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CALCIO: IL PERSONAGGIO E L'EVENTO

Figurine e aneddoti. Questa volta il libro è su Antonio Cabrini

Nuovo lavoro del medico cremonese Bonetti dopo quello dedicato a Vialli. Dal Qatar i complimenti di Beccalossi e Altobelli; e in serata da Matthaus. Da dicembre in vendita con il giornale

Livio Pedrini

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lpedrini@laprovinciacr.it

25 Novembre 2022 - 09:43

CREMONA - Chel che sburla anca quand finìs el camp. Tradotto per chi mastica poco il dialetto cremonese significa «Quello che spinge anche quando finisce il campo». Antonio Cabrini, era proprio così. Chi ha vissuto gli anni d’oro da calciatore del terzino «made in Cremona» non può che sposare in pieno l’aforisma coniato e utilizzato da Matteo Bonetti come sottotitolo della sua nuova creatura editoriale dedicata a una leggenda del calcio cremonese. Dopo il successo riscosso con il libro su Gianluca Vialli, ecco che a inizio dicembre in abbinata a La Provincia tutti i lettori potranno acquistare il volume realizzato dal medico-scrittore-dirigente sportivo cremonese intitolato «Antonio Cabrini, Cabro il sovrano della fascia sinistra». Il dottor Matteo Bonetti ieri mattina ha portato la copia numero uno del libro al giornale in una sorta di primo lancio ufficiale in attesa che la casa editrice Edizioni PO lo sforni — manca davvero poco — per tutti gli appassionati di sport e di «cremonesità».

Per la nuova realizzazione Bonetti si è affidato ancora alla collaborazione di Mauro Dognini, di suo figlio Riccardo e di Fondazione B&B. «Sulla copertina — ha raccontato un Bonetti emozionato nel descrivere il libro — ci sono le tre immagini stilizzate del bell’Antonio con le maglie delle squadre più legate al suo cuore: la Juventus, la Nazionale e naturalmente la Cremonese. Con grande onore e piacere ho realizzato questo nuovo testo per incensare Cabrini, che stimo da sempre. Anche per lui, come è stato fatto per Vialli, abbiamo raccolto tutte figurine con la sua immagine, alcune davvero introvabili, e poi cartoline, poster e cimeli per raccontare il giocatore, ma anche l’uomo. Nel libro si leggeranno anche tanti aneddoti e tante storie per fare riscoprire ai cremonesi e a tutti i suoi sostenitori i lati nascosti e simpatici di Antonio. Siamo andati a scovare perfino un album a Singapore, dove tra le figurine più importanti c’era proprio la sua. Io sono legatissimo a Cremona e alla Cremonese, per questo mi diletto a rendere omaggio ai campioni che hanno vestito il grigiorossi e che, come me, sono attaccatissimi alla nostra terra e ai nostri colori».

Il primo lancio del libro è avvenuto nell’ufficio del direttore de La Provincia, Marco Bencivenga, ospiti d’eccezione il giornalista cremonese Ciro Corradini e l’avvocato Tiberio Cavalleri. Il primo, autore della post fazione del libro, è un noto conduttore e opinionista televisivo, che per quasi tre decenni — tra il Settanta e il Novanta — ha raccontato le gesta sul rettangolo verde di Cabrini: «Un grande campione dentro e fuori dal campo — ha ricordato —. Tecnicamente e atleticamente molto dotato, Antonio era uno spettacolo per gli occhi quando spingeva sulla fascia sinistra». Il secondo, Tiberio — figlio d’arte — è stato tra i più importanti procuratori del mondo del calcio, agente dei fratelli Inzaghi, di Borriello, Gattuso e tanti altri. A legarlo ad Antonio è stato il papà Renato, che nell’estate del 1975 portò il «nostro» all’Atalanta. Dirigente della Dea, alla fine del campionato 1974/75 non volle farsi scappare il nuovo astro nascente del calcio mondiale. «E mio papà non sbagliò — ha incalzato orgoglioso Tiberio —: il Cabrini cresciuto nel settore giovanile grigiorosso passò in nerazzurro e vi restò solo una stagione, perché poi la Juventus lo volle immediatamente: non poteva farselo soffiare. Il terzino cremonese aveva troppo talento e grande tenacia e a mio papà... bastò poco per capirlo».

Così Cabrini, con i colori bianconeri, raggiunse i vertici. Fino a toccare l’apice della carriera nel trionfo della Nazionale italiana a Espana ’82; l’immagine di Antonio che alza al cielo la Coppa del Mondo vinta a Madrid nel 1982, in un Mondiale dove fu tra i protagonisti, è una foto-simbolo. Ma per Cabrini — che per impegni personali non è riuscito a essere presente di persona e si è collegato via Zoom — le sorprese della mattinata a lui dedicata sono arrivate addirittura dal Qatar. Tra problemi di fuso orario e difficoltà di collegamento, sul monitor è apparso il grande Evaristo Beccalossi sfoggiando un raggiante sorriso. «Scusate se non riesco a essere lì — ha scherzato l’ex numero 10 simbolo di Inter e Sampdoria negli anni Ottanta —, ma mi tocca essere qui a Doha e non potete immaginare com’è dura stare qui. Battute a parte, ho accettato con piacere di promuovere il libro dedicato a Cabrini tra una partita da vedere e una conferenza da ascoltare... senza rinunciare però alle tavole imbandite. Con Antonio sono molto amico e sono contento che esca questa pubblicazione che gli rende omaggio. Sui campi ci siamo scontrati poco, ma fuori dal campo con gli anni il legame di amicizia tra noi è cresciuto».

