L'ANALISI
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14 Maggio 2025 - 05:25
CREMONA - Orso Tosco con ‘La controra del Barolo’ dà vita alla la seconda avventura di un commissario molto speciale che ha fatto irruzione nel mondo del noir italiano portandogli in dote un premio Scerbanenco. «Irruzione è il termine giusto vista la stazza. Il suo nome è Gualtiero Bova, ma lo chiamano il Pinguino perché è un omone di quasi due metri, con una voracità che gli regala un fisico imponente un po’ a forma di pera; avendo, da ligure, la passione per le nuotate invernali, ecco che quando si infila nella muta finisce per assomigliare a un gigantesco pinguino. Un poliziotto atipico in quasi tutti gli aspetti che normalmente colleghiamo alle forze dell’ordine. Sembra più propenso alle forze del disordine».
Per colazione prende delle piccolissime dosi di Lsd «che gli regalano quartetti di parole in rime sbilenche», che però, unite al suo costante filosofeggiare sulle cose della vita, gli spalancano la mente a intuizioni spesso decisive. «È entrato in polizia per un motivo bizzarro. Quando era molto giovane il padre gli disse di fare nella vita quello che voleva, ‘l’importante è che tu non mi faccia lo sbirro’. Quindi aveva un’unica possibilità di ribellione: diventare poliziotto. E lo diventa. Mai si sarebbe immaginato di essere anche bravo. Quindi inizia a costruirsi stranissimi, molto arzigogolati e barocchi rituali , tra cui quello dell’Lsd». Tosco presenta così il suo bizzarro eroe conversando con Paolo Gualandris nel corso della videointervista ‘Tre minuti un libro’.
‘La controra del Barolo’ inizia con la chiamata di un prete di Cortemilia, don Palmiro Benincasa, che informa il commissario di un furto avvenuto in un piccolo cimitero. «Un morto, signor commissario, si sono rubati un morto». Il colpo anomalo, grottesco e surreale, dà il via a un’indagine molto più ampia che comprende addirittura un traffico di esseri umani minorenni, una serie di rituali molto cruenti e una lotta intestina nella segretissima Confraternita, un concentrato di potere. Una telefonata ed ecco che quell’autunno che ha fretta di farsi inverno precipita in un abisso di orrore. E la Provincia Granda, profonda, in apparenza immobile, diventa il palcoscenico irreale in cui si muovono apostoli di antichi rituali, improbabili cacciatori di demoni, torturatori sui generis, killer implacabili. Il cuore nero in cui solo «la poesia dei luoghi fa da contraltare alla violenza degli uomini».
Il Pinguino, insieme alla fedele bassotta Gilda e a una stramba squadra di poliziotti, si ritrova per le mani un caso intricato che lo porterà a scontrarsi con una rete di pericolosi criminali, entrando in contatto con le parti più oscure e meschine dell’animo umano. La colorata, spesso bizzarra varia umanità che popola il romanzo e aiuta il Pinguino ha una caratteristica: tutti si rendono conto che «l’orrore è più appariscente e più rumoroso. Tuttavia lo splendore esiste. Il problema è che lo splendore che dura una mattina». E in ognuno c’è la volontà di fare sopravvivere quello che resta dello splendore.
«Con il Pinguino creo un affresco in omaggio alla provincia profonda italiana, luogo di personaggi dotati di caratteristiche spesso uniche, un po’ selvatiche, molto eccentriche. Un luogo in cui però si preserva una certa originalità, mentre i grandi centri urbani mi sembrano sempre più tendenti al conformismo, si assomigliano sempre più l’uno all’altro. Nonostante la sua parte oscura, credo che la provincia profonda sia dotata di identità più specifiche e alle volte anche inattuali, comunque curiose e interessanti. Questi personaggi rappresentano un principio in cui credo profondamente, cioè che tutti nasciamo particolarmente eccentrici, poi la vita ci impone di uniformarci. Ecco perché do spazio a personaggi che tendono a non adeguarsi».
Campione di questo atteggiamento, la strana squadra che lavora con il Pinguino, «un gruppo in cui ciascuno si preoccupa di fornire ordinaria manutenzione a un mondo che sembra a tutti i costi voler andare in malora». Lo scrittore li presenta così: «Cristiano Raviola, il vice, è un erotomane, uno che come tutti è entrato in una tempesta ormonale nell’adolescenza ma non è mai uscito. Listeddu, magro magro, allampanato, ricorda Mister Magoo, il personaggio che che riusciva a superare indenne delle grandi catastrofi perché ci vedeva poco. Listeddu ci vede bene, ma è lui stesso a creare queste catastrofi, anche se inconsapevolmente. Per ultima Carla Telesca, insieme al Pinguino l’unica del gruppo a possedere vere abilità investigative, spesso è costretta a sprecarle per rimediare ai disastri dei suoi colleghi. Una squadra che sulla carta non dovrebbe bastare nemmeno per cambiare un paio di lampadine».
Invece in qualche modo ce la fa, non sempre, non fino in fondo, ma ci arriva almeno molto vicino. Ce la fa con l’aiuto di nonno Malizia e la sua «compagnia di invertiti» come si autodefiniscono, e con altri soci che troveranno strada facendo. «E con Gilda Gildina, non dimentichiamoci la bassotta del commissario». Orrore, sangue e crimini sono causa di dolore e preoccupazione per il Pinguino e la sua squadra.
Vedendoli prostrati, il vecchio e taciturno Giobatta cerca di riscaldare l’inverno che hanno nel cuore: «Quando lavoravo in cantina, vicino a Monforte, il vecchio che mi ha insegnato il mestiere un giorno che mi aveva visto preoccupato per la neve me lo spiegò. Lo sai cos’è la controra, ragazzo? La controra è quel grumo di ore dopo il pranzo estivo che obbliga a riposarsi all’ombra, perché fa troppo caldo anche solo per alzare un dito. Ecco, finì di spiegarmi, ricordati che questo periodo, grazie alla neve, è la controra del Barolo. in quell’istante la vite cade in un sonno profondo, e magari sogna. E senza i sogni non avrebbe mai la forza, e il coraggio, e la bontà, di tirar fuori i sapori che la rendono tanto amata». E i nostri, pur tra dubbi e bizzarrie, la vita la amano davvero.
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