L'ANALISI
CREMONA: VERSO IL REFERENDUM
04 Giugno 2022 - 15:43
L'incontro al teatro Monteverdi di Cremona
CREMONA - Un fronte del sì tanto composito quanto unito. Giornata di approfondimento e informazione sull’imminente referendum dedicato alla riforma della giustizia questa mattina al teatro Monteverdi. «Cambiamo la giustizia: Io dico Sì», questo il titolo dell’iniziativa, ha visto sullo stesso palco esponenti di Pd, Lega e Radicali, oltre che tecnici, per esporre le principali motivazioni che hanno spinto politica e parti della società civile a sollecitare un referendum abrogativo in cinque punti. Il presidente del Consiglio comunale, Paolo Carletti è intervenuto brevemente a inizio giornata, su invito della moderatrice dell’incontro, la giornalista del quotidiano La Provincia, Francesca Morandi, ricordando come, a suo dire, i cambiamenti proposti dal referendum del 12 giugno coincidano, nella sostanza, con un rafforzamento di quanto già indicato dalla Carta costituzionale. Poco dopo il microfono è passato nelle mani di Silvana Comaroli, deputata leghista: «Questo referendum - ha spiegato - è un’occasione importante per cambiare la situazione della malagiustizia. Abbiamo sei milioni di processi fermi, e da trent’anni la politica sta cercando di modificare la giustizia in funzione delle esigenze dei cittadini, ma senza riuscirci». A illustrare i cinque quesiti da un punto di vista strettamente tecnico è stato l’avvocato Alessio Romanelli, presidente della Camera Penale di Cremona.
«Non sono referendum contro il corpo della magistratura, come sostengono i fautori del no - ha tenuto a chiarire, invece, Alessandra Riccardi, senatrice leghista e membro della Commissione Giustizia di Palazzo Madama . È evidente che ci sono falle con pesanti ricadute sulla società civile. Dove il sistema giudiziario non funziona, si ha un freno alla società. Che ci sia un problema di bilanciamento dei poteri è innegabile». Particolarmente emotivo è stato l’intervento di Simone Uggetti, ex sindaco di Lodi e protagonista di una vicenda processuale ancora da chiudere, dopo l’assoluzione con formula piena in appello sul caso-piscine della città di Lodi. «Credo che ci sia un tema centrale: quello della disparità di trattamento fra cittadino e amministratore pubblico. Il ruolo del giudice dovrebbe essere quello di valutare caso per caso la necessità di interdizione. Ci vuole un riequilibrio dei poteri anche nell’interesse dei magistrati. Ognuno di noi è giudicato da qualcun altro: che siano quindi aperti al mondo, valutati, e quindi più forti e liberi».
Fra gli interventi in scaletta, anche quello di Marzia Soldani, presidente dell'Ordine degli avvocati di Cremona, particolarmente concentrata sulle modalità di partecipazione ai consigli giudiziari. «Con il referendum - ha spiegato - sarebbero garantite la presenza e il voto della ‘presenza laica’. Per un magistrato il fatto che ci sia una valutazione piena ed equa credo che sia naturale, non capisco quindi il timore per la presenza di una componente minoritaria, che anzi sarebbe un elemento in più». Il referendum è anche una questione di comunicazione e, forse, di divulgazione. A farlo notare è stato Vinicio Nardo, presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano, rispondendo a una domanda sulla natura troppo tecnica dei quesiti referendari. «Il problema è anche di come si propongono i referendum, o di come vengono presentati alle persone i quesiti - ha spiegato -. Dovremmo parlare, per esempio, di libertà delle persone, giustizia della società, di governo dei cittadini, e cioè di equilibrio fra poteri. Bisogna fare capire che stiamo parlando di grandi questioni, temi che dovrebbero trovare spazio in tv, nei talk show».
Sulla stessa linea anche il vicesindaco, Andrea Virgilio: «Tutti i referendum sono bene o male tecnici, ma è importante comprendere quale sia l’aspetto di fondo di ognuno di essi. Guardando alla storia del nostro Paese, si è sempre cercato di rafforzare le garanzie di indipendenza della magistratura perché viste come garanzia per il cittadino. L’indipendenza però oggi è diventata un fine e non uno strumento finalizzato alla cittadinanza. L’obiettivo è quindi quello di porre in essere un riequilibrio. Sono referendum fondamentali perché possono dare la svolta anche a un percorso culturale nel rapporto fra le forze politiche». In chiusura è intervenuto Maurizio Turco, segretario del Partito radicale: «Il primo risultato c’è già: abbiamo fatto parlare di giustizia. Il secondo risultato è che siamo qui, con vari partiti politici, fra persone che su molte materie la vedono in modo molto differente, ma che su questo tema si sono ritrovate. Abbiamo raggiunto l’obiettivo di andare al voto. Significa che dal 14 giugno si innesca un meccanismo ormai inarrestabile. Certo - ha commentato ironico criticando una certa mancanza di informazione da parte del servizio pubblico - ci sarebbe piaciuta una campagna informativa come quella dedicata all'Eurofestival"».
Cinque sì per Gianluca Galimberti. In un intervento fuori programma al termine della mattinata, il primo cittadino ha rivelato per la prima volta le sue intenzioni di voto: «Ci sono 160 mila leggi in Italia, e nella pubblica amministrazione ce ne rendiamo bene conto. Davanti a questo ginepraio legislativo, ogni volta, si deve trovare la strada corretta. E questo è giusto, ma talvolta la strada corretta è un pertugio in una selva oscura. Questo è un tema importante: le persone che vogliono assumersi una responsabilità devono anche consumare molto tempo per capire quale sia la strada da percorrere, ma con un ‘sentiment’ che è spesso quello di una presunzione di colpevolezza. Anche di fronte a cose che sembrano ovvie, sembra di dover scalare montagne molto alte. Significa che la legge, a volte, non aiuta a prendere decisioni ma mette davanti a tutto la sanzione come principale criterio rispetto alle scelte che si devono fare. E tutto questo ha a che fare, forse, anche con il fatto che siamo un popolo che con l’etica pubblica deve fare ancora i conti».
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