L'ANALISI
CREMONA JAZZ: IL VIDEO
28 Aprile 2023 - 09:01
CREMONA - Cremona Jazz si mette in viaggio sulle spalle di un gigante. È iniziata ieri sera all’auditorium del Museo del Violino la nuova edizione del festival dedicato al jazz e dintorni con una applauditissima esibizione della leggenda Kenny Barron, pianista protagonista di quella che viene definita l’età d’oro del jazz. La formazione scelta per questo tour che passa anche dall’Italia è quella del trio con Johnathan Blake alla batteria e Kiyoshi Kitagawa al contrabbasso. How Deep Is the Ocean?, standard firmato da Irving Berlin e datato 1932, è il brano scelto per aprire il concerto, una composizione che da Barron con il batterista Roy Haynes venne rivisitata una ventina di anni fa nell’album Love Letters, senza contare la precedente versione di Stan Getz, artista al quale il nome di Barron è legato a doppio filo. Tocco cristallino, gusto per il fraseggio chiaro e nitido: sono queste due delle principali caratteristiche che rendono riconoscibile lo stile di Barron, in pista dal 1959 e da allora animato da una curiosità e un’attenzione per i compagni di band rara da incontrare: «La lezione più importante è imparare ad ascoltare. Il segreto è saper ascoltare e suonare con musicisti più bravi di te. Esercitarsi e studiare molto è fantastico, ma, per dare a tutto ciò un senso pratico, bisogna suonare in un contesto reale», aveva raccontato in una intervista a Jazzit. Un credo che anche ieri sera nel concerto di Cremona è emerso dall’interplay e dall’intesa profonda con Blake e Kitagawa.
Osservare Barron suonare è come osservare la storia del jazz in persona, dato che nel curriculum del pianista figurano collaborazioni con nomi come quelli di Dizzy Gillespie e Ron Carter (quest’ultimo ospite proprio di Cremona Jazz nel 2015), anche se la sua stella brilla in modo particolare per le registrazioni con Stan Getz - come si ricordava poco fa - registrazioni che nulla hanno perso dell’originario fascino. Atmosfere più frenetiche sono invece quelle che si respirano in New York Attitude (l’aria della Grande Mela non mente), composizione che Barron recupera da un suo album datato 1985 e intitolato Autumn in New York. Languide note di piano gocciolano da A Flower Is a Lovesome Thing, e un omaggio a quel Dizzy Gillespie con cui Barron suonò ad appena 19 anni arriva invece con Be-Bop. E da At The Piano, altra pubblicazione di Barron del 1980, a Calypso a cui l’artista di Philadelphia affida la chiusura della scaletta cremonese. Poche ma sentite le parole rivolte al pubblico locale, fra i fortunati del selezionato tour europeo (l’altra data italiana è a Torino), compreso un prevedibile apprezzamento per l’auditorium Arvedi.
La prima serata di Cremona Jazz apre il sipario sulla nuova edizione della manifestazione con un omaggio nel segno dei grandi classici, un battesimo che non poteva, in questo senso, trovare migliore nume tutelare se non Kenny Barron, artista che da oggi va a irrobustire una galleria di leggende del jazz passate dal palco circolare dell’auditorium del Museo del Violino ormai piuttosto ampia. «Questo è l’anno in cui il Museo del Violino celebra il decennale di apertura, dunque anche le rassegne musicali che scandiscono la stagione dell’auditorium Giovanni Arvedi hanno una doppia responsabilità nel presentarsi più belle e importanti che mai - spiega il direttore artistico Roberto Codazzi -. Una responsabilità che coinvolge anche Cremona Jazz, una delle prime manifestazioni nate in seno alla meravigliosa concert-hall del Museo, oltre che una delle più apprezzate dal pubblico».
Il festival continua la prossima settimana, venerdì alle ore 21, con Raphael Gualazzi, uno dei più abili e spettacolari performer jazz-blues italiani. Accompagnato da Anders Ulrich al contrabbasso e Gianluca Nanni alla batteria, Gualazzi propone, oltre ai suoi brani più celebri, il suo nuovo album Bar del Sole, nel quale reinterpreta alcuni pezzi del più brillante cantautorato italiano.
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