CALCIO
08 Giugno 2021 - 06:15
CREMONA - «A dire il vero mi ero già pentito, quando ho saputo che il mio compagno di classe era in ospedale».
Quattro anni fa, all’età di 16 anni, hai fatto il bullo con il tuo compagno, lo hai aggredito fuori dalla scuola, perché lui aveva detto al professore che gli tiravi sberle durante la verifica. Ora hai ottenuto il perdono giudiziale dal Tribunale per i minori perché ti sei pentito.
«Quando è successa questa cosa, l’ho fatta perché quel giorno ci istigavamo a vicenda: lui diceva qualcosa a me, io a lui, ma la cosa che mi ha fatto più incavolare è che lui ha offeso la mia mamma».
Ti sembra giusto sbattere un compagno per terra e contro un garage e mandarlo in ospedale con 30 giorni di prognosi?
«Non si fa, lo so»
Perché lo hai fatto?
«È che in quei momenti non proprio hai la testa. Me ne ero già pentito dopo due settimane, quando ho scoperto che era finito in ospedale. Mi sono pentito già lì».
Oggi hai 20 anni, un lavoro come magazziniere e pentito. Da ragazzino eri una testa calda, però.
«Quando ero ragazzino con la testa non ci pensavo, quello che mi sembrava bello fare lo facevo, non ci pensavo. Non era per fare il forte, mi divertivo, si può dire. Fino a 18-19 anni ho fatto cavolate».
Quali cavolate?
«Tante risse quando ero piccolo».
Ti piaceva picchiare?
«Non è che mi piacesse. È che quando qualcuno mi offendeva... ».
Partivi in quarta.
«Mettevo la quinta, non ragionavo».
Le hai prese anche tu?
«Sì, sì, tante».
E quando andavi a casa pieno di botte?
«Mia madre mi chiedeva: ‘Che cosa ti sei fatto?’. Io inventavo qualche scusa, che ero caduto giocando a calcio, a basket. La mia fedina penale è macchiata, ma ora sono maturato e lo so di aver sbagliato».
Ora hai cambiato testa.
«Se mi guardo allo specchio sono diverso. Ho trovato un lavoro, faccio una vita diversa. Quando i miei amici fanno delle cavolate durante le serate, io mi allontano. Ci provo a dire che non si fa così, ma i ragazzi non ci pensano come non ci pensavo io. Adesso sono dall’altra parte della sponda Ho capito che nella vita bisogna comportarsi bene, anche perché la vita è una. Non puoi passare tutta la vita a fare le cavolate».
Al processo ti ha accompagnato tua madre, oltre all’avvocato Raffaella Parisi.
«Mia madre prima era scontenta, poverina ci rimaneva male. Adesso mi sono riscatto davanti ai giudici e anche davanti a lei».
Passioni?
«Viaggiare e...»
E?
«Mi piacerebbe diventare qualcuno nella vita. Ora sono magazziniere, ma non mi accontento. Vorrei avere un business mio, non lavorare sotto qualcuno. Vorrei realizzarmi nella vita».
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