L'ANALISI
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01 Ottobre 2025 - 05:25
CREMONA - «La filiera della vita è sentimenti, pensieri, parole, azioni. I sentimenti ci procurano un pensiero da cui scaturisce la parola. Quando questa ultima facoltà non c’è, come nel caso di Ugo protagonista del mio romanzo, diventa grave la mancanza della la narrazione. Come si dice nel marketing, un fatto non raccontato non esiste. Ugo cerca di supplire a tutto ciò inventandosi quella che io chiamo la regola del silenzio, cioè la capacità di riuscire a far ascoltare i propri pensieri e ad ascoltare quelli degli altri, associa le persone a profumi. Il silenzio è il momento secondo me più figo della nostra vita, perché è quello in cui ci concentriamo su sentimenti e pensieri. Nonostante tutto, Ugo riesce a farsi capire, a cogliere le situazioni, a costruirsi una vita di relazione sia coi compagni di classe che con la propria famiglia». Ecco spiegato il senso del titolo del primo romanzo di Oscar Farinetti, imprenditore dalle molte vite e ora anche narratore di successo.
Già pochi giorno dopo l’uscita, ‘La regola del silenzio’ ha scalato le vette delle classifiche di vendita. Perché riesce, attraverso quello che a tutti gli effetti è un legal thriller, a parlare dei grandi temi della vita. A fare riflettere su concetti e sentimenti come amicizia, amore, coraggio, tenacia, sogno, famiglia, vergogna... Farinetti ne parla con Paolo Gualandris con la videointervista.
Ugo, che di cognome fa Giramondi, era un bambino come tutti gli altri fino al giorno della morte del suo adorato nonno Chiodo, stroncato da un infarto sotto i suoi occhi nel magazzino della grande ferramenta di famiglia. Da quel giorno perde la facoltà di parlare in modo fluente: la sua mente è viva, ma lui si esprime verbalmente con estrema parsimonia. Un silenzio enigmatico e un po’ beota che molti considereranno un handicap, ma gli consente di sviluppare un’acutezza dei sensi che sarà la sua arma segreta, quella di chi sa auscultare dettagli che gli altri trascurano.
Con grande resilienza Ugo, fin dagli anni del liceo, diventa punto di riferimento di un gruppo di amici affiatati e destinati a rimanere legati per sempre. Ma il ticchettio della vita è destinato a spezzarsi dolorosamente una seconda volta il giorno in cui viene trovato, privo di sensi, sulla scena di un crimine spaventoso, che lo priva di ciò che ha di più caro eppure che avrebbe ottime ragioni per aver commesso. Scandito in tre tempi – la giovinezza, il processo, il carcere – ‘La regola del silenzio’ si legge come un thriller ma è anche una grande storia sul coraggio e la tenacia necessari per dare vita a una grande impresa. Al centro della scena un protagonista straordinario che per dare vita a un tempo tutto nuovo. Ad accompagnare per tutta la vita Ugo, e il lettore, l’odore di ferro nelle narici.
«La prima volta che lo sente – spiega Farinetti – è quando gli muore il nonno sotto gli occhi. Aveva 9 anni e aveva davanti a sé due figure fantastiche, il nonno e il padre. Il vecchio era il cuore, il papà cervello, la testa. Vivevano praticamente nel loro negozio di ferramenta, dove andavano tutti. Il nonno era fantastico, aveva al centro del suo progetto l’attenzione per il cliente, il consiglio, risolvere sempre il problema. Il figlio, papà di Ugo, al contrario, voleva vendere sempre di più, non riparare. E il bambino stava totalmente dalla parte del cuore, cioè quella del nonno. Sentì per la prima volta l’odore di ferro bagnato perché quel giorno pioveva, e quell’odore un po’ fastidioso gli è ritornato al naso e quindi al cervello e di conseguenza anche al cuore ogni volta che nella vita aveva di fronte problemi gravi».
Nella sua condizione e per indole, il ragazzo non può prendere le redini dell’azienda, che il padre vende, la famiglia si ritrova così ad essere molto ricca. E Ugo è libero di vivere alla sua maniera. Si concentra sui libri, diventando un inguaribile lettore. Possiede decine di migliaia di volumi, soprattutto i classici, «e lui “entra” nei suoi libri, fa addirittura fatica a uscirne e quindi quando è in pubblico i suoi pensieri, le sue azioni alla fine rispondono al libro che sta leggendo. Di volta in volta diventa Tereza dell’Insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera, il figlio di Una questione privata di Beppe Fenoglio e tanti altri ancora. E questa è la parte del libro che a me interessa molto perché il mio è un libro dedicato ai libri, cioè deve far venir voglia alla gente di leggere».
Come a dire che tutto è già stato scritto, cioè se noi andiamo a ricercare emozioni, sentimenti, suggerimenti, forse li troviamo in qualche pagina già scritta. «I libri hanno una funzione enorme. La prima è farti apprezzare la meraviglia del dubbio. Come diceva Bertrand Russel, le persone intelligenti sono quelle piene di dubbi, gli stupidi sono quelli pieni di certezza. Noi in Italia abbiamo un problema, siamo terzi per PIL in Europa su 27 nazioni, quindi molto ricchi, ma solo al 23º posto per tasso di lettura. Un popolo che non legge davvero non ce la può fare».
Crede tanto a questo concetto che a corredo del romanzo Farinetti mette i titoli dei 46 libri che si è letto per scrivere questo suo. Nel quale, ovviamente, mette tutto se stesso. «Ernest Hemingway diceva: in fondo scriviamo sempre lo stesso libro e, aggiunge per quanto lo riguarda, sono tutti una scusa per parlare di me stesso. Io un po’ Ugo, un po’ suo papà, un po’ suo nonno, sono perfino un po’ Augusta, la donna tanto amata da Ugo». Parafrasando, Ugo c’est moi.
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