Sempre dal Qatar, ma collegato via telefono, un altro bomber, il mitico Alessandro Altobelli, ha impreziosito l’appuntamento fra complimenti e aneddoti: «Antonio è stato un grande calciatore — ha sottolineato —. Uno dei migliori calciatori della Serie A, un simbolo dell’Italia che ha vinto il Mondiale nel 1982. Vi posso raccontare qualcosa legato al suo rigore sbagliato nella finalissima contro la Germania: segreti dello spogliatoio... Senza Antognoni in campo, era toccato a lui andare sul dischetto. Ipnotizzato dalle finte di Schumacher, il suo tiro non era stato dei migliori e, come tutti sappiamo, la palla finì fuori. Quello che quasi nessuno sa, è che a fine primo tempo negli spogliatoi ho cercato di rincuorarlo, perché aveva le lacrime agli occhi. Non si dava pace dell’errore, da un momento o l’altro sembrava potesse scoppiare a piangere. Tra una pacca sulla spalla e un pensiero di incoraggiamento mio e degli altri della squadra, nella ripresa tornò in campo con grande carica ed è anche grazie alla sua spinta e ai suoi cross che conquistammo la Coppa. Certo, Antonio sarà sempre in debito con me, Rossi e Tardelli, perché grazie ai nostri tre gol, il suo errore dagli undici metri non ha segnato irreparabilmente quella finale... viceversa, per lui, sarebbero stati guai. Battute a parte, la verità è che Antonio in quella sfida fu uno dei migliori e le sue discese i giocatori tedeschi le sognano ancora nei loro peggiori incubi». Ecco l’altro filo rosso che lega Altobelli e Cabrini: come per Antonio, fu Renato Cavalleri il primo credere in «Spillo», tanto da portarlo dai campetti di paese dapprima al Brescia e poi ai grandi palcoscenici del calcio professionistico.

E incalzato dal «fuoco amico» di Bencivenga, Corradini e Tiberio Cavalleri, alla fine ha preso la scena Antonio Cabrini: «Non sono un maniaco collezionista, come lo possono essere altri ex giocatori o attuali calciatori — ha spiegato il terzino cremonese più famoso al mondo — ma qualche cimelio lo tengo, tipo alcune maglie importanti della mia carriera. Il primo articolo che parla di me su La Provincia? No — ha sorriso — quello proprio non me lo sono ritagliato... Agli inizi pensavo solo a giocare e mai avrei immaginato di poter fare la carriera che ho fatto. Di certo, terrò con affetto il libro che Matteo sta realizzando. E gliene sono grato. Con piacere saluto Ciro e Tiberio. Di Cavalleri non posso ricordare la scelta di suo padre, che diede il via alla triangolazione consolidata di quegli anni con i passaggi dei giocatori dalla Cremonese all’Atalanta, fino ad arrivare alla Juventus».

Cremona e Cremonese sempre nel cuore? La risposta di Carbini è un «sì» senza esitazioni. «Sono legatissimo a Cremona, alla sua terra e alla Cremonese — ha rivendicato il bell’Antonio —. Dal settore giovanile grigiorosso dei miei tempi in tanti abbiamo fatto il grande salto, da Prandelli ad Azzali, solo per fare i primi due nomi che mi vengono in mente. Tornare oggi alla Cremonese mi farebbe piacere, non come allenatore, però, perché con quell’esperienza ho chiuso. Semmai come ambasciatore o come dirigente, anche se ho grande stima e rispetto per i dirigenti attuali». Per ora Cabrini ha rappresentato Cremona alla Festa del Torrone, che si è appena conclusa, da... mastro torronaio: «Quando la mia Cremona chiama io rispondo ben volentieri, anche perché abbiamo eccellenze specifiche da valorizzare nel mondo. E poi anche tanti personaggi del calibro di Mina, Tognazzi, Vialli. Dobbiamo davvero andare fieri della nostra Cremona».

E la sua terra, in che modo ha contribuito alla sua fiorente carriera calcistica?, gli è stato chiesto. «Chi è cremonese si forgia con elementi preziosi di una terra contadina ricca di tradizioni e di valori importanti. I miei genitori avevano un’azienda agricola e la vita in cascina è stata fondamentale per la mia crescita. In più, con tutti i campi che avevo intorno, da bambino con i miei amici giocavano a calcio dalla mattina alla sera. Ho iniziato all’oratorio e nel campionato Csi col San Giorgio Casalbuttano. La cascina della mia famiglia è più vicina a Casalbuttano, ma ricordo che era sotto Casalverde... I miei compaesani ci tengono, che lo ricordi».

C’è già un posto nella sua libreria dove mettere «Antonio Cabrini, Cabro il sovrano della fascia sinistra»? «Certo, e non vedo l’ora di poterlo sfogliare — ha concluso Cabrini —. Matteo mi ha già fatto vedere le bozze: sono rimasto meravigliato nel ritrovare foto inedite anche per me e di leggere pagine di piene di mille curiosità. Grazie ancora e a presto». Il vulcanico Bonetti una ne pensa e cento ne fa: con il suo estro, è già in moto a pubblicare poster giganti con le raccolte di foto e figurine di tanti altri storici giocatori del passato grigiorosso: non sono diventati campioni come Vialli e Cabrini, ma hanno segnato la storia della Cremonese. Così, prima dei saluti, il medico e scrittore ha regalato al direttore Bencivenga i suoi lavori dedicati a Mario Montorfano e Felice Garzilli. E in serata è arrivata una sorpresa per Bonetti e Cabrini: dal Qatar Beccalossi e Altobelli hanno mandato una loro foto-cartolina insieme a un altro mito nerazzurro: Lothar Matthäus, che ha fatto i complimenti al duo cremonese.

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