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DIOCESI DI CREMONA

Il Giubileo finisce nel segno della speranza

Tanti fedeli e decine di corali in duomo per la conclusione dell’Anno Santo con il vescovo Napolioni

Gianpiero Goffi

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redazione@cremonaonline.it

28 Dicembre 2025 - 20:15

CREMONA - Dall’Adeste fideles al Magnificat, all’inno del Giubileo (‘Pellegrini di speranza’). Sotto la direzione di don Graziano Ghisolfi, i cori di tutta la Diocesi, ai quali si è unita l’assemblea dei fedeli, hanno riempito del loro canto la cattedrale, oggi pomeriggio, per la solenne conclusione dell’Anno Santo. Accanto al vescovo Antonio Napolioni, che ha presieduto la celebrazione, l’emerito Dante Lafranconi e due presuli cremonesi ritornati a vivere in Diocesi: l’arcivescovo Eliseo Ariotti, già nunzio apostolico in Paraguay, e il vescovo emerito di Sao Luis de Montes Belos (Brasile) Carmelo Scampa. Con loro una folta rappresentanza del clero, dei diaconi, delle famiglie religiose.

Alzati’ è stato l’invito che il vescovo ha rivolto a ciascun cristiano nell’omelia, riprendendolo da quello dell’angelo a San Giuseppe, nel Vangelo della domenica della Santa Famiglia di Nazareth. Il Vangelo della fuga in Egitto, con Gesù Bambino bisognoso lui stesso di essere salvato, il contesto della strage degli innocenti ci dicono come «vecchi e nuovi scenari di violenza e di orrore insidiano bambini, madri, famiglie». Anche oggi ci sono «famiglie in fuga, fuga dalla famiglia e nella famiglia», come quando non ci si parla più o si lasciano gli ammalati nella solitudine. Durante l’anno giubilare – ha ricordato monsignor Napolioni – molti si sono fatti pellegrini a Roma, nei santuari, nei luoghi di sofferenza. Non solo come «pellegrini di speranza», ma perché «rimessi nella speranza che è Gesù».

Non si tratta ora «di fare bilanci», ma di riconoscere come la salvezza e la misericordia di Dio abbiano lavorato nelle nostre esperienze e relazioni: con il Signore, tra di noi, nel mondo che ha tanto bisogno di misericordia e perdono. Occorre adesso «spartire l’indulgenza ricevuta»; dunque «meno rabbia, meno durezza, più gentilezza, più disponibilità» nei nostri rapporti quotidiani.

Riprendendo l’invito di un anno fa, all’apertura del Giubileo - ‘Canta e cammina’ - e rivolgendosi in particolare ai cantori, il vescovo ha espresso gioia perché in ogni pur piccola comunità della Chiesa cremonese vi è chi cura il canto e accompagna la liturgia. Riunendosi oggi in Duomo le corali hanno manifestato la Chiesa come «coro di cori, Chiesa di Chiese, popolo di popoli, in un’unità che non cancella l’originalità, in una sinodalità come sinfonia» che sa tenere insieme «i fedelissimi e gli ultimi arrivati».

La «fiamma viva» dell’inno giubilare «non andrà ora nel cassetto», ma rimane un «motivo di vita» da cantare tanto, sempre, in tanti, dandosi da fare. «Si riparte subito», ha detto il presule anche in riferimento al pellegrinaggio che lo porterà da domani, con diversi giovani, a Taizé. E ha rilanciato una proposta già accennata lo scorso anno: quella di chiudere un giorno alla settimana parrocchie e oratori per andare a bussare alle porte delle case.

Non è mancato un cenno alla scomparsa, nel corso di quest’anno, di papa Francesco «che è entrato nel Regno di Dio e che pensiamo con affetto e gratitudine», e all’elezione del nuovo papa Leone XIV e ai suoi «martedì a Castel Gandolfo» che testimoniano la consapevolezza di quanto sia necessario coltivare, nell’ordinarietà, un tempo di ascolto, di preghiera, di riposo nel Signore, anche di esercizi spirituali.

Per chi poi già guardi ad eventi straordinari, ha ricordato che nel 2032 la diocesi celebrerà il sesto centenario dell’apparizione della Madonna a Caravaggio e che nel 2033 ci sarà per tutta la Chiesa un nuovo Anno Santo straordinario, nei duemila anni della Redenzione. Al termine della liturgia il vescovo ha portato il Crocifisso giubilare, quello davanti al quale morì il patrono Sant’Omobono, al portale principale della cattedrale, spalancato sulla piazza, per una benedizione alla città.

FOTO: FOTOLIVE/LEONARDO CALVI

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