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‘Lettere inglesi’: libertà di social? Merito di Voltaire

Da Antonio Gurrado, curatore dell'edizione italiana, il testo base del padre dell’Illuminismo: una lezione molto moderna

Paolo Gualandris

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pgualandris@laprovinciacr.it

08 Gennaio 2025 - 05:25

CREMONA - «Non ci hanno uccisi. Dieci anni dopo siamo ancora qui a a sfidare qualsiasi potere». In queste parole c’è tutto l’orgoglio di Gerard Biard, capo redattore di ‘Charlie Hebdo’ nell’onorare la funesta ricorrenza dell’attacco alla redazione del controverso settimanale satirico da parte di terroristi islamici andati all’assalto con il dichiarato intento uccidere la testata e tutto ciò che rappresenta in termini di libertà di pensiero. Una capacità di resilienza che a tutti gli effetti rappresenta una delle migliori eredità di una lezione che viene da lontano, dal 1700 per l’esattezza: l’Illuminismo, che ha avuto in Voltaire il suo padre nobile.

Voltaire ritratto da Nicolas de Largillière, 1724–1725, Institut et Musée Voltaire

LIBERI DI ANDARE IN CIELO

E che ci sia bisogno di un ‘ripasso’ di quella lezione lo conferma, Antonio Gurrado, da vent’anni cultore dell’opera del grande filosofo francese, che ha curato la traduzione per l’edizione italiana delle ‘Lettere inglesi’, primo caposaldo del pensiero illuminista. Perché c’è ancora bisogno di Voltaire? Gurrado risponde a questa domanda conversando con Paolo Gualandris nella videointervista ‘Tre minuti un libro’.

«Voltaire inventa tre cose che per noi oggi sono talmente fondamentali da darle per scontate: l’importanza dell’opinione pubblica, della libertà individuale e dei limiti del ruolo del governo e della politica rispetto alla vita privata». Voltaire scrive mentre si trova in Inghilterra per un paio d’anni e scopre un modello politico, culturale e intellettuale completamente diverso da quello cui era cresciuto. Si rende conto che sull’isola ha una enorme rilevanza il pubblico di borghesi che è in grado di saper leggere con intelligenza i libri e di influire in questo modo sulla vita dello Stato.

«Ovvero quella che noi oggi chiamiamo l’opinione pubblica - precisa Gurrado -. Quando noi utilizziamo, dico una banalità, i social network esprimendo in maniera più o meno colorita quello che pensiamo, non stiamo facendo altro che mettere in atto quella cosa che Voltaire aveva visto agire per la prima volta nel suo viaggio in Inghilterra». Oggi diamo tutti per scontato che ciascuno di noi è libero di credere in quel che ritiene dal punto di vista religioso, politico e della vita privata. «Voltaire lo scopre come dato di fatto in Inghilterra. Parte da un discorso religioso e dice questa frase bellissima: ‘In Inghilterra ci sono 37 religioni che convivono pacificamente e che ogni inglese è libero di andare in cielo per la strada che preferisce’. Ecco, noi oggi siamo come quegli inglesi liberi di andare in cielo per la strada che preferiamo, non solo dal punto di vista religioso ma sotto quello della nostra ricerca individuale». Il terzo grande pilastro di quest’opera riguarda i limiti dell’intervento del del governo.

UMORISMO E IRONIA

«Non bisogna dimenticare che al tempo di Voltaire nell’Europa continentale il singolo individuo era sottoposto a un controllo molto rigido da parte di un governo onnipervasivo, mentre in Inghilterra c’era un grandissimo rispetto della proprietà privata». L’Inghilterra di cui scrive Voltaire è quella in cui già esiste il Bill of Rights, quindi il riconoscimento dei diritti privati dei borghesi, potremmo dire il riconoscimento del diritto alla vita privata oltre che alla proprietà privata e che contrasta con un’idea che è quella dell’Europa continentale di inizio Settecento.

«Secondo me - afferma Gurrado - fa bene ogni tanto ripassare i fondamentali e rileggere libri che ci spiegano quanto sia rilevante la libertà degli individui rispetto all’azione dello Stato, alla propria coscienza e alla libertà di stampa». Voltaire è dotato di un’arma formidabile, l’ironia, è fortemente polemico, usa toni vivaci anche in queste ‘Lettere’.

«L’ironia diventerà la sua arma principale man mano che poi diventerà il Voltaire che conosciamo tutti, quello del Candido e del Dizionario filosofico. Il curatore della edizione da cui è tratta la mia traduzione, Nicholas Cronk, forse il più importante studioso di Voltaire, ha scritto un’introduzione strepitosa in cui dimostra che l’ironia che noi oggi diamo per caposaldo dell’identità autoriale di Voltaire è frutto di quel periodo inglese. Qui scopre che l’intellettuale si può divertire e può divertire. Diventa così, secondo Cronk, un autore inglese come Jonathan Swift con il suo ‘I viaggi di Gulliver’, Laurence Stern e i grandi umoristi inglesi, capaci di farci ridere e pensare ancora a trecento anni di distanza. Mentre traducevo ero lì che me la ridevo senza senza ritegno in alcuni passi. Dopodiché ci fa capire che tramite l’umorismo è andato a centrare alcune necessità fondamentali della nostra società che spiegate in maniera pesante non sarebbero stati altrettanto efficaci».

Altro elemento della sua modernità è l’utilizzo dell’aneddoto nell’opera di massima diffusione possibile della cultura: tutti abbiamo studiato a scuola quello relativo alla mela di Newton che ha generato l’intuizione alla base della quale sta la comprensione del fenomeno chiamato gravità.

INTUITO GIORNALISTICO

«È frutto dell’intuito giornalistico di Voltaire il quale poco dopo la morte di Newton si fa amico della nipote, va a parlarle e sente l’aneddoto. Non si sa se sia vero o no, c’è una buona probabilità che l’abbia se non inventato quantomeno molto abbellito, trasformandolo però in qualcosa di simbolicamente perfetto per spiegare il funzionamento del ragionamento di Newton. Tanto è vero che tuttora nella scuola elementare se si insegna la fisica si parte proprio da quell’episodio».

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