L'ANALISI
18 Settembre 2017 - 04:05
IL CASO
Furbetti del cartellino, uno schifo. Ai miei tempi non era possibile.
Signor direttore,
la maggior parte dei cittadini per bene ne ha le tasche piene di sentire da anni la stessa solfa, lo stesso stupido ritornello che riguarda i furbetti del cartellino, non se ne può più è ora di finirla.
Lo scrivente ha lavorato per più di 40 anni nella sanità pubblica e mai e poi mai si è permesso di timbrare il cartellino ed assentarsi per un motivo o per l'altro dal posto di lavoro. Capitolo primo; il caposala, se appena tardavi di 15 minuti, telefonava subito a casa. Capitolo secondo; se il turno era scoperto i capi servizio nello spazio di una mezz’ora se ne erano già accorti e se non veniva giustificata l’assenza, si rischiava veramente grosso. In molti si domandano come possono accadere, sopratutto nel Mezzogiorno, simili assurdità. Il problema non potrà mai essere risolto per il semplice fatto che non si vuole risolverlo. Un esempio? Se un dipendente fa il furbetto, timbra e se ne va per i fatti suoi invece di lavorare, vuole dire che è coperto da chi sta sopra di lui, ammettiamo il caposala. Se il caposala a sua volta fa il furbetto vuol dire che i capo servizio fanno altrettanto e così la direzione. Se tutti sono coinvolti nella truffa si usino le maniereforti ossia il licenziamento in tronco. Se ci fosse la volontà, e concludo, di porre fine a questo schifo nello spazio di un mese il problema sarebbe risolto alla radice una volta per tutte.
Andrea Zecchini
(Camisano)
Mi pare che ultimamente la linea del governo si sia fatta molto più dura contro i furbetti del cartellino, così come si sono moltiplicate le inchieste di forze dell’ordine e magistratura. Inchieste, vale la pena di sottolinearlo, spesso attivate grazie a segnalazioni di colleghi perbene dei ‘furbetti’, stanchi di voltare la faccia di fronte a questi esempi di palese ingiustizia. Con i decreti Madia, le procedure di allontanamento dei dipendenti pubblici fraudolenti sono state di molto snellite. L’assenteista colto sul fatto deve essere sospeso entro 48 ore dall’episodio. Insieme alla sospensione, al dipendente va inviata la contestazione scritta con la convocazione presso l’ufficio dei procedimenti disciplinari, che deve essere messa in calendario 15 giorni dopo per garantire il diritto alla difesa. Dopo di che, entro 20 giorni dall’avvio del procedimento, l’ente pubblico deve denunciare il lavoratore alla procura regionale della Corte dei conti. Alla scadenza del 30esimo giorno, l’assenteista deve essere licenziato.
LA POLEMICA
Apologia del fascismo, solo moralismo giudiziario
Caro direttore,
chiedo di nuovo ospitalità al suo giornale. Nelle scorse ore è passato alla Camera il ddl Fiano (ora andrà al vaglio del Senato) che va ad aggiungere un nuovo articolo a completamento della Legge Scelba e della Legge Mancino sull’apologia di fascismo, reato, quindi, già previsto e disciplinato dal nostro ordinamento. Quella di Fiano è una stortura in evidente contrasto con almeno due articoli della Costituzione che proprio Fiano ed il suo partito hanno cercato di svuotare meno di un anno fa e che oggi hanno l’ardire e l’ardore di esserne i fidi scudieri. Patetico.
Questa revisione avrebbe l’intento di punire il reato d’opinione e sancire una specie di moralismo giudiziario che provveda, come il Sant’Uffizio, ad eliminare l’avversario politico. Una damnatio memoriae che nemmeno nel più profondo passato veniva utilizzata con siffatta leggerezza.
