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14 aprile

Lettere al Direttore (1)

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emanzini@laprovinciacr.it

16 Aprile 2017 - 04:05

IL CASO

Amnistia e riforma della Giustizia contro il cancro delle prescrizioni

Signor direttore,
è difficile parlare di riforma della giustizia, di amnistia, di marcia di Pasqua in un Paese che viene incitato in ogni momento all’indignazione sul fatto di sangue, alla giustizia fai da te, all’odio che sia etnico o di classe. Tentiamo di farlo con alcuni semplici ma inequivocabili dati.
Dal 1992 lo Stato ha speso 648 milioni di euro per ingiusta detenzione, 42 milioni spesi nel solo 2016. Nel 2015 sono state 1.188 le vittime per ingiusta detenzione mentre nello stesso anno sono state 70 le azioni nei confronti dei magistrati che hanno portato a zero provvedimenti per dolo o colpa grave. Al 30 giugno 2016 tra cause civili (3,8 milioni) e penali (3,2 milioni) il totale delle cause pendenti davanti ai tribunali italiani sono 7 milioni. Con 7 milioni di cause arretrate non è più giustizia ma paralisi della giustizia per cui ogni riforma diventa impresa impossibile e per questo ricordo le parole di Marco Pannella: «Noi vogliamo un’amnistia ‘legalitaria’, cioè che ripristini le condizioni di legalità costituzionale nei tribunali e nelle carceri, contrapposta a un’altra amnistia: quella strisciante, clandestina, di massa e di classe che si chiama prescrizione». Nel 2016 la prescrizione ha cancellato 132mila processi. Vera ‘amnistia sommersa’, negli ultimi 10 anni la prescrizione ha mandato al macero oltre 1,5 milioni di processi, quelli dei potenti e di chi si può permettere la migliore difesa, condannando al carcere i più poveri e indifesi. Perciò, considerata la perdurante emergenza, chiediamo un’amnistia che sia propedeutica a una riforma della giustizia sia penale che civile, la cui paralisi penalizza i privati e le imprese, scoraggia gli investimenti esteri e comporta costi enormi per l’economia nazionale. Eccoci, dunque, a distanza di circa cinque mesi dalla giornata del Giubileo del carcerato, a marciare nel giorno di Pasqua dal carcere di Rebibbia a piazza S. Pietro affinché lo Stato di diritto possa e debba prevalere nella vita pubblica del Paese, partendo proprio dalla sofferenza in cui versa la Giustizia italiana.
Sergio Ravelli
(esponente del Partito Radicale, Cremona)

Da anni sentiamo parlare dell’urgenza della riforma della giustizia e della necessità di affrontare il problema delle carceri sul quale l’Italia è stata richiamata dall’Europa. Purtroppo non si è ancora passati ai fatti.

