L'ANALISI
SORESINA
03 Luglio 2022 - 05:10
SORESINA - Al Manar è il nome del centro culturale islamico soresinese aperto circa otto anni fa. Qui i residenti di fede musulmana della città e del circondario si ritrovano per pregare. Ma non solo. Anzi, l’obiettivo è anche aiutare. E quando lo si fa (almeno una volta al mese), non si fanno differenze di religione, etnia, sesso o di età.
Basti pensare che la comunità di via Cremona ogni 30 giorni distribuisce altrettanti pacchi alimentari, in collaborazione col Comune, alle famiglie bisognose. Poi i volontari puliscono il verde, hanno donato mascherine durante la pandemia e aiutano anche economicamente chi non può sbarcare il lunario.
«Comprendo che per qualcuno — spiega il presidente del centro Mohamed Elnadi — possa essere ancora radicata l’idea che musulmano significhi diverso, straniero. Ma non è così. Noi ci sentiamo italiani, anzi soresinesi. E vogliamo aiutare la nostra città».
A Soresina l’integrazione non è un’opzione ma una realtà. La città è infatti quella con la più alta concentrazione di residenti di origine straniera nella provincia. Poco più di due abitanti su dieci non sono nati in Italia. Molti di loro sono di origine araba e di religione musulmana. Non stupisce infatti che Al Manar, il centro culturale sulla via per Cremona, sia uno dei più importanti e frequentati della zona. Una trentina le famiglie che pregano qui ogni giorno, il triplo di venerdì.
Ma Al Manar non è solo un luogo dove professare la propria fede, è anche e soprattutto un polo solidale. «Ed è giusto così – spiega il presidente Elnadi –. Noi vogliamo il meglio per Soresina. Tenere pulita la città, come facciamo in collaborazione col Comune, o distribuire generi alimentari con pane, pasta, riso e carne è un impegno per la città in cui viviamo. Essere d’aiuto per noi è importante. Di recente abbiamo anche accolto e sostenuto economicamente un ragazzo appena tornato dall’Ucraina, dove stava studiando prima che scoppiasse la guerra».
La domanda sorge spontanea. Ma gli aiuti a chi vanno? Solo a chi professa l’Islam o si converte? Macché, a tutti. «Noi mettiamo quel che serve. Siamo in contatto con gli assistenti sociali e se i fondi non bastano a sopperire alla richiesta di aiuti alimentari, mettiamo quel che serve. Certo, molto più spesso a noi, direttamente, si rivolgono persone musulmane ma questo non è affatto un prerequisito. Anzi, abbiamo di recente collaborato anche coi volontari e col Comune di San Bassano, abbiamo amici di Soncino. Durante la pandemia da Covid 19, quando le mascherine erano inizialmente costose e introvabili, ne abbiamo donate migliaia fra ospedali e farmacie. Mi sembra il minimo».
Progetti per il futuro? Presentarsi e farsi conoscere ancora meglio: «Avremo tempo di raccontarla ma sabato prossimo, all’Ippodromo, organizzeremo una grande festa. Sono tutti invitati».
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