L'ANALISI
09 Ottobre 2017 - 04:05
IL CASO
Sa tutto di me chi telefona per promuovere delle vendite
Egregio direttore
tempo fa ho disdetto la mia linea telefonica fissa anche per non essere tempestato da telefonate che offrono questo o quel servizio. A pagamento s’intende. Pensavo di essermene liberato. Invece no. Dal fisso al cellulare. Ma quel che è peggio è che mi chiamano e già sanno il mio nome.
L’ultimo episodio, che mi ha parecchio infastidito, risale a mercoledì scorso. Mi arriva la chiamata dal numero 06.92040450, si presentano come una società della quale non ho compreso il nome: «Il signor Antonio?». Rimango sorpreso: «Scusi, ma come fa a sapere il mio nome?». Risposta: «Mi è stato segnalato da un suo amico che fa trading online». Non ho mai fatto simili operazioni, ma a parte questo, ho chiesto se mi poteva fornire il nome del mio ‘amico’. La risposta è stata un’imprecazione. Ricambiata.
Ps. Ho provato più volte a richiamare quel numero. A volte dà l’avviso che non esiste, altre volte squilla a vuoto, altre volte ancora dopo due squilli la linea si interrompe.
Antonio Guerini
(Crema)
Gli ‘assalti’ commerciali ai nostri telefonini non si contano. Un mezzo per arginarli c’è: il Registro pubblico delle opposizioni, istituito appositamente per la tutela delle utenze telefoniche che non vogliono ricevere chiamate pubblicitarie. Iscriversi è facile e gratuito. Può farlo solo l’intestatario di un’utenza (fissa o mobile, privata o aziendale) pubblicata negli elenchi telefonici. Cinque i modi: chiamando il numero verde: 800.265.265; scrivendo un’e-mail a abbonati.rpo@fub.it; spedendo un fax al numero 06.54224822; inviando una raccomandata a ‘Gestore del Registro Pubblico delle Opposizioni-abbonati/ ufficio Roma Nomentano – casella postale 7211 – 00162 Roma (Rm)’; attraverso il sito www.registrodelleopposizioni.it, compilando il modulo elettronico disponibile nella apposita ‘area abbonato’. Eventuali segnalazioni di infrazione possono essere inviate gratuitamente al Garante della Privacy scrivendo ‘garante@gpdp.it o protocollo@pec.gpdp.it’.
LA REPLICA
Noi applichiamo le leggi, protestate con chi le fa
Signor direttore,
con riferimento alla lettera pubblicata sul vostro giornale in data 06 ottobre, dal titolo «Le non spiegazioni di un funzionario acido», a firma del signor Davò, mi corre l’obbligo di precisare che l’Inps è un Ente chiamato ad applicare la legge, il che a volte, come nel caso in esame, e specialmente quando si tratta di conguagli fiscali, comporta notevoli disagi per l’utenza: ce ne rendiamo perfettamente conto, ma non possiamo farci nulla!
A tale proposito le rimostranze sarebbe più opportuno che fossero rivolte a chi le leggi le fa, non a chi le deve applicare.
Per quanto riguarda il colloquio avuto con il funzionario Inps, come si evince dalla stessa lettera del signor Davò, le informazioni sono state complete ed esaustive, anche se l’utente lamenta la poca cordialità del funzionario, e di questo mi dispiaccio.
Infine, in merito alla richiesta di essere avvertiti almeno con una telefonata, faccio presente che nessun funzionario Inps è autorizzato a fornire informazioni tramite telefono, e ciò al fine di tutelare la riservatezza delle informazioni (non sai mai se chi ti risponde dall’altro capo del telefono è davvero il diretto interessato) e sia per combattere le frequenti truffe telefoniche a danno dei cittadini.
Anzi, colgo proprio l’occasione per ribadire: non credete mai a chi telefona e vi dice che è un funzionario dell’Inps.
Giuliano Quattrone
(direttore regionale Inps, Milano)
Referendum Regionale/1.
