L'ANALISI
15 Aprile 2017 - 04:05
Anche nel buio del presente siamo chiamati alla fede
Carissimi fratelli e amici, 80 anni fa don Primo Mazzolari pubblicava uno splendido testo dal titolo ‘Il buon samaritano’, dandoci provocazioni vere e sempre attuali. Nel messaggio per la Quaresima, con gli impegni concreti che ne scaturivano, abbiamo già fissato lo sguardo sulla compassione di quello straniero, quasi un ‘senza-Dio’, che però sorpassa le pigrizie e le scuse di quanti, come il sacerdote e il levita, ‘passarono oltre’, lasciando il malcapitato sulla strada, mezzo morto. Ma il Papa ci ricorda che il vero cristiano non ‘passa oltre’, non guarda dall’altra parte, non si rifugia nell’indifferenza davanti alle sofferenze dei fratelli. È chiaro, ma qualcosa ci impedisce di viverlo! Proviamo a rifletterci ancora. Rientrati dal bel pellegrinaggio diocesano sui Luoghi Santi, mentre si avvicinano i Giorni Santi della Passione del Signore, e pregustiamo già l’incontenibile gioia della Pasqua, il tema del ‘passaggio’ bussa ancora al nostro cuore, perché se ne dilati il senso, e il desiderio.
Un passaggio epocale
Alle nostre generazioni è capitato di vivere in questo tempo, di rapidissimi e sconvolgenti mutamenti, in cui vediamo realtà che appaiono in crisi e vanno scomparendo, mentre fatichiamo a decifrare il futuro, il nuovo, l’orizzonte. Testimoni di assurda e vile violenza su inermi ed innocenti, in un travaglio che sembra non aver fine. In mezzo al guado, non sappiamo se tornare indietro (sarebbe impossibile) o passare all’altra riva, con tutte le sue incognite. Chi ci guiderà? Credo che i giovani, quando non sono precocemente influenzati dal pessimismo degli adulti, siano i più capaci di osare, di fermarsi ad ascoltare le voci e interpretare le lingue, senza paura di diventare cittadini del mondo. E credo che Gesù, il Vivente, possa parlarci anche attraverso di loro, profeti del Regno di Dio anche senza saperlo. Per questo, sviluppiamo in ogni parrocchia la preparazione del Sinodo dei Giovani, per non restare indietro nel cammino.
Il passaggio dell'Angelo
Il libro dell’Esodo, che rileggiamo in questo tempo, narrando la prima Pasqua, ci mostra il passaggio dell’angelo sterminatore che, nella notte della liberazione dalla schiavitù, “passa oltre” le case degli Ebrei, riservando morte e terrore a quelle dei nemici. Un linguaggio duro, che tuttavia esprime la fedeltà di Dio al suo progetto di salvezza. Così, il popolo dei poveri può ‘passare il mare’ camminando all’asciutto, prima di attraversare il deserto e giungere alla terra promessa.
Quella notte le famiglie erano riunite, a gruppi, per mangiare la Pasqua: anche nel buio del presente, la Chiesa raduna le famiglie, o quanto resta di esse, per un banchetto di speranza, aperto a tutti. Il nuovo Agnello, col suo sangue, ricostruisce le case e le relazioni, mai abbastanza antisismiche, se non le stabiliamo sulla roccia della Sua Parola. La potenza della Liturgia cristiana sgorga dalla Pasqua e offre a tutti, anche quest’anno, un nuovo inizio.
Il passaggio del Signore
La vita con la sua complessità, e la grazia con la sua fantasia, chiamano alla fede, che riconosce il Risorto, e grida con gioia: «E’ il Signore!». Mi auguro che questa continua riscoperta corra di bocca in bocca, rincuorando ogni sforzo di comunione, vero segno del passaggio del Signore nelle nostre vite. Imparando a non trascurare nessun frammento del corpo di Cristo, la Chiesa sparsa in paesi e parrocchie, nascosta nei letti di dolore e nei grembi gravidi di vita.
Questo è l’augurio di chi è stato inviato ad essere testimone del Risorto, indegno ma necessario segno dell’Unico Pastore: veder crescere l’unità del gregge, l’armonia nella famiglia, la testimonianza della carità. Da questo riconosceranno Colui in cui crediamo, da quanta cura avremo gli uni per gli altri. Gli impegni della Quaresima potranno diventare i frutti della Pasqua, e i nuovi progetti per la quotidianità.
Maria, la Madre che non passa invano, che non abbandona nessuno dei suoi figli, che raccoglie nel suo abbraccio ogni volto che Le rammenti il Figlio, ci precede nel cammino. Come sicuro segno di speranza.
Buona Pasqua a tutte le nostre famiglie e comunità.
