L'ANALISI
26 Marzo 2017 - 04:05
Ma con quale criterio vengono potate le piante? Ce lo spieghino
Signor direttore,
mi rivolgo al suo giornale, per avere, da chi di competenza, qualche dritta in più, in merito al taglio delle piante nel quartiere.
Ci abito da tanti anni, purtroppo in una via, ove qualche decennio fa, qualche buontempone, ha pensato bene di piantumare dei tigli, alberi di alto fusto idonei per parchi e giardini, anche in viuzze ove, a malapena, si passa in due sui marciapiedi.
L'errore è stato fatto a monte, però, le varie amministrazioni, non si son mai prese la briga di contenere la crescita di queste piante.
Le potature avvengono raramente e vengono effettuate, direi in punta di forbici, tant’è che ora le piante superano in altezza anche le palazzine di quattro piani e i loro rami invadono tetti e giardini privati. Però, nel quartiere c'è una via (via Mella), ove puntualmente ogni anno, le piante, che tra l'altro non sono neppure tigli di alto fusto, vengono ‘tosate’ in modo anche osceno, per non farle crescere in altezza e larghezza.
Dulcis in fundo, in questi ultimi giorni, un paio di mezze mattine, gli operai comunali, sono stati impegnati nel potare tutti i rami laterali di un unico tiglio in via Paolucci de Calboli. Noi residenti speravamo nella potature di tutte le piante della via, ma così non è stato.
A questo punto ci siamo chiesti se è necessario fare qualche domanda particolare oppure, anche per la potatura dei rami indesiderati, bisogna essere raccomandati.
Pasquale Verzellesi
(Cremona)
Riceviamo molte lettere di cittadini che si lamentano per il taglio di piante o per interventi di potatura che non verrebbero effettuati in modo corretto. Noi non abbiamo gli strumenti per valutare se le piante sono malate e quindi vadano tagliate oppure se necessitano di una potatura particolare. Mi auguro che chi è competente intervenga per fare chiarezza e spieghi quali sono i criteri che regolano certi interventi.
LA POLEMICA
L'evasione fiscale c'è perché la politica non vuole combatterla
Signor direttore,
sono convinto che una delle cause della difficoltà di combattere l’evasione fiscale sia l’assoluta sproporzione tra il reato e le pene inflitte quando esso viene scoperto, contestato e giudicato nei tribunali. Questa sproporzione rende così conveniente evadere il fisco a fronte di pene irrisorie che a nessuno viene la voglia di smettere di farlo!
Tanto per fare un esempio pratico, in America, dove la questione è trattata con serietà, chiunque evada le tasse per una somma superiore ai 50.000 dollari, viene arrestato e poi, dal carcere, si darà da fare per difendersi in giudizio. In Italia mai nessuno è finito in carcere per evasione fiscale e difatti, qui da noi, tale reato è molto più diffuso che in America!
Lo Stato, attraverso i vari governi che si sono succeduti negli anni, ha dimostrato di non volere combattere seriamente questa piaga sociale e morale perché ha prodotto solamente tante chiacchiere e nessun provvedimento serio ed efficace! Lo dimostra il fatto incontestabile che l’evasione fiscale non solo non è diminuita, ma è aumentata. Lo dimostra il fatto che l’evasione fiscale italiana è una delle più alte di tutto l’occidente!
Uno dei settori di maggiore evasione fiscale è senza alcun dubbio quello delle prestazioni in nero da parte di artigiani e professionisti.
Eppure, a parte l’inasprimento delle pene per rendere meno conveniente l’evasione fiscale, si sarebbe potuto agire anche su un controllo automatico dei cittadini facendo si che diventasse loro interesse pretendere la fattura ogni qualvolta debbano pagare un onorario ad un professionista o saldare le prestazioni di un artigiano.
Faccio un esempio: quando si deve pagare una prestazione di 100 euro, l’artigiano o il professionista ci propongono di evitare di pagare l’IVA di 20 euro pagando in nero 100 euro. In questo caso noi risparmiamo 20 euro, l’artigiano o il professionista non paga allo Stato circa 45 euro di tasse e lo stato ci rimette 65 euro. Se lo Stato ci permettesse di scalare 25 euro dalle nostre tasse per la spesa documentata, noi avremmo la convenienza a pretendere la fattura dall’artigiano o dal professionista e lo Stato guadagnerebbe comunque 40 euro che invece ora perde totalmente!
Come si vede non è una cosa poi così difficile da applicare e se non lo si è mai fatto sinora, noi crediamo che sia per il motivo che i partiti, che a parole fanno gli interessi del Paese, non vogliano alienarsi una consistente fetta di elettorato (4 milioni e mezzo di piccole imprese) costringendolo a pagare le tasse!
Come diceva l’ineffabile Andreotti: ‘A pensare male si fa peccato, ma ci si azzecca quasi sempre’.
Alla fine, come sempre giungiamo a dover constatare che ‘il vizio sta nel manico’ e che cioè è la nostra classe politica, disonesta, corrotta, imbelle, incapace la vera causa dei problemi che affliggono il Paese e della situazione precaria in cui ci troviamo!
