L'ANALISI
23 Ottobre 2025 - 08:21
CREMONA - Determinato, serio, concentrato. Sasha Grant (23 anni), ala della Vanoli Cremona, è uno di quei giocatori che non si risparmiano mai, in campo e fuori. Lo vedi arrivare al palazzetto con passo deciso, il sorriso appena accennato e lo sguardo di chi sa che ogni giorno è un’occasione per migliorare. Un professionista vero, che fa della cura del dettaglio e dell’etica del lavoro la propria bussola. Non è un caso che il suo sportivo preferito sia Cristiano Ronaldo: «Per la sua etica del lavoro».
Lunedì sera, al PalaDozza, Grant e i suoi compagni hanno compiuto un’autentica impresa battendo la Virtus Bologna campione d’Italia, in una di quelle partite che resteranno nella storia della Vanoli. Mercoledì, ancora con l’adrenalina addosso, il giocatore è venuto in visita alla redazione de La Provincia dove ha incontrato il direttore Paolo Gualandris e i giornalisti per poi mettersi a disposizione per una lunga intervista, disponibile anche sul canale YouTube de La Provincia, con qualche chicca in più.
Quella di Bologna è stata un’impresa. Onestamente ci credevate?
«Da quando siamo saliti sul pullman c’era una bellissima sensazione. Tutti eravamo concentrati e avevamo voglia di fare qualcosa di incredibile. Volevamo vincere, come ogni gara, ma contro una grande serviva una partita quasi perfetta. E così è stato».
La sua prima volta al PalaDozza?
«C’ero stato solo da ragazzo, per un torneo delle regioni. Ma l’altra sera era tutta un’altra storia: il pubblico, il calore, la passione. Tutta quella gente ti carica e ti spinge oltre la fatica».
In che modo?
«Ti arriva un’energia che ti fa andare oltre. Vuoi dimostrare che non sei lì come vittima sacrificale. E vincere in quell’ambiente è stato bellissimo».
Quando avete capito che si poteva fare?
«Già nel primo quarto, che è stato punto a punto. Poi abbiamo messo insieme un parziale importante, siamo riusciti a imporre il nostro gioco per 40 minuti e non è semplice contro una squadra di campioni. Siamo rimasti lucidi anche nei momenti di difficoltà».
A Cremona come va?
«Bene, davvero. Cremona mi mette gioia: ogni mattina mi sveglio felice di andare ad allenarmi. L’ambiente è sereno, lo staff è fantastico e non ci manca nulla».
Sta vivendo un ottimo momento personale.
«Quando mi è stata prospettata la possibilità di venire qui, ho parlato con coach Brotto che mi ha convinto in fretta. Sento fiducia attorno a me, ho minuti e spazio per esprimermi. So di avere ancora ampi margini di miglioramento».
La sua è una storia da ‘emigrante’ del basket.
«Sono nato in Sardegna, poi mi sono spostato tra Svizzera e Londra. A 14 anni sono andato a Reggio Emilia, poi al Bayern Monaco. Dopo l’esperienza tedesca sono passato a Verona in A2, dove ho vinto il campionato con Casarin. Poi di nuovo Germania, Reggio e ora Cremona».
Dura stare lontano da casa da ragazzino?
«Un po’, ma ho sempre seguito la mia passione. La Germania è stata dura per la lingua e per la scuola, ma mi ha formato. Ogni esperienza mi ha insegnato qualcosa».
È arrivato con i capelli lunghi e ora si è rasato. Cosa è successo?
«Nessuna scommessa, solo voglia di cambiare. Un nuovo look. Tutto qui».
Cosa fa fuori dal parquet?
«Sono piuttosto monotono: guardo basket, studio gli avversari. Ma mi piace anche cucinare e suonare la batteria».
In squadra c’è qualche altro musicista? Potrebbe nascere una band...
«Simone De Gregori suona il sassofono... un abbinamento curioso, ma chissà».
Il suo cestista preferito?
«LeBron James, per la sua longevità e mentalità. Mi piacciono anche Dennis Rodman, Carmelo Anthony e Dejan Bodiroga».
E fuori dal basket?
«Cristiano Ronaldo, senza dubbio. Mi ispiro alla sua serietà e al suo modo di lavorare. Alla sua etica. È un esempio di professionalità».
Con coach Brotto sembra esserci un ottimo rapporto.
«Sì, è raro trovare un allenatore così disponibile. A volte resto in palestra dopo l’allenamento per lavorare su dettagli individuali e lui resta con me, insieme ad altri compagni. È un tecnico che si dedica totalmente ai giocatori».
I suoi punti deboli?
«Sono quelli su cui sto lavorando: mantenere il focus anche sotto pressione, gestire i pensieri negativi e avere più consapevolezza».
E quelli forti?
«Di sapere fare un po’ tutto. Mi piace difendere, posso marcare quasi ogni ruolo, aiutare a rimbalzo e fare le piccole cose che non entrano nelle statistiche. In attacco voglio migliorare ancora, soprattutto nel tiro da tre».
Ha giocato in tante squadre. Con chi ha legato di più?
«Lo sport è bello anche per questo: ti fa conoscere tante persone. A Cremona ho ritrovato Casarin, con cui ho condiviso le nazionali giovanili e un anno a Verona».
Rammarichi?
«Nessuno. Cerco sempre di dare il massimo, e se esco dal campo sapendo di averlo fatto, va bene così».
Il sogno?
«Migliorare sempre. E magari un giorno arrivare a giocare in Eurolega o in Nba. I sogni servono per darti la direzione».
Ora però c’è Treviso, dopo l’impresa di Bologna.
«La vittoria del PalaDozza ci ha dato fiducia, ma anche la consapevolezza che possiamo crescere ancora. Non vogliamo accontentarci. Davanti ai nostri tifosi dobbiamo fare un altro passo avanti, con la stessa fame e la stessa energia».
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