SOS ACQUA
ACQUANEGRA
22 Giugno 2022 - 15:48
Michele Boiocchi e la sua bicicletta a terra dopo l'investimento
ACQUANEGRA - Il 23 luglio di tre anni fa, con l’auto travolse, uccidendolo, il ciclista Michele Boiocchi, 46 anni, casa a Fengo, lungo la strada che collega Sesto a Grumello. Giuseppe Gaboardi, classe 1941, accusato di omicidio stradale, è stato condannato a 3 anni di reclusione, uno in più rispetto ai 2 anni chiesti dal pm onorario Silvia Manfredi. Il giudice lo ha inoltre condannato alla sanzione amministrativa della sospensione della patente per tre anni. E a risarcire il danno alla vedova Claudia e alla figlia Ambra, oggi quattordicenne, con una provvisionale rispettivamente di 202.800 euro e 250.800 euro "al netto degli acconti già ricevuti dall’assicurazione". Il risarcimento complessivo sarà liquidato nel separato giudizio civile. Infine, Gaboardi è stato condannato a pagare con 4.500 euro a testa, le spese di costituzione di parte civile della moglie e della figlia, rappresentate dagli avvocati Jolanda Tasca e Gabriele Fornasari.
L’incidente mortale accadde alle 16.45. Dopo «una mattina pesante», per dirla con l’imputato e il pranzo a Castelleone, Gaboardi si mise in viaggio sulla Panda di sua moglie ad una velocità tra i 65 e i 70 chilometri orari. Aveva bevuto: fascia uno, venne sanzionato. Boiocchi stava pedalando sulla destra, vicino al ciglio della strada. Secondo l’accusa, dopo aver dato un colpo di clacson, l’automobilista superò il ciclista lì dove c’era la linea bianca continua. Non aveva spazio, sfondò nell’altra carreggiata. Boiocchi volò sul parabrezza (morirà in ospedale). Il ciclista aveva una anguria. Ma dove la teneva? Infilata in un sacchetto appeso al manubrio o nel portapacchi, secondo gli avvocati di parte civile. «Sotto il braccio sinistro », aveva ribattuto l’avvocato Gian Pietro Gennari, difensore di Gaboardi con la collega Anna Elisabetta Parolari. Secondo i due legali, la vittima si sarebbe bilanciata e non avrebbe potuto indicare che svoltava a sinistra. «Illazioni rimaste tali», per gli avvocati di parte civile. Nelle repliche, il pm Manfredi aveva ribattuto: «Che ci fosse o meno un’anguria, ahimè, questo è un ostacolo, un pericolo, ma se ci fosse stato un bambino? L’imputato ha visto, ha suonato il clacson, era suo dovere evitare l’impatto».
Secondo i difensori dell’automobilista, «Gaboardi ha applicato tutte le norme del codice della strada». Gennari e Parolari avevano chiesto l’assoluzione o, in caso di condanna, «il minimo della pena con un riconoscimento del concorso di colpa del ciclista nella misura non inferiore all’80 per cento». Il giudice si è preso 90 giorni per depositare la motivazione della sentenza.
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