Questa è esclusivamente una Crociata perpetrata dalla religione profana del politicamente corretto, che sbava rabbia nei confronti dei morti, del passato, dei feticci e dei concetti. Il tentativo di censurare le idee è da interpretare come un’evidente insicurezza nelle proprie e, come reazione, si innesca questo meccanismo perverso secondo il quale tutto quello che sta al di fuori del cerchio magico del culto laico, foss’anche l’aspetto più innocuo e trascurabile (ad esempio i gadget che riportano l’effige del Duce...), diventa fondamentale eliminarlo. Una palese ammissione di debolezza ed inconsistenza politica. Ma l’Italia è piena zeppa di ciò che Fiano vorrebbe cancellare: immagini, città intere, monumenti enormi, piazze, parchi naturali, libri, dipinti, memoria storica. Il fascismo non è stata l’invasione degli Ultracorpi, piaccia o non piaccia è stato una pagina importante dell’autobiografia di una Nazione. A meno che Fiano non abbia l’insana voglia di stuprare, sventrare e bombardare l’Italia intera, la sua è destinata a restare una pura utopia. Purtroppo dobbiamo prendere atto che l’Italia è vittima di un passato che non passa mai. Male interpretando il ‘revolvo’ di evoliana memoria, guardiamo sì all’indietro come insegna il filosofo, ma non per trovare rinnovata ispirazione per costruire il nostro futuro; bensì per distogliere lo sguardo dai disastri che oggi ci avvolgono completamente e per evitare di assumercene la responsabilità. Distogliendo lo sguardo da una Paese in cui si muore perché piove per illuderci che questa follia non esista. Ma i morti annegati restano, la distruzione pure. In un contesto simile il fantasma del fascismo diventa un fantastico capro espiatorio di cui un Paese, ormai privo di idee e di ideali, si serve per camuffare il nulla cosmico che, suo malgrado, è diventato. È proprio vero che chi non sa costruire nulla non può fare a meno di distruggere.
Diego Storti
(Ostiano)
Signor direttore,
il sionista Emanuele Fiano può fare tutte le leggi che vuole per proibire i gadget che ricordano il ventennio fascista, ma non può cancellare dalle teste della gente il fallimento politico e sociale di questa repubblica, nata dalla resistenza, che é evidente nei fatti dopo 72 anni di governi incompetenti, truffaldini e partigiani di interessi inconfessabili (disoccupazione giovanile, i padroni contano di più ed i lavoratori di meno, invasione di extracomunitari, corruzione delle istituzioni, grande aumento della fascia di povertà, aumento della delinquenza, della droga e della prostituzione, eccetera) e che è la causa di quello spostamento ideologico che a Emanuele Fiano da tanto fastidio. Il mondo di Emanuele Fiano è destinato a finire miseramente a causa dei limiti, delle colpe e delle contraddizioni che contiene e non per cause esterne.
alessandro.mezzano@alice.it
C'è da vergognarsi
Al top il nostro livello di ignoranza
Signor direttore,
una recente indagine statistica mondiale ha classificato noi italiani per la capacità di comprendere correttamente un messaggio dei media tv e giornali a uno degli ultimi posti al pari del Burundi (udite, udite una regione dell’Africa) cioè significa che il nostro livello di ignoranza è al top. Il nostro livello culturale è talmente basso che in Italia potrebbe diventare presidente del consiglio anche un delinquente qualsiasi, l’importante è che il suo governo aumenti di 20 euro le pensioni e conceda le case a tutti i nostri poveracci italiani che hanno in agosto occupato tutte le spiagge della Romagna e della Puglia. Io nella mia vita non sono mai stato tifoso sia nello sport che nella politica e ho sempre cercato di ragionare con il cervello e in questi giorni mi è capitato di vedere repliche delle trasmissioni del ‘grande giornalista Belpietro’: il livello era talmente basso che mi sono vergognato di essere italiano.
R. S.
(Cremona)
Sono tempi di egoismo
I nuovi mecenati sono disinteressati?
Egregio direttore
in tempi in cui soltanto l’egoismo par dominare i cuori della gente, scoprire del novel mecenatismo non fa che insospettir. Tale accidente può solo dimostrar che il servilismo non ne morirà sintanto che un potente indulga ad ogni sorta d’altruismo: in cambio non pretende proprio niente? Oggi, l’aedo volto al progressismo, una postura alquanto conveniente ché spesso mascherata da «buonismo», vive un contesto ambiguo e deprimente dove traspare, ognor, il settarismo tradotto nell’inchino più ossequiente.
