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Benvenuti al Teranga: qui nessuno è invisibile

Lo scrittore Diouf, star dei social conosciuto come Ab, crea il bar della condivisione. Luogo dell’anima in cui clienti e pareti parlano di grandi storie che il gestore sa raccontare

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

01 Novembre 2023 - 05:20

CREMONA - Immaginate un bar molto particolare, che profuma di libri nuovi, con un bonsai su ogni tavolo, dove si beve poco alcol ma soprattutto tisane appositamente studiate per ogni singolo avventore, con alle pareti una galleria di personaggi e oggetti ognuno dei quali è fonte di ispirazione e riflessione. Uno spazio libero è dipinto con il disegno di Bansky della bambina con il palloncino: «Il disegno della speranza, a volte sembra sfuggirti dalle mani ma in realtà è sempre lì vicino».

Un locale in cui nessuno è invisibile e dove lavora un giovane Pianista (non ha un nome, lo chiamano tutti così), dislessico e balbuziente, ma che davanti alla strumento si trasfigura e ha, fin da bambino, sostituito i tasti del pianoforte alle parole. Un animo sensibile lo rende empatico con chi è diverso e con chi soffre, senza avere però il coraggio di buttarsi nella mischia della vita.

Un bar gestito dal suo mentore, Samba, un africano un po’ Socrate e un po’ coscienza critica, capace di comprendere gli stati d’animo di chi ha davanti e gran raccontatore di storie. Quel bar si chiama Teranga e a raccontarne l’umanità che lo popola è Abdou M. Diouf, scrittore afro-toscano, star dei social più conosciuto come Ab.

La sua pagina Facebook si chiama ‘Accettare con serenità che certe cose non le accetterai mai con serenità’, titolo che indica una precisa filosofia di vita, e ha raccolto via via oltre 100 mila followers.

Diouf nasce il 7 agosto 1989 da genitori senegalesi, cresce in Senegal dove resta fino all’età di cinque anni per poi trasferirsi in Italia, ad Arezzo, con la famiglia. È il maggiore di cinque figli, frequenta tutte le scuole nella città aretina e continua il suo percorso formativo all’università di Firenze, dove si laurea in Biologia, proseguendo poi con la specializzazione in Biologia molecolare e un master in giornalismo e divulgazione scientifica.

Grande lettore e appassionato di storia e di musica, è stato giocatore professionista di pallavolo e nel 2016, ha scritto il suo romanzo d’esordio ‘È sempre estate’, concepito assommando le riflessioni pubblicate su Facebook e tanto amate da suo pubblico.

Ora è in libreria con ‘Il pianista del Teranga’, un bar che è un luogo dell’anima, dove si incontrano vite e cuori. «Il nome allude a una parola wolof che significa ‘condivisione’. Quindi sì, è un luogo dell’anima dove ho deciso di far incontrare vari personaggi, soprattutto storici, ma anche inventati o protagonisti di libri e romanzi che ho letto e che mi hanno ispirato», conferma parlando nella videointervista ‘Tre minuti un libro’ online da oggi sul sito.

«Il pianista ha caratteristiche che spesso la società considera limitanti- spiega-. È silenzioso, è balbuziente. Ma poi schiude il suo mondo, piano piano. E quei tratti che siamo abituati a considerare da sfigati possono tramutarsi in punti di forza per una persona. ‘Alle volte uno si crede incompleto e invece è solo giovane’, diceva Italo Calvino. In ogni personaggio, comunque, ho cercato di trasferire parte di me stesso».

Quello di Diouf è anzitutto un romanzo di grandissima amicizia e d’amore oltre che di racconti. Quelli delle vite dei mille personaggi che affollano le pareti del Teranga: «Grazie a Samba, il Pianista si nutre di storie in cui Peppino Impastato, Cheikh Anta Diop, Falcone e Borsellino si mescolano con i Beatles, con Fred Mercury, Bob Marley e tanti altri. Le vicende di ciascuno di loro sono il mezzo di cui si serve Samba per tirare fuori l’anima del Pianista».

E poi ci sono i clienti, ognuno chiamato con un soprannome, un’umanità complessa il cui stato d’animo è reso dal bonsai che campeggia sul tavolino occupato, sempre lo stesso.

«Sono musulmano praticante -spiega Diouf -. Quindi al posto dell’alcol ho deciso di metterci le storie racconti che si scambiano i vari personaggi. Il bonsai rappresenta chi siede a quel tavolo. Per esempio c’è quello con una rosa per Édith Piaf, oppure una quercia vigorosa per Giobbe. Poi c’è un anziano malato di Alzehimer, Mister Tambourine, soprannome ispirato a una canzone di Bob Dylan, che si siede sempre vicino al pianoforte e canta sempre la solita canzone molto triste».

E ancora, c’è un cliente che sta ‘a muso duro’ sulla sedia a rotelle e che rappresenta il cantautore Pierangelo Bertoli, e così via.

«Quindi raccontando le loro storie punto l’attenzione su disagi sociali che poi rappresentano la società, perché secondo me è molto importante che uno scrittore si occupi della realtà che lo circonda».

Fra Samba e il Pianista si instaura un dialogo, sempre prima o dopo la chiusura del locale, in cui vengono raccontati personaggi reali come Alda Merini, rappresentata da una avventrice con i fili di perle al collo, la sigaretta in una mano e nell’altra la penna con cui scrive sui tovagliolini del bar. E Liliana Segre, Giobbe Covatta o Massimo Troisi; non manca seduto all’ingresso del locale, un clochard che parla del sorriso della Gioconda. Tutti personaggi le cui vite esemplari diventano spunti per profonde riflessioni sull’uomo e sui valori. Sempre però affrontate in maniera tenera e delicata, senza grandi proclami.

«Questa è la mia caratteristica quando scrivo. Diciamo che seguo i consigli del grandissimo Calvino, che nelle sue Lezioni americane dice una frase bellissima: prendete la vita con leggerezza, che non è superficialità ma planare sulle cose dall’alto non avendo macigni sul cuore».

E con leggerezza Diouf sa affrontare temi importanti come la religione, per esempio, che in questo momento è uno dei temi più divisivi, soprattutto in relazione all’Islam: «Che non è esattamente quello dei terroristi di Hamas. Nel romanzo c’è un racconto sul Ramadan in cui spiego che la parola Islam in arabo vuol dire pace e io penso che la religione c’entra ben poco con il terrorismo di Hamas. Sarebbe come dire che la mafia è tutta l’Italia solo perché ci sono alcuni mafiosi. Noi musulmani siamo 2 miliardi e mezzo e per colpa di poche decine di migliaia di persone si genera la convinzione che l’Islam sia una religione di guerra e di terrore».

Al termine della storia si esce dalla claustrofobica stanzetta in cui vive il Pianista, con la sola compagnia di una gatta e delle proprie angosce amorose, e ci si allontana anche dal Teranga per entrare nella vita di tutti i giorni.

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