L'ANALISI
23 Agosto 2021 - 06:30
CREMONA - In un villaggio nei dintorni di Kabul, lì dove Loqman Niazai è tornato per salvare la sua famiglia e dove ora è bloccato, costretto a nascondersi nel buio con moglie, figlio di due anni e madre anziana, la situazione si fa di ora in ora più disperata.
«Non possiamo muoverci – scrive con frustrazione il 32enne su WhatsApp, unica via di comunicazione rimasta aperta con il resto del mondo per il 32enne, da sei anni residente a Cremona —. Attendiamo una chiamata dall’ambasciata o da qualcuno che ci garantisca una via di fuga sicura. Il rischio è troppo elevato, non abbandonateci».
Non lo abbandoneranno. Perché se è vero che la diplomazia è lenta e la comunità internazionale, disorientata dall’accelerazione degli eventi, sta arrancando, chi può cerca di attivare i propri contatti personali in Europa e in Occidente per trovare una via di salvezza. Prova a stendere liste che ricordano paurosamente quella di Schindler: tanti nomi, tante vite da salvare con l’inchiostro. E altrettante lasciate fuori dai margini del foglio. La salvezza è ingiusta.
Ma mentre a Kabul la situazione all’aeroporto internazionale è sempre più caotica, c’è chi sta lavorando nelle retrovie per trovare salvacondotti e strade sicure attraverso le quali fare passare chi è in fuga. Tra gli attivisti c’è Rosanna Ciaceri, presidente dell’associazione Immigrati Cittadini di Cremona, costantemente al telefono a prendere nota di afghani già rifugiati in Italia che chiedono aiuto. Per un proprio famigliare o per connazionali rimasti intrappolati laggiù, nella terra ormai in mano ai talebani, che non riescono più a fare ritorno. Come Loqman e la sua famiglia.
«Lo sento ogni volta che è possibile – rivela Ciaceri –. Stiamo cercando di aiutarlo attivando dei canali in Pakistan. L’idea è di farlo arrivare a Karachi: è molto lontano, ma lì si trova un’ambasciata dove la burocrazia è meno complicata rispetto a quella della capitale Islamabad. Abbiamo chiesto aiuto direttamente al ministro pakistano alle frontiere, Sheryar Afridi, con il quale abbiamo da tempo rapporti ed è venuto anche un paio di volte a Cremona. Il problema è che non c’è solo Loqman, ma una moltitudine di esistenze».
Attraverso l’associazione e la rete di altre organizzazioni che si occupano di immigrazione e diritti umani, si sta cercando di fare pressione sui governi e sulle ambasciate: «Ormai siamo all’emergenza umanitaria, i nodi burocratici vanno sciolti – afferma Ciaceri – . È su questo che serve subito agire: far partire chi ha i documenti in regola, perché molti temono la scadenza dei visti ottenuti con grande fatica. E poi occorre un accordo preciso, netto e forte tra Italia e Pakistan per fare transitare da quelle frontiere chi vuole andarsene».
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