Alessandro Mezzano
(Cremona)
Ora che Pallino sta bene
I soldi della taglia per una causa ‘umana’
Egregio direttore,
adesso che per fortuna abbiamo scoperto che il povero cagnolino di Castelverde ha fatto tutto da solo mi piacerebbe chiedere a quei signori di Aidaa (Associazione italiana difesa animali e ambiente) se quei 30.000 euro di taglia, generosamente messi a disposizione per una giusta causa, adesso li potrebbero destinare per una giusta causa, magari legate alle persone. Il mondo è pieno di uomini, persone, con problemi molto più grossi e a volte non sanno come curarsi.
Gianfranco Galli
(Cremona)
La figura di Don Milani
Le sue teorie erano molto contraddittorie
Egregio direttore,
su Spazio Aperto del 15 marzo Claudio Maffei, basandosi su opere di saggistica, inchieste giornalistiche e su rievocazioni relative a don Milani, completa quanto scrisse il 6 marzo, facendone l’agiografia, e dandomi così l’opportunità di aggiungere, a questo proposito, qualche altra mia ponderazione. Maffei ci presenta una persona diversa da quella che si può scoprire leggendo attentamente gli scritti di don Milani. Ad esempio, una personalità d’insegnante d’altro tipo è quella che il prof Stefano Albertini richiama (sullo stesso Spazio aperto del 15 marzo) riferendosi alla professoressa Piera Salomoni formatasi, come studentessa, tra gli anni trenta e quaranta e sviluppando, poi, il suo metodo d’insegnamento come descrittoci dal suo sunnominato allievo.
Negli ultimi anni del secolo scorso, i dibattiti su don Milani, anche a seguito del pellegrinaggio dell’allora vice presidente del Consiglio Veltroni alla sua tomba, si basavano, soprattutto, sulle ragioni o meno, di continuare a celebrare le teorie del priore di Barbiana, in pratica così devastanti. Si rilevarono le contraddizioni e le condizioni delle sue teorie, che implicavano e che erano non soltanto di stampo politico o ancora ideologico; ma storico e, in termini generali, culturali. Nel 1998 sull’Unità Norberto Bobbio sottolineava che il messaggio di don Milani era totalmente inattuale e che era sempre stato un messaggio radicale ed estremista. Suggeriva di considerarlo dal punto di vista simbolico. Essendo però a quel punto di vista quello di «valore», come si poteva, ritenendolo un messaggio «estremistico» recuperarlo addirittura sotto forma di valore? Per queste ragioni si arrivò a sostenere che la scuola del permissivismo e della disobbedienza della fine degli anni sessanta trova, nella testimonianza di don Milani, una matrice fortemente pericolosa, sia per la scuola come istituzione in sè, sia come fattore pedagogico e culturale i cui risultati si sono presto fatti sentire.
Claudio Fedeli
(Cremona)
I costi della sua sicurezza
Salvini contestato non solo dalla sinistra
Egregio direttore
le mie considerazioni sulla sinistra sono note ma a dire, come ha scritto qualcuno sul suo giornale, che tutto quello che succede dove va Salvini è tutto di sinistra non mi convince. Lui usa espressioni forti contro il governo, contro etnie e formazioni di dubbia collocazione, che trovi contestatori variegati è facile immaginarlo, inneggia a un capo straniero che in sede internazionale è considerato uno che non rispetta i trattati, tutto questo genera dubbi. I contestatori attaccano gli uomini in divisa «colpevoli» difensori del governo dello Stato, danneggiano negozi e automezzi con l’evidente scopo di ampliare l’area della rivolta. Prima di andare a Napoli Salvini disse che era richiesto da una platea di duemila persone, che sia un numero sufficiente per il rischio?
Non sarebbe il caso, visto ciò che succede dove va, che fossero i simpatizzanti a decidere come e dove organizzare la festa assumendone onori e oneri?
Così facendo sarebbe più facile capire se il bersaglio dei contestatori è Salvini o chi altro?
Angelo Rosa
(Viadana)
Minzolini ‘salvato’ dalla casta
Ma quale ‘primato’ della politica...
Egregio direttore,
ho atteso giorni per far decantare il mio sconcerto per la vicenda di Minzolini. Alla fine della votazione ho assistito ad una bolgia di pacche sulle spalle per la gioia e lo scampato pericolo della decadenza (...).
Si è parlato di primato della politica rispetto alla magistratura. Non sanno neanche formulare uno straccio di difesa accettabile.
Quale primato, mica la legge sulla decadenza l’hanno promulgata i giudici? E’ una legge dello Stato votata dagli stessi balordi che oggi l’hanno sconfessata. La prego di passarmi i termini. Questi non si rendono conto che il popolo è al limite della sopportazione. L’autorizzazione alla decadenza era nelle cose, perchè questa necessità ogni volta di un passaggio nelle aule?
La legge c’è e non vedo la necessità di passaggi pretestuosi per tutelarsi a vicenda. Quale fumus. Francamente bisognerebbe pensare ad usare i lanciafiamme. Io ho anche pensato di fumarmene una decina a casaccio (...).
Non offendo alcun onore, parola della quale questi disonorevoli non conoscono il termine. La corda sta per spezzarsi.
Domenico De Lorenzo
(Cremona)
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