L'ANALISI
25 APRILE
25 Aprile 2022 - 21:03
CREMONA - Liliana Segre: «Il 25 Aprile ci ricorda come resistere è necessario, è un dovere. Ieri come oggi». Ieri, la Resistenza, oggi, la guerra in Ucraina, il filo che unisce la 77ª Festa della Liberazione. Una commemorazione che riempie di gente piazza del Comune, capolinea del corteo partito davanti alla chiesa di San Luca con l’Inno di Italia suonato dal corpo bandistico ‘Città di Cremona’. Labari, Gonfaloni, bandiere, ‘bella ciao’. E gli interventi.
Il professor Angelo Rescaglio (Associazioni partigiane di Cremona) prende una posizione netta sulla guerra in Ucraina: «È stata un’oppressione, è una oppressione e su questo non ci sono né sé né ma». Molto applaudito il sindaco Gianluca Galimberti: «Se fossimo nei panni di quel padre ucraino con la moglie e la figlia fuggite, i due figli maschi rimasti con lui a combattere, uno dei due morti, la casa distrutta? Se è vero come io penso che sia vero, che quando un popolo combatte per la propria libertà, combatte per la libertà di tutti i popoli liberi, allora noi dobbiamo assumerci una responsabilità. E per prendere una posizione, io penso che occorra, innanzitutto, provare a mettersi nei panni di tutte le madri, dei bambini, i padri a Marzabotto, a Sant’Anna di Stazzema, a Bucha, in Ucraina, in Siria, in Afghanistan, in tantissime altre parti del mondo martoriate dalla violenza da ispirazioni imperialiste, da sete di potere di persone che sono misere, meschine, interpreti di un male che distrugge. E qui a Cremona noi ora che cosa possiamo fare?».
Il sindaco rilancia e risponde: «Dobbiamo essere sinceri, duri con noi stessi. Più che mai, oggi la storia bussa alla porta della nostra vita personale e di comunità e ci chiede di interrogarci su ciò che pensavamo essere scontato. Non lo era prima, ma non lo è, a maggior ragione, neppure oggi. Libertà e democrazia: lasciamo che il dolore ci apra gli occhi e che questo sia un tempo propizio per un esame di coscienza. Libertà non è dire ciò che si vuole quando si vuole, non è scrivere sui vari social invettive spesso violente, confondendole con il diritto di espressione, non è scambiare per verità le nostre opinioni spesso arroganti. Non è pretendere i miei diritti senza alcun riferimento ai miei doveri, in un individualismo sfrenato che ci coinvolge tutti: questa è una libertà indecente». Libertà «è cercare la verità e farlo insieme, è spegnere di più i social e accendere la mente, è riuscire a cercare un bene comune che vada al di là del mio interesse individuale o del mio gruppo o della mia nazione. Combattere per la libertà è un motore che muove la storia, il diritto internazionale è un bene enorme da tutelare. L’indifferenza di fronte alla violenza di ogni guerra, alla sofferenza di ogni popolo ci fa morire dentro: non esistono profughi di serie A e profughi di serie B, perché tutti i bambini che muoiono per la violenza degli adulti, tutti i bambini che sono in fuga sono nostri figli e se non lo crediamo, semplicemente perdiamo la nostra umanità. Siamo disposti a morire per la libertà di chi ci sta a fianco?».
Giovanni Gagliardi, vice presidente della Provincia, legge l’intervento del presidente Mirko Signoroni. Ricorda «la brutale occupazione che sta subendo il popolo ucraino. Oggi come ieri dobbiamo far sì che le parole democrazia e libertà non siano solo richiami contenuti nei libri di storia, ma siano elementi centrali del vivere civile in tutto il mondo. Per dirimere i conflitti non possiamo non affidarci alla diplomazia, che deve continuare ad essere centrale nelle relazioni internazionali, ma è altrettanto vero che non possiamo ripensare il nostro futuro in un contesto di rapporti e di disvalori che minano dalle fondamenta ciò per cui i nostri padri hanno sacrificato la vita. Questo è un limite invalicabile. Dobbiamo impegnarci perché la libertà, la democrazia, i diritti universali dell’uomo siano sempre i nostri baluardi contro ogni totalitarismo e vessazione. Sta a noi continuare a difenderli e a diffonderli in tutto il mondo, anche raccontando e tramandando, soprattutto ai giovani, le storie di chi ha immolato la propria vita per permettere a noi di vivere in pace». Ai giovani come Chiara Massa e Atik Wai: rappresentano i 19 mila studenti della Consulta provinciale. Per loro, «ricordare il 25 Aprile significa avere una responsabilità, fare del nostro meglio per rendere questo Paese migliore, all’altezza degli ideali di quei giovani che hanno sacrificato la loro vita». Liliana Segre: «Coltivare la Memoria è ancora oggi un vaccino prezioso contro l’indifferenza e ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenza, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza e la può usare».
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