Massimo Rizzi
(Cremona)
Più di una bega
Malesseri nel governo e inutili rimpasti
Caro direttore,
malessere vasto/ che v’è nel Governo/ non valga un rimpasto/per render fraterno/ quel vago rapporto/ che ancora ci nega/ d’assieme il conforto/ tra più d’una bega?
Sarem sì insipienti/ d’offrire ai nemici/ quei ghigni irridenti/ per farli felici/ e poi, da perdenti/ leccar cicatrici?
Gabriele Tinelli
(Castelvetro Piacentino)
Fascismo e antifascismo
Ogni pretesto è buono per la guerra di ombre
Egregio direttore,
oggigiorno ogni pretesto è buono per dare corso alla guerra delle ombre, che sembra svolgersi in un teatro di spettri e i cui protagonisti dovrebbero essere fascisti e antifascisti. Dopo il grottesco episodio del bagnino di Chioggia, ci viene presentata come fascista un’aggressione ai danni di un barista dell’Arci di Ombriano. Ho usato, prima, il condizionale «dovrebbero» perché i fascisti, quelli veri, sono passati a miglior vita pur gravando sulle coscienze di qualcuno che li sfrutta dopo il loro assassinio. E’ un gioco miserabile che, invece di ridimensionarsi viene praticato, anche con violenza, a beneficio di coloro che insistono a mantenere in essere una Costituzione a sostegno dei fautori dello status quo creato nel 1945. Dopo il crollo dell’impero sovietico, questo revival di fantasmi è stato capitanato dagli intellettuali di matrice azionista, custodi dell’antifascismo più genuino e umorale, tendenti, a fianco dei socialcomunisti e degli utili idioti, ad accreditarsi in prospettiva governativa. Nella Seconda Repubblica, il gioco ha avuto effetto retrodatando lo scenario della guerra civile. La lotta antifascista si è così diffusa nella galassia dei centri sociali. Quando, in Europa, sono apparsi i cosiddetti «populisti», i fruitori dello status quo hanno riattivato, con fantasiose analogie, lo strumentale binomio conflittuale fascismo-antifascismo. Gli spettri fascisti non hanno però la possibilità di svuotare la capacità di attrazione di ambigui contenitori, già svuotati, invece, dei contenuti in sintonia con le dinamiche del tempo.
Claudio Fedeli
(Cremona)
La Ue e i migranti
Meno complimenti e più soldi all’Italia
Signor direttore,
ringraziamo sentitamente il Presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker per l’apprezzamento rivolto verso l’Italia davanti al Parlamento Europeo nel tradizionale discorso sullo stato dell’Unione. «Sulla questione migranti l’Italia ha salvato l’onore dell’Europa», così le testuali parole del Presidente e via ieri il pavoneggiarsi dei nostri governanti per questi complimenti. Ma dopo questo riconoscimento concretamente Juncker cosa ha proposto? Zero, sottozzero, nulla di nulla come sempre del resto. Poteva almeno darci 4,5 miliardi che il contribuente italiano paga per sostenere gli immigrati presenti sul suolo nazionale che oltretutto smaniano per andarsene nei paesi del nord Europa. Visto che alla Turchia, che non è un paese dell’Unione Europea, vengono elargiti 6 miliardi di euro a noi italiani, che siamo membri dell’Unione, oltre che i ringraziamenti formali non meriteremmo un trattamento migliore? Ma si sa l’Europa ha figli e figliastri altro che uguaglianza e solidarietà e mi fa ridere la campagna orchestrata contro i paesi dell’Est Europa alla quale il nostro governo da volentieri una mano perché rifiutano i ricollocamenti quando la Francia con la scusa dello stato d’emergenza ormai perenne non fa passare i migranti a Ventimiglia, costruisce un bel muro a Calais (che è democratico mentre quello in Ungheria è fascista) e spiana le baraccopoli presenti. Esorto dunque tutti a guardare alla concretezza, alla realtà e non alle formalità perché di formalità non si vive e nemmeno si ottengono i voti (avviso per le elezioni 2018 ai politici).
Gabriele Marchetti
(Torricella del Pizzo)
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