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Carlo Lucarelli: «Bell'abissina», serial killer al tempo del Duce

Il giallista fa rivivere Marino, il commissario delle indagini non autorizzate. Antifascista, si muove in un’Italia alle prese con corruzione e razzismo

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

11 Gennaio 2023 - 05:25

CREMONA - «Tu scrivi una storia, ci metti dentro un serial killer e funziona sempre. È una storia binaria, cioè c’è uno che corre e un altro che lo insegue, non devi neanche complicare troppo la trama, bastano qualche colpo di scena e le efferatezze di quello che succede. Scrivi un romanzo così sei a posto. Però non deve essere solo tutto questo. Il serial killer è una specie di narrazione del disagio contemporaneo, un tizio che sta male perché c’è qualcosa che non funziona e che fa in modo che nella sua testa scattino quei meccanismi lì. È, appunto, il mostro, tra virgolette, che abita nella metà oscura del periodo storico della società in cui viviamo noi stessi. E allora ecco che non è più solo un effetto speciale, ma la chiave per entrare all’interno di un disagio contemporaneo anche se il romanzo è ambientato in un’altra epoca. Solo così diventa anche una storia importante». E con un serial killer è di nuovo alle prese Carlo Lucarelli, in libreria con «Bell’Abissina un’indagine del commissario Marino», l’uomo delle indagini non autorizzate. Ne parla con Paolo Gualandris nella videointervista per «Tre minuti un libro» online da oggi sul sito www.laprovinciacr.it

Siamo nel 1940, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia fascista, ma come sempre quando si tratta di Lucarelli, lo sguardo potrebbe posarsi sull’oggi: studia e racconta il passato per illuminare le contraddizioni moderne. «A me interessava fare un po’ di cose. Incontrare di nuovo il commissario Marino, cosa che non accadeva da tanto tempo, perché mi incuriosiva sapere che fine avesse fatto e quali fossero ancora le sue contraddizioni. E poi mi interessava raccontare quel periodo storico, il 1940, con la guerra alle porte, una catastrofe incombente con la gente che non se ne rende conto e chi invece capisce e ne ha paura. E poi ho voluto raccontare tante altre cose, le radici di tanti problemi che ancora oggi abbiamo sono in quel periodo lì, quello del regime fascista».

Ed ecco la storia in sintesi. Nella Presidenziale, la sezione della Polizia che si occupa della sicurezza di Benito Mussolini, c'è un gruppo molto particolare chiamato Squadra Fognature, comandato a perlustrare il sottosuolo di strade e piazze su cui passerà il Duce, a caccia di eventuali bombe. Ed è durante una di queste perlustrazioni che agli inizi degli anni ’30 che viene o trovato lo scheletro di una donna, sgozzata e scarnificata. Dieci anni più tardi, a Cattolica, il commissario Marino, segretamente e attivamente antifascista col nome di battaglia Locàrd, riceve le confidenze di uno degli ex agenti della Fognature: forse la morte della ragazza, e di tante altre, ha a che fare con la famiglia di Francone Brandimarzio, ricco imprenditore che ha fatto fortuna nelle Colonie, ora ritirato a Cattolica, insieme al figlio Attilio e a una giovane e affascinante ragazza eritrea. Una famiglia all’apparenza irreprensibile, e soprattutto intoccabile, dal momento che foraggia gerarchi corrotti e ladri di regime, occultando e distribuendo fiumi di denaro sporco. Il commissario Marino si rende conto che, oltre a smascherare un assassino seriale, questa indagine può mettere in grave difficoltà il regime, ma il filo su cui si muove è davvero sottile, e il rischio di cadere dietro l’angolo.

Il titolo richiama chiaramente l’inno fascista Faccetta nera, però in questo caso Abissina è con la A maiuscola, nel senso che è una protagonista del libro e porta il lettore in un mondo fatto di razzismo, di conformismo. E si scopre che gli italiani erano razzisti già prima delle leggi razziali del 1938. «Una delle altre cose che volevo raccontare era proprio questa: il nostro rapporto con il razzismo. Si pensi che nelle colonie c’erano una serie di leggi che colpivano i rapporti promiscui, i meticci soprattutto, per via della grande paura della contaminazione della razza. E io ho raccontato tutto questo attraverso una bella abissina, una ragazza che quando la guardano tutti pensano alla bella abissina perché è molto carina, sensuale e nera. E ogni volta sente fischiettare quel motivetto. Lei però è consapevole del fatto di non essere così, è una ragazza indipendente, bella, giovane, forte intelligente, brillante».

In questa indagine Marino si trova tra le mani una situazione potenzialmente molto pericolosa addirittura per il regime. «Ho voluto raccontare anche la corruzione della politica e dell’imprenditoria che ruba attraverso la politica. Nei regimi anche se di solito la gente pensa che sia il contrario, è molto più facile rubare che in altri momenti perché non c’è nessuno che ti controlla. La Polizia è al servizio del governo e una volta che sei d’accordo con chi sta al potere non hai nessun problema: non c’è la stampa che ti controlla e quindi allora si rubava tantissimo». Allora volevo raccontare una storia così che avesse a che fare con un enorme grandissima corruzione.

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