Voglio più servizi perciò voterò Sì
Signor direttore,
alcuni lettori opinionisti hanno espresso l’intenzione di votare per il No al referendum per l’autonomia della Lombardia del 22.10.2017. Lo scrivente, i miei familiari e molti nostri amici e conoscenti voteremo invece per il Sì . Onore ai 50 sindaci della nostra provincia che hanno costituito il comitato per il Sì, tristezza e delusione invece per quelli che voteranno per il No ubbidendo a stupide e stantie logiche di partito e non al benessere dei cittadini della loro regione. In nome della par condicio chiedo cortesemente di elencare anch’io alcune ragioni del Sì. (1) Vogliamo che le tasse dei lombardi restino in Lombardia. (2) Stop al travaso di 54 miliardi di euro dei lombardi nello spreco statale. (3) Bloccare l’idrovora centralista che succhia ben l’83% dei soldi ai lombardi. (4) Vogliamo più servizi, più assistenza, più strade, più sanità pagando meno tasse. (5) Vogliamo una risposta vera alla crisi economica, con più posti di lavoro e meno imposte. Ricordo a gli amici lettori che il residuo fiscale della Lombardia (differenza tra le tasse pagate e la spesa pubblica complessiva ricevuta) è di 54 miliardi di euro all’anno, più della Liguria, dell’Umbria, delle Marche, del Lazio, della Toscana, del Piemonte e dell’Emilia Romagna messe insieme.
Andrea Zecchini
(Camisano)
Referendum Regionale/2.
Solo propaganda. Una spesa inutile
Signor direttore,
il 22 ottobre di fronte ad una consultazione che ritengo puramente strumentale e propagandistica non andrò a votare perché credo sia la cosa giusta da fare. Andare alle urne per votare No servirebbe solo ad abbassare di qualche punto percentuale il risultato del plebiscito che il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni ha preparato per lanciare la sua campagna elettorale verso la riconferma al Pirellone. Così come sarebbe inutile e, anzi, dannoso andare a votare a favore del quesito, per dimostrare che ci sono diversi modi di dire sì, come invitano a fare diversi sindaci del cremonese. Il quesito, nella sua assoluta genericità, è solo una delega in bianco ai vertici della Lega con l’accondiscendenza di Forza Italia, dei 5 Stelle e di parte del Partito democratico che, come sempre, si dimostra né carne né pesce. Il referendum non è giuridicamente vincolante, ma consultivo. Il verdetto avrà solo un significato politico senza effetti pratici. E, oltretutto, non è ancora chiaro quali saranno le materie su cui verrà chiesta maggiore autonomia
. Dulcis in fundo, sarà solo il Parlamento (a maggioranza assoluta) ad avere l’ultima parola. Insomma, non è altro che un bluff. I promotori evitano accuratamente di dire su quali materie vorrebbero maggiore autonomia, anche se il riferimento all’articolo costituzionale li renderebbe impliciti: giustizia di pace, istruzione, tutela ambiente e beni culturali. Scordarsi l’autonomia fiscale tanto cara ai leghisti della prima ora, perché i soldi per finanziare le nuove competenze arriverebbero sempre da Roma. Ma l’osservazione che rivela la vanità dell’iniziativa leghista è un’altra: il conclamato articolo 116 consente già agli enti locali di avanzare proposte di maggiore autonomia senza bisogno di un referendum. Lo ha fatto, senza tante fanfare e rulli di tamburo, l’Emilia Romagna. Questi referendum arrivano poi fuori a tempo scaduto. Pensati ieri, hanno poco o nulla a che fare con la lega di oggi che ha completamente abiurato ai cavalli di battaglia di Bossi: autonomia, federalismo, devolution, inglesismo tanto magico un tempo quanto ora desueto. Allora perché, vogliono farci votare? Perché Maroni vuole una prova di celodurismo in vista delle elezioni nella Regione dove governa. Ormai nell’era dei ‘like’ volenti o nolenti è la conta che conta!
Felice Resmini
(Soresina)
Ospedale di Crema
Day Surgery di Crema tra attese e disagi
Signor direttore,
vorrei esprimere tutta la mia indignazione per quanto riguarda i tempi di attesa al day surgery dell’ospedale di Crema: mi sembra alquanto vergognoso tenere la gente in ballo a digiuno e in tensione una giornata per fare un intervento magari lieve. Con l’aggravante che stanno facendo i lavori al 2 piano con martelli pneumatici e quant’altro.
Siccome io pago le tasse in Lombardia esigo che vengano spesi per migliorare la sanità, non solo per far fare tirocinio ai cosiddetti rifugiati
Adriano C.
