L'ANALISI
18 Ottobre 2022 - 05:25
CREMONA - La «fortezza» si apre alla città e un altro dei grandi «buchi neri» del centro storico verrà rivitalizzato. Ieri mattina è stato infatti firmato il rogito con cui la Banca d’Italia ha venduto la sua ex sede in via Verdi al Gruppo Findonati Spa, che dunque è diventato proprietario dell’immobile in disuso da 13 anni. Top secret il prezzo di acquisto e top secret anche, per il momento, il nome dello studio di architettura a cui sarà commissionato il progetto di riqualificazione. Ma si tratta — assicurano in Findonati — di un grande nome di livello internazionale.
«Il segnale — sottolinea Andrea Virgilio, vice sindaco e assessore al Territorio con delega alla Rigenerazione urbana — è molto positivo per il centro storico e per tutta la città. Di fronte a tanti dibattiti fumosi sulla valorizzazione del centro è fondamentale la concretezza di operatori privati che scommettono su Cremona e fanno investimenti e dei soggetti pubblici che fanno altrettanto».
Inutilizzato dal 13 marzo 2009, ultimo giorno di lavoro per i dipendenti della filiale cremonese della Banca d’Italia, da allora l’edificio che sorge all’angolo fra via Verdi e corso Vittorio Emanuele, con affaccio su piazza Stradivari, è in disuso e in attesa di nuova vita. «La ristrutturazione — spiega lo staff tecnico di Findonati, guidato da Aldo Gazzina — verrà condotta con attento rispetto dell’identità progettuale del palazzo e sarà volta al mantenimento dello stile e dei materiali utilizzati avendo cura di coordinarli attraverso una attenta direzione artistica che terminerà nel 2024».
Dopo diverse vicissitudini progettuali e urbanistiche, l’edificio fu costruito in circa due anni e la nuova sede aprì gli sportelli nel 1960. «Il suo aspetto — spiegano in Findonati — rispecchia la funzione per cui era nato: una fortezza che trasmettesse un’impressione di solidità. Oggi vogliamo aprire questo ‘forziere’ e metterlo in comunicazione con la città». La prospettiva, ovviamente è residenziale. «Ma all’interno di una visione nuova e moderna dell’abitare, attenta al comfort e soprattutto al risparmio energetico. Verranno infatti realizzati impianti innovativi alimentati da energie rinnovabili. L’edificio sarà dotato anche di altri accorgimenti tecnologici di ultima generazione con il preciso intento di realizzare appartamenti al passo coi tempi con bassissimi costi di gestione». La superficie complessiva è di 3.500 metri quadrati.
«Il piano rialzato, che ospitava gli sportelli, circa 800 metri quadrati, potrebbe avere una destinazione commerciale ospitando, chissà, ancora una banca, oppure studi o attività». Dal primo piano in su l’edificio ospiterà appartamenti con vista sulla piazza e sul Torrazzo. «Niente stucchi o merletti, ma soprattutto comfort dell’abitare. È presto per ipotizzare le ‘pezzature’, ma saranno tutti spaziosi e soprattutto dotati di garage che verranno ottenuti dalla riprogettazione del piano seminterrato ora sede del caveau». Un punto importante questo: «Non ci saranno auto parcheggiate in strada».
Altro aspetto fondamentale del progetto di riqualificazione dell’immobile sarà la distribuzione degli spazi con logiche legate alla valorizzazione degli ambienti comuni: «Non più solo luoghi di passaggio, ma di interazioni fra condomini». Diverse le ipotesi: «Una biblioteca, uno spazio per la ricreazione, per lo smart working». L’edificio originale aveva la forma di una C a cui sono stati poi successivamente aggiunti la hall centrale e una palazzina uffici nel cortile. Questi elementi saranno rivalutati e sostituiti da un giardino, un polmone verde nel cuore della città la cui presenza costituirà un elemento di collegamento con l’esterno».
L’edificio non è sottoposto a vincolo. Vi è solo una prescrizione di rispetto delle facciate sulle pubbliche vie che infatti non verranno intaccate dai lavori. «È un intervento che si lega ai temi della Rigenerazione urbana con cui si rivitalizza la città ed i grandi ‘contenitori’ che proprio per le loro dimensioni risultano essere spesso molto complicati nella loro riconversione e comportano un maggiore impegno economico e progettuale che solo attenti e seri operatori del settore, con grande coraggio a fronte dell’attuale e pesante crisi dei mercati, riescono a sostenere».
Il palazzo era stato messo in vendita nel 2012 a 11 milioni, attraverso la formula del bando con manifestazione di interesse. A gestire l’operazione era stata Rti Colliers International Italia, cui era stata affidata la dismissione dell’intero patrimonio immobiliare della Banca d’Italia. Successivamente l’immobile di Cremona è stato offerto al mercato in due aste pubbliche, nel 2013 e nel 2014, senza esito. Il prezzo di partenza della prima asta era 8,5 milioni di euro, il secondo incanto invece era senza base d’asta. Ma non si è concluso. «Siamo stati contattati dopo aver manifestato il nostro interesse. Abbiamo effettuato un primo sopralluogo, dopo aver sottoscritto ferrei accordi di riservatezza. Abbiamo quindi fatto un’offerta e aperto una trattativa che si è conclusa velocemente».
Curiosa la storia del progetto, che risale al 1954 e fu affidato all’architetto romano Luigi Vagnetti, il Renzo Piano dell’epoca. La Banca d’Italia bloccò i lavori di costruzione nel 1958. Il Comune, infatti, aveva dato il via libera alla costruzione di un altro edificio proprio di fronte, in quella che era pizza Cavour. La Banca d’Italia si oppose perché vedeva in questo modo sminuita la monumentalità del palazzo. Dopo un dibattito che coinvolse la città, alla fine l’altro edificio non fu costruito. La nuova sede della Banca d’Italia fu realizzata demolendo alcuni edifici medievali con mattoni a vista ed è per questo, per richiamare quel colore, che come materiale di rivestimento fu scelta una preziosa pietra rosata.
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