LA POLEMICA

Il decreto Minniti porta l'Italia all'apartheid

Signor direttore,
mi consenta di inviare questa mia lettera aperta.
«Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri, vorrei invitare lei e il governo a riconsiderare e recedere dalle misure adottate con il recente decreto cosiddetto Minniti approvato dal Parlamento attraverso un voto di fiducia di entrambe le Camere. Con quel decreto infatti si introducono nell’ordinamento giuridico italiano - e in un ambito di importanza cruciale - alcuni elementi propri di un regime di apartheid. Orbene, l’Italia è una repubblica democratica, e una repubblica democratica è del tutto incompatibile con l’apartheid, ovvero con l’istituzionalizzazione della diseguaglianza di diritti tra le persone in considerazione della loro origine etnica e provenienza territoriale: l’apartheid è il razzismo eretto a sistema politico, l’apartheid è un crimine contro l’umanità.
Nel nostro Paese negli scorsi decenni già molte gravi violazioni dei diritti umani sono state commesse da governi esplicitamente composti da forze politiche filomafiose, razziste e neofasciste: con l’antilegge Bossi-Fini e con il famigerato ‘pacchetto sicurezza’ in particolare, ma non solo; decisioni feroci che sono costate - e costano tuttora - sofferenze infinite a milioni e milioni di persone innocenti. Ma il governo che lei presiede invece di abrogare quelle insensate crudeli misure apportatrici di sciagurate violenze tragicamente sta facendo un passo ulteriore lungo la china che porta alla barbarie: giacché non solo intende realizzare nuovi campi di concentramento, non solo intende intensificare le deportazioni, ma addirittura crea tribunali speciali e nega alle persone migranti qui giunte fondamentali garanzie giuridiche: istituendo un antidiritto fondato sulla discriminazione etnica. Così si crea un regime di apartheid.
Non credo che lei e i suoi ministri (ed i parlamentari che vi hanno rinnovato la fiducia pur sapendo che così avallavano quelle specifiche misure) vi siate resi conto di ciò che state facendo, ma ciò che state facendo è esattamente questo.
Egregio Presidente del Consiglio dei Ministri, verrei meno a un fondamentale dovere di cittadino e di essere umano se non mi adoperassi per tentare di persuaderla e persuadervi a recedere da quella decisione al più presto. Ed in assenza di una vostra tempestiva resipiscenza non resterebbe che adire tutte le vie legali e tutte le forme nonviolente d'impegno civile per contrastare l’instaurazione in Italia di un regime di apartheid; ovvero per difendere la legalità costituzionale e i diritti umani nel nostro paese già profondamente vulnerati.
Ho scritto questa lettera nella forma più breve, molte argomentazioni avrei potuto aggiungere ma la sostanza è tutta qui: che le misure previste nel decreto testé avallato dalle Camere violano lo stato di diritto, la Costituzione repubblicana, la democrazia e i diritti umani; che quelle misure introducono nel nostro paese sostanziali elementi di apartheid».
Beppe Sini
(responsabile del Centro di ricerca per la pace e i diritti umani)

La Dondeo numero 70
Medaglia ‘Tamba’ a un cremonese?
Egregio direttore,
tra pochi giorni la ‘Dondeo’ raggiungerà l’invidiabile traguardo delle settanta edizioni a beneficio dei tanti appassionati di ciclismo. Il merito della manifestazione così longeva è da attribuire in primo luogo alle famiglie Dondeo/Frontali che da sempre hanno creduto in questa corsa.
Mi preme altresì sottolineare il contributo che, per più di cinquant’anni, ha fornito all’organizzazione quell’appassionato sportivo, memoria storica del ciclismo di casa nostra qual era Giampietro Tambani.
Egli ha saputo superare nei vari anni i molteplici ostacoli causati dal percorso rendendola sempre più apprezzata dal lato tecnico e introducendo modifiche e difficoltà altimetriche tanto da essere assimilata a una piccola ‘Sanremo’.
Quest’anno cade il decimo anniversario della sua scomparsa e come ogni anno noi familiari abbiamo sempre donato al vincitore una medaglia d’oro in suo ricordo.
La speranza è sempre stata quella di premiare un corridore cremonese. L’ultimo che riuscì nell’impresa fu Cristian Rossi il quale vinse la sessantesima edizione con la maglia del Club Ciclistico Cremonese 1891. Purtroppo Giampietro non potè assistere a quella vittoria essendo deceduto due giorni prima.
Quest’anno sembra che le speranze di successo di un corridore di casa nostra siano concrete.
Sarebbe un avvenimento speciale e nello stesso tempo commovente per ricordare al meglio il mitico ‘Tamba’.
Beppe Tambani
(Cremona)

Il nodo competitività
Mattarella ci sproni a lavorare di più
Egregio direttore,
un doloroso suggerimento
Qualche giorno fa il nostro presidente della Repubblica ci esortava alla maggior competitività. Fosse altrettanto sollecito nello spronarci a lavorare di più e a smetterla con sequenze di scioperi, spesso immotivati, riterremmo assai più pertinenti i suoi richiami.
P.F. Mari
(Cremona)