Antonio Napolioni
(Vescovo di Cremona)
IL CASO
I musulmani di casa nostra dicano «no» al terrorismo
Egregio direttore,
tra i molti articoli comparsi sui giornali in questi giorni che hanno parlato del doppio attentato avvenuto in Egitto in due chiese cristiane (copto vuol dire cristiano), mi ha colpito quello di un musulmano, (Wael Farouq, che è cresciuto in quel Paese e che di tutto ciò ha dato una interpretazione personale. A parte il fatto che, per forza di cose, i cristiani erano in Egitto da prima dei musulmani (questi sono arrivati sei secoli dopo), l’autore dell’articolo ricorda la vita in quel Paese prima che avvenisse la propaganda anticristiana sviluppatasi soprattutto a carico dei molti che dal paese erano peregrinati per lavoro nel golfo arabo (Arabia in primis). Addirittura alla Domenica delle Palme i bambini musulmani ricevevano dalle madri piccole corone fatte con foglie di palma, mentre i bambini cristiani portavano le croci e tutto il gruppo si avviava all’ingresso della chiesa dove i primi ricevevano qualche dolcetto mentre i cristiani entravano per la cerimonia. Nei quaranta anni della presidenza di Sadat e successivi l’indottrinamento è proseguito in modo che alla fine i cristiani erano divenuti miscredenti. Dopo la rivoluzione degli ultimi anni almeno la propaganda è finita e lo stesso presidente Al Sisi si è definito protettore anche dei cristiani (e lo dimostrano i molti poliziotti musulmani che hanno perso la vita nel recente attentato per proteggere il papa copto Tavadros). Altre manifestazioni (moschee aperte per curare i copti, donazioni di sangue) fanno sperare che le cose cambino ma è necessario lasciare solo il Daesh nella sua demenziale sete di sangue. E’ bene che anche i musulmani che vivono tra noi dicano con forza che tutto questo non ha senso.
Franco Pecchini
(Cremona)
Appelli come il suo, rivolti agli stranieri di fede musulmana che abitano nel nostro Paese, si ripetono in occasione di ogni attentato. Testimonianze concrete di solidarietà da parte dei responsabili delle varie comunità servirebbero a rimarcare la distanza da autori e mandanti delle stragi e rafforzerebbero un rapporto di fiducia tra italiani e immigrati che non bisogna mai dare per scontato.
Il ruolo di Scrp
Così è solo un costo. Sia smantellata
Signor direttore,
i camerati di Fratelli d’Italia, hanno chiesto ai partiti politici e ai candidati sindaci, di pronunciarsi sul futuro di Scrp. Pur essendo agli opposti, politicamente parlando, dell’amico Resteghelli, non ho alcun problema a rispondere per quanto riguarda il mio partito, Rifondazione Comunista. Dico subito che condivido molte delle affermazioni contenute nel comunicato di Fratelli d’Italia, in questo modo assicuro coloro che da sempre sostengono che gli estremi si assomigliano.
In realtà non ho alcun timore di esser confuso con le idee di questa formazione di destra, solo che la verità è sempre rivoluzionaria e se i Fratelli d’Italia sostengono una cosa vera non comprendo il motivo di dissociarmi da loro.
Chiarito ciò, come Rifondazione Comunista abbiamo sempre effettuato le nostre critiche a Scrp pubblicamente e non ci sottraiamo neppure in questa occasione; Scrp, come la conosciamo oggi, deve essere smantellata, è soltanto un costo per la comunità cremasca e non realizza alcun servizio. I tempi per la realizzazione della gara sui rifiuti sono assolutamente inconcepibili, i troppi e costosi consulenti, la situazione di incompatibilità del direttore che era membro del consiglio di amministrazione di Lgh, le modifiche statutarie con altri due consulenti per redigere soltanto tre articoli.
Tutto questo, oltre alla mancanza di trasparenza e allo scontro continuo con alcuni sindaci, dimostrano che Scrp ha fallito la sua missione e che deve essere destrutturata, smantellata, per poter ricostruire una società veramente controllata da tutti i nostri sindaci e non dall’attuale lobby che non accetta critiche e tanto meno, i consigli.
Crema ha smantellato società pubbliche che realizzavano servizi veri (pensiamo alla pubblica illuminazione, ai parcheggi, alla piscina al teleriscaldamento), per quale motivo continua a tenere in vita una struttura che mangia soltanto denaro pubblico?
Beppe Bettenzoli
(segretario Federazione cremasca Partito della Rifondazione Comunista)
Anagrammando
La Camera, il Senato ‘asinella al mercato’
Signor direttore
sicuramente sbirciando tra i rami del nostro Parlamento se ne vedono di belle, tranne quando ci sta un governo tecnico.
Ma anagrammando i termini che ne indicano i luoghi scopro che:
‘La Camera, il Senato mi risulta:
‘asinella a mercato’, in primo luogo
‘somarelli a catena’, come secondo.
Di certo è che anche se i miei intuiti anagrammatici non sono infallibili, di sicuro sono incontestabili.
