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NELLE AULE DI GIUSTIZIA

L'incubo dentro le mura di casa

A processo per maltrattamenti e lesioni un 34enne. L'ex compagna: "Ho sofferto tanto e per troppo tempo mi sono vergognata"

Francesco Gottardi

Email:

fgottardi@cremonaonline.it

17 Dicembre 2025 - 20:18

Maltrattamenti in casa, madre e figlio 'salvati' e protetti

CREMONA - «Spero di essere cambiato, in carcere sto seguendo dei corsi per uomini maltrattanti. Quello non ero io, erano le sostanze di cui facevo uso a farmi agire in quel modo». Oggi in aula l’imputato nel processo per maltrattamenti nei confronti della ex compagna ha reso dichiarazioni spontanee, rivolgendosi al giudice. L’uomo, un 34enne che attualmente sta scontando una pena in carcere per altra causa, è accusato di maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate.
I fatti contestati, oggetto di due distinti procedimenti poi riuniti, si sono susseguiti in un arco temporale che va dal maggio 2023 all’aprile 2024. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, l’uomo l’avrebbe «minacciata e percossa ripetutamente, in particolare perché versava pressoché sempre in una condizione di alterazione psicofisica a causa dell’assunzione di alcol e sostanze stupefacenti». In quello stato, gli episodi di violenza – sia verbale che fisica – sarebbero diventati una costante: insulti, minacce di morte e aggressioni hanno segnato la vita della vittima, una 55enne costituitasi parte civile con l’avvocato Caterina Pacifici (oggi sostituita dal collega Massimiliano Corbari).


L’apice di questa escalation si è raggiunto nel febbraio 2024. Il giorno 26, durante una discussione che aveva presto superato i toni di un normale litigio, l’uomo avrebbe morso con violenza l’avambraccio della compagna, lasciandole un vistoso ematoma. Meno di 48 ore dopo, alterato da motivi di gelosia, l’avrebbe nuovamente aggredita: insulti, schiaffi in pieno volto e graffi profondi sul collo, inflitti «con forza tale da lasciare segni evidenti». All’arrivo delle forze dell’ordine, quella volta, l’uomo si era barricato in casa, minacciando di tagliarsi le vene prima di darsi alla fuga. E oltre alle violenze sul corpo, l’uomo avrebbe ripetutamente insultato e minacciato la compagna: «Tu da qua non esci viva, mi prendo l’ergastolo sta sera» le avrebbe detto una volta. Una violenza psicologica ripetuta e accanita che, per la Procura, avrebbe indotto la donna in uno stato di prostrazione psicologica e di sofferenza morale incompatibile con le normali condizioni di vita.

Gli episodi sono culminati l’8 aprile dello stesso anno: dopo averle sottratto il telefono e averla chiusa in casa l’uomo l’avrebbe colpita violentemente con calci e pugni. Dopodiché sarebbe passato ai colpi di cinghia «con la quale avrebbe provato anche a strozzare la compagna». Disperata e terrorizzata la donna era riuscita a scappare passando per una finestra. Raggiunta poco dopo dall’uomo la donna è stata scaraventata a terra, dove sarebbero riprese le violenze. Ma quella sera la vittima era riuscita a mettersi in salvo urlando e richiamando le attenzioni di una vicina, che aveva fatto allontanare l’imputato. A quel punto la donna aveva scelto di denunciare, riferendo alle forze dell’ordine i mesi di violenze subite. Lo ha ripetuto ieri in aula, ascoltata dal giudice: «Ho sofferto tanto. Non avrei mai pensato di arrivare a questo punto e per tanto tempo mi sono vergognata di quello che mi è accaduto, non volevo dire nulla a nessuno, ma poi la situazione è degenerata e ho capito che questa era l’unica strada per uscirne».

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