L'ANALISI
17 Luglio 2024 - 05:20
CREMONA - Ci sono un lupo cattivo che sogna soltanto di giocare a carte in compagnia, un drago vegetariano, la figlia del conte che difende i minatori sfruttati dalla sua famiglia, un principe in pigiama e re fannulloni; uno specchio magico insofferente. Alex Pardi esordisce con ‘Il lupo cattolico e altre storie’, libro per bambini, ma forse anche non solo per loro: una serie di racconti che hanno come teatro borghi in cima alle colline, vallate, castelli, pasticcerie e soffitte, frutto di rielaborazione in senso più moderno di alcune delle fiabe più note. Ne parla nella videointervista ‘Tre minuti un libro’.
Nella vita si occupa di computer, una fuga dalla tecnologia per rifugiarsi nella fantasia la sua? «Effettivamente fra algoritmi e fiabe non c’è una gran relazione. Diciamo che mentre la mia parte più razionale si dedica ai computer quella più più artistica e fantasiosa spazia tra fotografia e letteratura». Un libro «nato un po’ per caso, non ricordo neanche bene come mi è venuta in mente la storia del lupo cattolico, che dà titolo al libro, chiaramente ispirata a Cappuccetto Rosso. In altri casi c’è soltanto il luogo comune, come quello del drago che rapisce la principessa, quindi senza una vera storia di base. L’idea è stata di divertirmi a trovare modi per stravolgere in maniera ironica temi classici».
Le fiabe da sempre hanno uno sfondo morale ed educativo, ma lui non ha questa pretesa, «sinceramente - spiega - il motore è il divertimento per me e per chi legge, però è ovvio che poi qualcosa c’è. Magari definirlo morale è troppo, però credo che siano abbastanza chiari in queste storie i valori che secondo me vanno tenuti presente, così come gli atteggiamenti o i vizi che che mi diverto a prendere in giro». E allora vediamoli questi valori: «I miei personaggi positivi quasi sempre sono ragazzini, anzi ragazzine, che mostrano di non avere paura: del lupo o del drago perché la paura è un freno. Se vogliamo proprio entrare in questioni anche più serie, spesso viene usata addirittura da chi ci governa per tenerci a freno e controllarci. Ci sono poi gli animali, sempre visti con affetto. E questo mi appartiene».
Non avere paura a seguire le proprie inclinazioni è uno dei fili conduttori di tutte le storie, «c’è anche un altro aspetto, forse un po’ più romantico. Raramente gli adulti, soprattutto quelli in posizione di potere come re, regine, principesse e principi, sono esempi positivi, come se dall’infanzia alla maturità ci fosse una sorta di corruzione data dal potere, mentre bambini e ragazzini sono ancora puri». Quindi forse le storie sono anche per noi adulti un invito a seguire di più il ragazzino che è in noi a ricordarci come eravamo. La storia più lo ha divertito scrivere, «dal punto di vista comico, è quella del Principe Nero, evidente rielaborazione di Cenerentola. Ed è forse quella in cui si avverte meno l’aspetto morale perché non c’è un vero personaggio positivo».
L’ispirazione è venuta da una frequentazione molto assidua con fumetti e libri, in particolare, crescendo degli scrittori umoristi inglesi Jerome K. Jerome e Pelham Grenville Wodehouse e con la scoperta di Stefano Benni: «Credo che ci siano vari modi di fare umorismo. Si possono creare personaggi buffi, situazioni esilaranti. Considerando il fatto che essendo fiabe erano indirizzate a bambini, ho cercato di mantenere una scrittura piana avendo come punto di riferimento Italo Calvino, creando la comicità invece attraverso personaggi e situazioni». Tentativo riuscito, il libro è divertente adatto ai tempi di attenzione dei più piccoli, ma di interesse anche per i grandi.
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