L'ANALISI
02 Aprile 2025 - 05:25
CREMONA - «Il prete e l’uomo non sono separati ma stanno bene insieme per cui è bello che parli di tecnologia e allo stesso tempo dell’Angelo custode e vedi che le due cose non fanno a pugni perché entrambe fanno parte di una curiosità del cuore che si vuole appassionare a tutte le cose belle e buone che ci sono intorno. E ce ne sono veramente tante, la vita è un’avventura ed è bella». Forte di questa consapevolezza, don Diego Goso ha impostato la sua missione pastorale su una capacità di comunicazione divenuta nel corso del tempo straordinariamente prolifica. In vent’anni ha pubblicato una quarantina di libri, tradotti anche all’estero, divenuti moderni strumenti di catechesi.
HUMOR E TECNOLOGIA
Con l’arma dell’ironia («È bello anche divertirsi e vivere il piacere di sorridere per le cose che scrivi»), ha conquistato i lettori e il web anche grazie a titoli decisamente coinvolgenti, del tipo ‘Quattro chiacchiere con Dio’ e ‘In vacanza col diavolo’. Parla del suo nuovo romanzo ‘All’ombra del campanile, una famiglia sulla porta della parrocchia’, il settimo con protagonista don Marco, nella videointervista ‘Tre minuti un libro’ online sul sito.
Faccia simpatica e sorriso sincero e istintivo, don Goso è parroco nella diocesi di Ventimiglia-Sanremo; direttore dell’ufficio comunicazioni sociali, è presente dai primi anni 2000 sulla Rete con blog e newsletter dove racconta la sua esperienza pastorale con attenzione e umorismo verso le nuove tecnologie.
IL MISTERO DELLA...PENNA
Ogni giorno sul sito www.dondiego.me dialoga con i lettori di spiritualità, catechesi, educazione e informatica, con un occhio alla satira e alla politica. Amante della cultura popolare che cerca di coniugare con le verità evangeliche in pubblicazioni semplici e divertenti, si descrive come Apple maniaco, vive mangiando carne alla griglia e patatine fritte e ogni giorno fa almeno un bagno in mare. «Sapete com’è, chi non fa figli fa fogli. Credo che il ministero della penna sia bellissimo».
Nella serie di don Marco racconta le sue esperienze di vita vissuta e senza ipocrisia affronta alcuni dei temi centrali per la Chiesa di oggi. «È il prete che vorrei essere, ma non sempre ci riesco. Sono storie della vita di tutti i giorni. La parrocchia in 24 ore è capace di metterti davanti tutte le situazioni del mondo, passi da un battesimo, cioè la gioia per festa della vita, a un funerale; dalla tenerezza di due fidanzati che cominciano a organizzare il loro futuro all’incontro con le povertà attraverso la Caritas. I miei libri con semplicità vogliono raccontare la bellezza di questa realtà che è una rete capillare e dappertutto vediamo i nostri campanili e questi campanili ci raccontano queste storie».
CHIESA GUASTAFESTE
Il protagonista di questa storia parla in prima persona, è un avvocato a capo di una famiglia diciamo fin lì disinteressata alle cose della Chiesa, ora alle prese con la prima comunione del figlio. Quindi si deve avvicinare in qualche modo alla parrocchia e alla religione praticata. «Il parroco l’ha riacciuffato con un esperimento che si fa in tante comunità: se volete dare il sacramento a vostro figlio, dimostratemi che ci tenete, quindi venite a catechismo anche voi, anzi siate voi i catechisti di vostro figlio, così come gli insegnate tante cose, spiegategli anche qualcosa della fede».
Dal dialogo, nasce un’amicizia tra avvocato e prete. Il primo ha dubbi che pone al sacerdote. «Per esempio mi chiedo come mai la Chiesa si occupi di tante cose con competenza e passione ma non dedichi più attenzione al motivo per cui è stata pensata: insegnare a incontrare Dio e amare la sua frequentazione». C’è un distacco dichiarato qui fra il sacerdote e la sua comunità. Don Marco risponde che «se la Chiesa non trova il modo di rendersi utile e necessaria alla vita delle persone non saranno loro a venire a cercarla». Don Goso precisa: «Credo che soprattutto sull’educazione dobbiamo tornare a essere protagonisti. Abbiamo perso, mi pare, lo smalto dei secoli più belli del Cristianesimo dove la Chiesa portava le novità e c’era il desiderio di farne parte perché dava l’idea di una società che sapeva guidare e perché comprendeva il mondo e anche un po’ lo plasmava. Adesso mi sembra che giochiamo veramente un po’ in ritirata: perché la gente dovrebbe stare ad ascoltarci e seguirci se se non sappiamo fare la differenza?». Una missione in cui l’ironia può essere intesa come «arma di sfondamento», insegna don Goso, un atteggiamento che però cozza con una certa immagine spesso troppo austera dell’essere sacerdoti, tanto che il papà-avvocato gli contesta che «in alcune occasioni ho ritrovato un atteggiamento da guastafeste. Una delle pecche più gravi della Chiesa di oggi è che quando c’è qualcosa di bello bisogna sempre arrivare a sottolinearne i rischi. È un po’ come trovarsi davanti a un tramonto e, mentre ci si sta abbandonando alla bellezza di quella sublime poesia, vedere arrivare un bacchettone che ci risveglia da quel momento di grazia per ricordarci di non fissare troppo il sole rischiando di diventare ciechi».
UNA MEDICINA DEL CUORE
Gli fa eco il prete scrittore: «L’ironia serve a non prendersi troppo sul serio, a ricordarsi i propri sbagli, a essere concreti. È una medicina del cuore, chi non sa sorridere non ha Dio. La risata, l’umorismo, l’ironia e certe volte la satira, magari graffiante, ti permettono di relativizzare tante cose. Ogni tanto lo do come penitenza: qualche Ave Maria e due cucchiaini di zucchero nella vita». Un’allegra penitenza. Come prendono i suoi colleghi questo stile? «Per lo più con amicizia, anche se non a tutti piace, è ovvio».
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