L'ANALISI
3 MINUTI 1 LIBRO
20 Settembre 2023 - 05:25
CREMONA - «Ho voluto mettere un essere umano di fronte a una questione apparentemente senza senso, assurda, per vedere come se la cavava». E ci è riuscito tanto bene, Gian Marco Griffi, che con il suo romanzo d’esordio, ‘Ferrovie del Messico’, è stato il caso letterario dell’anno, ha scalato le classifiche di vendita approdando alla finale del Premio Strega. La storia è ambientata ad Asti, siamo nel 1944 nella Repubblica Sociale Italiana e succede che Cesco Magetti, milite della Guardia nazionale repubblicana ferroviaria, riceve l’ordine di disegnare una mappa delle ferrovie del Messico.
«In un periodo storico così travagliato e tragico un ordine del genere, già abbastanza insensato e assurdo nella normalità, assume connotati surreali», sorride Griffi, che nella vita è gestore di una campo da golf nel Monferrato e si definisce «scrittore del lunedì perché, come per i parrucchieri, è il mio giorno libero ed è l’unico momento in cui riesco a scrivere con regolarità». Il suo è un romanzo che «vuole farsi beffe dell’autorità del potere, dell’autorità in generale, sociale e statale ma anche familiare, quella di certi padri di famiglia che non permettevano per esempio alle donne di esprimersi come avrebbero voluto». Tra il ridicolo e il grottesco, quello di Cesco diventa un episodio di resistenza umana in una fase di «carie ideologica che aveva scavato una fenditura nel cemento dell’Italia». Ne parla con Paolo Gualandris nella videorubrica ‘Tre minuti un libro’.
«Lei è a conoscenza che il sottoscritto non sa niente della rete ferroviaria del Messico, vero?», si lascia sfuggire Cesco quando il suo superiore gli gira un ordine che viene da molto in alto, dal comando tedesco e pare si risalga addirittura a Hitler, di compilare in una settimana una mappa della rete ferroviaria del Messico, al di là dell’Atlantico, Paese a lui del tutto sconosciuto. Da questo assurdo incarico, in un mondo reso assurdo dalla guerra e dall’occupazione nazista, prende inizio un romanzo, anzi un’affabulazione visto lo stile del racconto, che è l’avventura comica e disperata di Cesco all’inseguimento dell’unico libro che potrebbe aiutarlo nella sua disperata impresa, ‘Historia poética y pitoresca de los ferrocarriles en Mèxico’ di Gustavo Adolfo Baz e in lingua spagnola, in cui si mescolano realtà e la mitologica città di Santa Brígida de la Ciénaga, luogo misterioso a cui si arriva unicamente in treno, alla fine di una linea secondaria messicana e dove probabilmente si trova ciò che ha dato inizio a tutto e dovrebbe servire a risolvere le sorti del conflitto.
Il volume, purtroppo, è stato dato in prestito, come scopre con la bibliotecaria Tilde Giordano, grande lettrice dagli occhi bellissimi, di cui lui finirà per innamorarsi perdutamente. Sarà una specie di caccia al tesoro in un continuo gioco di rimandi, di punti di arrivo che sono altri punti di partenza. Ma il racconto, col suo linguaggio sorprendente, punta sugli incontri di Cesco, sul presentare un’umanità varia, tra realtà e invenzione letteraria, che sorprende ogni volta per la libertà e gusto dell'invenzione, da Steno, partigiano e fidanzato di Tilde, all’impiegato amministrativo del Dipartimento suicidi statali assistiti Bardolf Graf, dall’importante ruolo per la storia di Cesco, avendo ricevuto in dono dalla nobildonna Marie Agnete Thurn und Taxis un volume intitolato ‘Poetische und malerische Geschichte der Eisenbahnen in Mexico’ in cui si parla di Santa Brigida de la Ciénaga; da don Tiberio, prete confinato nel paesino di Roccabianca per un suo insano passato, a Ettore e Nicolao, clienti di un locale notturno ritrovo di partigiani e la loro compagna di orfanotrofio Giuseppina Decorcipo, dal terribile destino; da Hugo Kraas, terribile come si conviene a un SS, ma amante dell’arte italiana e buon giocatore di golf, sino a Angelo, Angelito detto Lito, addetto alla distruzione di cadaveri e suonatore di cornetta, e Mec, poeta che parla con i tedeschi morti, suo compagno da quando costruivano ferrovie nell’America latina, più il frenatore Edmondo Bo.
Griffi gioca con lo stile, echeggia ora Bolano ora Gadda o Borges e cambia io narrante, in un caleidoscopio di voci e punti di vista, avventura dopo avventura sul filo del reale e del fiabesco, ma segnato da un clima tutt’altro che tranquillo, quello appunto teso e tragico degli anni di Salò e dell’occupazione tedesca, con Cesco che scopre l’imprevedibilità del mondo e il nonsenso dell’esistenza, che pure vive fino in fondo, senza avarizia di sentimenti. «Cesco è un’anima semplice, libera e ironica, sentimenti proteggono dal vivere quotidiano, per dirla citando Tilde, la quale afferma che l’ironia è la sola cosa che ci protegge dalla disperazione assoluta: io credo moltissimo in questa frase - spiega Griffi-. Credo nel potere dell’ironia unita a un certo lirismo, inteso come la capacità di guardare veramente il mondo che ci circonda per cercare di comprenderne meglio il significato, anche di ciò che diamo per scontato: se presentato con linguaggio poetico riesce a stupirci e a meravigliarci».
‘Ferrovie del Messico’ è un romanzo di avventure reali e inventate, sorta di summa esistenziale e letteraria, in cui il lettore si perde e si ritrova, scopre voci note e incontra parole inusitate, il tutto legato ad arte ritrovando sempre il filo del racconto, il binario delle ferrovie messicane cercate in provincia di Asti. «Una delle questioni fondamentali per il mio modo di fare letteratura - conclude - è quello del come si raccontano le storie. Cerco un linguaggio tutto mio, che si intersechi con una costruzione metaforica che poi guida la narrazione. Questo è sicuramente il punto che secondo me contraddistingue un modo di scrivere da un altro. Sono convinto che alla fine la capacità di trovare un proprio linguaggio sia il modo migliore per rendere memorabili i personaggi e ogni storia. Sono un grande appassionato della lingua italiana, con tutte le varianti, naturalmente anche quelle dialettali».
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