L'ANALISI
11 Luglio 2021 - 09:26
L'ex primario Carlo Mosca
BRESCIA - Il 25 gennaio scorso l’arresto (domiciliari), in giugno il no definitivo della Cassazione alla revoca della misura. Ora la richiesta di rinvio a giudizio. La Procura di Brescia ha chiesto il processo per Carlo Mosca, 47 anni, il primario cremonese facente funzione del Pronto soccorso di Montichiari, poi sospeso, accusato di omicidio volontario. L’udienza preliminare si terrà il 17 settembre.
Natali a Persico Dosimo, casa a Mantova, a marzo del 2020, il primario Mosca avrebbe «intenzionalmente» ucciso due pazienti affetti da Covid, Natale Bassi, 61 anni, e Angelo Paletti, 79 anni, somministrando al primo la succinilcolina, farmaco che paralizza i muscoli, al secondo il Propofol, potente ipnotico. Farmaci «letali» se non associati all’intubazione. Bassi è morto il 20 marzo, Paletti la sera del 22 marzo.
«Non ho somministrato i farmaci», si era difeso il medico durante l’interrogatorio di garanzia davanti al gip Angela Corvi.
L’indagine è nata nell’aprile del 2020 dall’esposto presentato ai carabinieri da un infermiere del Pronto soccorso dove «circolavano voci» sulla somministrazione dei due farmaci da parte del primario. Agli atti dell’inchiesta c’è anche un WhatsApp: «Io non ci sto ad uccidere pazienti solo perché vuole liberare dei letti». Lo aveva inviato un infermiere ad un collega. Risposta: «Io non ci sto, questo è pazzo».
Secondo il gip che lo mandò ai domiciliari, è «verosimile» che Mosca «fosse determinato ad uccidere poiché mosso dalla volontà di ‘liberare’ non solo e non tanto posti letto, bensì risorse strumentali ed energie umane, fisiche ed emotive, dei colleghi medici, degli infermieri e di tutti gli altri operatori del Pronto soccorso» in un momento in cui l’ospedale di Montichiari, come tutti gli ospedali della Lombardia, era in forte stress.
Assistito dagli avvocati Elena Frigo e Michele Bontempi, si difenderà l’ex primario del Pronto soccorso, dove in quel drammatico marzo del 2020, «ogni giorno è stata una battaglia per salvare vite». Mosca lo disse in un’intervista al «Corriere della Sera» di Brescia, nel giugno successivo: «Sento ancora il fischio dell’ossigeno. Lo sento ancora, anche adesso che è tutto spento».
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