarito e valutato nel corso delle indagini. Se la teoria del palo fosse quella che la Questura ritiene la più concreta, allora non capisco per quale motivo non sia stato arrestato per rapina in concorso con i miei assistiti anche il palo, perché le responsabilità, allora sono le stesse, sia del palo, sia, faccio un esempio, del rapinatore che entra in banca».
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