‘Regalo’ di pasqua nel 1945
La mia eroica zia salvò i partigiani
Signor direttore,
ricordo la Pasqua del 1945 che cadeva ai primi di aprile e si era quindi verso la fine della guerra. Ero coi miei genitori in casa dei parenti di mio padre. Il palazzo era ed è enorme e dai solai c’è un’ampia vista della città fino al Po. Lassù si era asserragliato un gruppo di partigiani che dalle feritoie del solaio avevano ingaggiato una sparatoria coi militari del presidio tedesco. La sparatoria durò parecchi minuti ed i segni dei colpi erano visibili sul muro ancora qualche anno fa. In un momento di tregua un graduato tedesco suonò il campanello del palazzo. Come se niente fosse, mia zia, la rivedo ancora piccola, pallida in volto ma diritta come un fuso, aprì il portone. Il militare le chiese in italiano dove si annidassero i ribelli. Mia zia, con le piccole braccia sui fianchi, si era messa di fronte al militare lasciandolo sulla porta mentre con la coda dell’occhio seguiva i movimenti dei partigiani che approfittando del momento di pausa si stavano defilando nel parco retrostante. Quando si accorse che si erano allontanati, tagliò corto il discorso dicendogli: «Signor ufficiale, le assicuro che qui non c’è proprio nessuno!» e lo fissò negli occhi con un’espressione che non ammetteva repliche e soggiunse: «Le do la mia parola d’onore!». Ci crederete o no, il militare salutò battendo i tacchi e se ne andò mentre la servitù si affrettava a portare una sedia a mia zia che vi cadde sopra sfinita.
Ernesto Biagi
(Casalmaggiore)

Tradizioni da mantenere
Domenica delle palme con foto ricordo
Caro direttore,
domenica scorsa sono andato alla mia chiesa a prendere l’ulivo, ritornato a casa con mio papà abbiamo fatto una bellissima foto ricordo. Io già da qualche anno ho ripreso una bellissima usanza lucana e cioè il giorno della Santa Pasqua bacio la mano ai miei genitori papà Pietro e mamma Maria Rosa. I primi anni Settanta quando ero in Lucania a Terranova di Pollino (Pz) si usava che il giorno di Pasqua per rispetto si baciava la mano alle persone anziane e l’anziano a volte faceva un piccolo regaluccio di qualche cento lire per comprare il gelato. A me piace tantissimo fare così, sono cresciuto in mezzo ai valori e questi valori voglio tenerli sempre presenti. Auguri carissimi di Buona Pasqua a tutti.
Vincenzo Gatto
(Milano)

Supermercato a Cremona
Servizi per disabili sporchi: li chiudono
Signor direttore,
oggi mi reco in un ipermercato di Cremona e per forza ho dovuto utilizzare i servizi igienici riservati ai portatori di handicap posti a lato nord del corridoio centrale. Una cosa vergognosa! Bagnato per terra, poco pulito e totale assenza di carta igienica e fazzolettini. Mi reco alla cassa centrale e faccio presente che i servizi non sono accessibili e la signora che mi ha ricevuto con estrema rapidità e cortesia mi ha riferito di aver avvisato il responsabile. Al mio ritorno dopo oltre due ore ho scoperto che avevano chiuso a chiave il bagno e così hanno risolto il problema. Mi ricordo il giorno della vigilia di Natale quando tornai in quell’ipermercato per restituire un vasetto di salmone tonnato scaduto e letteralmente putrido e puzzolente. Gli incaricati dell’accoglienza sempre con estrema cortesia hanno avvertito il loro capo settore che ha dato una sola risposta: senza neanche presentarsi. «Cambiategli il vasetto» e io gli ho risposto «Grazie, se lo mangi lei». Mi chiedo sempre perché i servizi igienici di questo centro commerciale non sono a norma e tutti gli altri invece sì. Quello di un altro sembra un salotto e addirittura con la musica. Questa è una vera schifezza. Ma le guardie sanitarie dove sono?
F.B.
(Ostiano)

Maleducazione a Cremona
Strade imbrattate di deiezioni canine
Egregio direttore
le deiezioni canine sono uno degli esempi di ciò che quotidianamente le persone maleducate lasciano sui marciapiedi di via Realdo Colombo (e via XI febbraio).
Due o tre anni fa il Comune ha rifatto il giardinetto antistante la bellissima chiesetta di S. Maria Maddalena con tanto di piccola siepe come recinzione. Nonostante questa i cani vengono lasciati entrare sul prato con quello che ne consegue. Non è certo un bel biglietto da visita per i turisti che visitano questa chiesetta gioiello d’arte.
Purtroppo questa inciviltà è dilagante ovunque senza ritegno e come si suol dire: la madre dei cretini è sempre incinta.
Lettera firmata
(Cremona)

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