L'ANALISI
FOTO D'EPOCA
14 Agosto 2023 - 08:43
CREMONA - Il presente e il futuro sono da costruire, il passato è glorioso. Rinasce e volta pagina l’Accademia d’armi di Cremona, con nuova intitolazione a Gino Belloni, primo atleta cremonese a partecipare alle Olimpiadi, a Stoccolma nel 1912, e ai fratelli Alfredo e Antonio Di Dio Emma, partigiani cristiani, militari caduti durante la guerra di Liberazione e schermidori di buon livello agonistico.
La sede è sempre nel piazzale della Croce rossa, nella palestra che dagli anni Novanta a oggi ha visto allenarsi centinaia di cremonesi. Periodo di vacanza, aria di grandi pulizie: pedane, specchi, maschere a terra in attesa degli atleti. E intorno scatoloni pieni di carte, locandine, registri, manifesti testimonianza non solo di una pagina di storia dello sport cremonese, ma della città tutta.
Appoggiati alla parete i ritratti dei fratelli Di Dio - quando li hanno ammazzati, in due non arrivavano a cinquant’anni - con le cornici scheggiate e un vetro mancante.
«Stiamo recuperando tutto», rassicura Angelo Garioni, neo presidente dell’Accademia e cultore di memoria e memorie locali. Con lui fanno parte del consiglio direttivo anche Liqin Wei, atleta master sino-italiana in partenza, a ottobre, per i mondiali negli Stati Uniti, Mikailla Superti, presidente dell’associazione Cremona Rinascimento, e Filippo Renga, docente del Politecnico. Il materiale storico verrà consegnato all’Archivio di Stato entro la fine d’agosto. «Parte della storia di Cremona è passata dall’Accademia - sottolinea Garioni -, è giusto che i documenti vengano conservati nel luogo più idoneo, dove peraltro saranno accessibili a tutti».
L’Accademia cremonese nasce nel 1900, all’alba del secolo nuovo. La fonda un gruppo di ufficiali, probabilmente gli stessi che si fanno fotografare insieme nel 1903: giubbetto bianco d’ordinanza, baffi a manubrio, sguardo fiero e volti risorgimentali, votati a uno sport che all’epoca era aristocratico, ma che pure godeva di grande popolarità grazie ai romanzi di cappa e spada che facevano sognare i ragazzini. E infatti l’Accademia prende subito piede, per lo meno nella Cremona borghese. Nei suoi primi anni di vita la palestra è in via dei Tribunali, poi si trasferisce in vicolo Pertusio. Negli anni Trenta, la sede è a palazzo Ala Ponzone, dove oggi ci sono gli uffici dell’Anagrafe.
«Non ci bada quasi nessuno - osserva Garioni -, ma sulla vetrata all’ingresso c’è ancora il simbolo dell’Accademia. È in questo periodo, nei suoi mesi cremonesi, che la frequenta anche Pier Paolo Pasolini». Il padre Carlo Alberto è ufficiale di fanteria, che il figlio tiri di scherma è quasi un obbligo. Pier Paolo è un ragazzino riservato e timido che fino a quel momento ha cambiato di continuo casa, scuola, compagni di gioco. A Cremona, seppure solo per poco più di un anno, mette radici. Non è un colosso, ma la scherma è anche astuzia, intelligenza, studio dell’avversario, lealtà e fantasia e Pier Paolo queste doti le ha tutte. Ama la gara, la sfida. E come tutti i ragazzini del suo tempo si immedesima nelle avventure dei Tre moschettieri, nell’amore infelice di Cyrano, eccelso spadaccino, nei duelli all’arma bianca di Sandokan e del Corsaro nero.
«Lo sport è veramente la mia più pura, continua, spontanea consolazione», scriverà anni dopo. A Cremona il suo insegnante di scherma è Riccardo Sanipoli, uno dei maestri più bravi d’Italia. La partecipazione di Belloni alle Olimpiadi di Stoccolma e le sue numerose vittorie a livello internazionale hanno galvanizzato l’ambiente.
L’Accademia è giovane, ma è già entrata nel gotha nazionale e non solo. A Cremona per molti anni si organizzano gare, tornei, i criterium per selezionare gli atleti azzurri. Gli anni Cinquanta-Sessanta rappresentano il periodo d’oro. Gli schermidori sono a palazzo Trecchi, poi andranno a palazzo Schinchinelli Martini, nella vicina via Cadolini.
Ci si allena e si gareggia, ma ai piani nobili dei due palazzi si divide lo spazio con il circolo del bridge, si susseguono serate danzanti e feste di carnevale, ricevimenti nuziali e annunci di fidanzamento. È solo l’altro ieri, ma è davvero un’altra epoca. Da quelle sale affrescate passano i grandi, grandissimi campioni della scherma.
I tornei vedono gareggiare gli olimpionici francesi e americani, una locandina degli anni Settanta riporta il nome in una stessa gara di tre Montano, leggendaria dinastia di campioni. Un altro nome mitico è quello di Dario Mangiarotti, che a Cremona - si torna indietro, era il 1929 - vinse il suo primo torneo importante.
Anima dell’Accademia è stato a lungo Giovanni Moruzzi, direttore tecnico della Nazionale negli anni Cinquanta, capitano non tiratore della pattuglia femminile a Helsinki, nel 1952. È qui che Irene Camber, triestina - e Trieste sarebbe diventata totalmente italiana solo nel 1954 - vince la prima medaglia d’oro nel fioretto femminile, aprendo la strada a una lunghissima teoria di campionesse. Una storia infinita, una storia da recuperare.
«Quando si entra all’accademia di Livorno - spiega Piero Moruzzi, nipote di Giovanni - si respira la storia, un ragazzino non può non esserne affascinato».
L’idea di Garioni e del direttivo è appunto quella, l’aspetto sportivo non può prescindere dalla conoscenza del passato. Aggiungere il nome di Gino Belloni a quello dei fratelli Di Dio è una scelta che va in questa direzione e che risponde al desiderio di far conoscere e valorizzare la propria storia, i propri campioni.
Sul muro della palestra sono stati appesi i vecchi stemmi, e poi sciabole, fioretti e spade. La voglia di ripartire c’è, centoventitre anni di storia sono il miglior viatico per guardare avanti.
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