(Crema)
Il caso Cesare Battisti
Italia codarda con Francia e Brasile
Signor direttore,
Cesare Battisti, arrestato per un tentativo di fuga dal Brasile ha dichiarato di «non temere l’estradizione in Italia». Forse, dati i precedenti, ha ragione lui perché se andiamo a vedere come si era comportata dopo la sua evasione e la sua fuga dall’Italia, prima la Francia che lo accolse e lo ospitò rifiutandosi di estradarlo e poi il Brasile di Lula che fece altrettanto, allora Cesare Battisti ha buone ragioni per sperare. Non si capisce invece l’atteggiamento rinunciatario e codardo di allora dei governi italiani né contro la Francia, né contro il Brasile. O meglio, si capisce benissimo che si privilegiarono cinicamente e vigliaccamente gli interessi commerciali ed il profitto alla giustizia ed al senso dell’onore che non sono quotati in borsa. E’ inutile e ipocrita che ora il ministro della giustizia si sbracci a dichiarare che «il governo italiano farà tutto il possibile affinché Cesare Battisti ci venga consegnato a scontare in Italia la pena per quattro omicidi commessi». Si sarebbe potuto e dovuto prendere dei provvedimenti come la rottura dei rapporti diplomatici ed economici con Francia e Brasile per costringerli a consegnarci il delinquente, ma forse per farlo si sarebbe dovuto avere la dignità e le palle, cose che evidentemente difettano ai nostri governanti. Ed allora dovremo, al solito, accontentarci di parolone roboanti e di velleitarismi inefficaci perché questo è tutto ciò che passa il convento. Evviva questa repubblica Italiana, nata dalla resistenza.
Alessandro Mezzano
(Cremona)
Vogliamo cambiare il mondo
Non siamo capaci di cambiare noi stessi
Signor direttore,
siamo in balia delle nostre emozioni, ci scandalizziamo, vogliamo cambiare il mondo con firme di protesta, referendum, manifestazioni, sottoscrivendo proclami e non siamo capaci di cambiare noi stessi, di smettere di fumare, di non abbuffarci più, di dormire quando abbiamo sonno, di non essere gelosi, possessivi e asfissianti, di non stare ore e ore davanti a un monitor, di non finire tra le braccia di carnefici o uomini eternamente bambini, di non riuscire a parlare a una donna che ci piace senza provarci, insomma ci manca la pazienza di cambiare noi stessi, ci sembra più semplice cambiare gli altri, e l’inevitabile conclusione è che non cambia niente, noi continuiamo a essere insoddisfatti di noi stessi e gli altri continuano a vedere la trave che portiamo nel nostro occhio.
Paolo Mario Buttiglieri
(sociologo, Fiorenzuola d’Arda)
Bandiera del Whiskey, allarme
La psicosi terrorismo colpisce ovunque
Signor direttore,
l’allarme terrorismo arriva a Zurigo, ma si rileva del tutto infondato. È bastato che un amante amante del whiskey facesse sventolare la bandiera del Jack Daniels dal terrazzo di casa sua per scatenare la paura in una centralissima via di Regensdorf: alcuni residenti della zona hanno scambiato il drappo nero della famosa marca per uno stendardo dell’Isis, si sono spaventati a morte e hanno telefonato alla polizia.
Una segnalazione, infatti, aveva fatto muovere la polizia per visionare la presenza di quella che sarebbe dovuta essere una bandiera dell’Isis che svetta con una bandiera italiana su di un’asta nei cieli di Regensdorf. Si tratta di un drappo della Jack Daniels, la famosa marca di whiskey, installata sopra casa da un giovane 19enne italiano residente a Zurigo, che non ha molto a che vedere con quella riconosciuta come simbolo del terrorismo.
Lui e la sua ragazza si sono appena trasferiti nel comune zurighese e hanno deciso di appendere la bandiera: «L’ho messa pensando fosse divertente». Lo scorso sabato il giovane si è trovato una lettera anonima nella propria bucalettere. Sulla missiva, che il ragazzo ha subito mostrato a 20 Minuten, erano presenti solamente poche frasi che hanno però lasciato basito il 19enne. «Dobbiamo aver paura di te? Prima la bandiera italiana e ora quella nera della morte? Sei un simpatizzante dello Stato islamico?» scrivono dei vicini preoccupati «che intendono mettere sotto sorveglianza la coppia».
«È una calunnia, intendo denunciare» dice indignato il giovane.
Insomma, la psicosi terrorismo colpisce ancora.
Giovanni D’Agata
(Sportello dei diritti)
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