Pietro Ferrari
(Cremona)
Riecco il 25 aprile
La vittoria autentica è il 4 Novembre
Egregio direttore,
dopo una lunga pausa causata dalle primarie del Pd (...). Arriva il 25 aprile ed ecco magicamente redivive offese ardite, scemenze, insulti assortiti. Da ‘figli di stronza’ di Elio Vittorini (vecchia volpe sicula dei fu Guf (Gioventù universitaria fascista) diventato sciacallo, autore, tra i tanti, de ‘Il garofano rosso’ (1948) per purgarsi del periodo in cui indossava fez e camicia nera; ai ‘quindicenni sbranati dalla primavera’ di Francesco Guccini, capostipite della haute musique!, passando per i ‘non uomini’, seguiti dal ‘marchio di Caino’ e finire con gli ‘esuli in Patria’, ‘figli di nessuno!’. Destino maledetto affibbiatoci dal radicalume esasperato con l’improba colpa di aver aderito alla Rsi. Forse è lecito rammentare agli ignavi che esiste anche la Storiacon la ‘S’ maiuscola ed il coraggio di chi ha scelto volontariamente la cosiddetta parte sbagliata con la consapevolezza di una guerra perduta ma la certezza dell’onore ritrovato. ‘Errore’ da ripetere all’infinito dopo essere stato deliziato per 70 anni da una democrazia patacca. Orgogliosa di aver fatto parte di coloro che in divisa, inseriti in un esercito regolare con tutti i crismi delle convenzioni internazionali, combatterono lealmente e coraggiosamente in cielo, mare e terra a difesa della patria. Vedi i marò della Decima Mas, i parà della Folgore e Nembo, gli alpini della Monterosa, i bersaglieri piume al vento, i piloti dell’aeronautica fascista; con il supporto delle camicie nere della Gnr e Bn, usbergo della popolazione vessata ed indifesa. Bersagli viventi prediletti dai terroristi resistenziali, i fautori esasperati della guerra civile. Camuffati da borghesi, al calar delle tenebre, esperti in sabotaggi uccidevano a sangue freddo con il classico colpo alla nuca.
Quei tali che celebrando la Liberazione dimenticano sempre le cose essenziali. Nel Ventennio furono uccisi più antifascisti italiani nella Russia comunista che nell’Italia fascista (lì centinaia di esuli, qui una ventina!); che morirono più civili sotto i bombardamenti alleati che per le stragi naziste; che ha mietuto molte più vittime il comunismo in tempo di pace che il nazismo in tempo di guerra (Shoah inclusa). Quei geni hanno quasi abolito la Festa della vittoria del 4 novembre (l’unica autentica) per dar lustro al 25 aprile. Commemorazione ludica solo per i capitalisti angloamericani ed i russi, gli autentici nemici del popolo lavoratore; quasi inesistente la pseudo Liberazione. Tant’è vero che abbiamo dovuto cedere l’Istria e la Dalmazia al compagno Tito, tutta la Savoia alla Francia, caterve di milioni per danni di guerra. E la chiamano ‘vittoria’. I 650 mila caduti sulle colline del Carso si rivoltano nella tomba. (...)
Luciano Pedrini
(Cremona)
Caro Pedrini, dopo 72 anni non sarebbe il caso di chiudere i conti col passato? Di una cosa sono certo: ognuno resterà della propria opinione.
La provocazione di Bruno Guerri
La statua ‘Il Bigio’ vada al Vittoriale
Signor direttore,
apprezzo la ‘provocazione’ di Giordano Bruno Guerri, presidente del Vittoriale degli Italiani e direttore del Musa di Salò, di chiedere la statua detta ‘il Bigio’ (dell’epoca fascista, già restaurata, che giace in un deposito comunale) in prestito, al sindaco di Brescia Emilio Del Bono, così da trasferirla in quel di Salò, luogo nel qual sarebbe certamente più apprezzata. La definisco una (utile) provocazione, che potrebbe far riflettere sul destino più idoneo del monumento cittadino più bistrattato, discriminato e delegittimato, più di qualsiasi altro. Una provocazione per Brescia, ma so anche che vi sono serie intenzioni per concretizzare l’esposizione del Bigio in Salò, se è vero che anche il Sindaco Giampiero Cipani tempo fa aveva fatto la stessa proposta di Bruno Guerri.
Preferisco pensare che la statua debba essere rimessa dov’era, a Brescia, in piazza Vittoria. Questo è il suo posto e che si presta meno degli altri a interpretazioni nostalgiche, oppure discriminatorie come l’abbandono in nome dell’antifascismo.
E se l’avessero fatto correttamente quando vi era l’intenzione, come semplice atto dovuto ad un’opera d’arte restaurata del nostro passato, senza sollevare polveroni, senza proteste, senza mischiare la politica, rispetto al lavoro di uno scultore (Arturo Dazzi) che ha il diritto di essere esposta come qualsiasi altra, adesso sarebbe da tempo nel distratto oblìo che caratterizza i numerosi monumenti della città. Invece l’opposizione che ha visto scendere in campo perfino le associazioni partigiane, ha ingigantito a dismisura un problema inesistente, o quanto meno irrilevante se fosse stato tranquillamente accettato. (...)
Claudio Maffei
(Brescia)
Mediagallery
LA CITTÀ UNIVERSITARIA
CALCIO SERIE A. I VIDEO
Prossimi EventiScopri tutti gli eventi
Tipologia
Data di inizio 15 settembre 2025 - 21:00
VI edizione del Platina International Music Festival
Tipologia
Data di inizio 16 settembre 2025 - 21:00
Tipologia
Data di inizio 17 settembre 2025 - 16:30
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris