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MUSICA. IL VIDEO

Gioventù, freschezza e grandiosità al Ponchielli con l'Ensemble Orchestral de Dijon

A teatro Berlioz, Ravel e Stravinsky esaltano la complicità dei giovani musicisti

Giulio Solzi Gaboardi

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redazione@laprovinciacr.it

18 Febbraio 2023 - 11:53

CREMONA - Gioventù, freschezza e grandiosità al Ponchielli. L’Ensemble Orchestral de Dijon, orchestra giovanile tra le più prestigiose, torna a Cremona, nell’ambito del progetto Masterclass, promosso dalla Camera di Commercio, con il contributo di Regione Lombardia, in collaborazione con il Comune di Cremona, il Consorzio Liutai Antonio Stradivari Cremona, la Scuola internazionale di liuteria e il Ponchielli.

La prima parte del concerto è tutta francese. Si comincia con il primo e il quinto movimento dell’ampia Symphonie Fantastique di Hector Berlioz. Un vero e proprio pastiche petroniano: brani eterogenei e apparentemente incongrui trovano la loro coesione incastonandosi in una sorta di trama faustiana, che si traduce nel sogno di un giovane musicista. Questo musicista - facilmente identificabile nella figura di Berlioz stesso - è tormentato dall’amore. Il primo movimento è intitolato «Fantasticherie».

Un’introduzione di ispirazione chiaramente onirica, che avvampa via via, contorcendosi fino allo spasmo. Una vera e propria fenomenologia dell’amore che descrive lo stato d’animo del giovane innamorato. Differente discorso vale, invece, per il movimento finale, «Sogno di una notte di Sabba».

Il musicista sogna di aver ucciso la donna e di essere tratto al patibolo, per poi assistere all’allucinogena scena del Sabba infernale. Toni tra il cupo, il solenne e il grottesco prendono il sopravvento in un movimento a dir poco «diabolico» che si conclude con una parodia del Dies Irae. Gli echi goethiani sono immensi: del resto, Berlioz - insieme a Boito e Gounod - fu autore di una delle più belle trasposizioni operistiche del Faust di Goethe, «La Damnation de Faust».

La seconda posizione del programma è occupata da un ospite di alto calibro. Il Bolero è certamente una delle composizioni più conosciute al mondo. Non si direbbe, ma una pessima direzione potrebbe facilmente annichilire la nettissima dimensione dionisiaca e sensuale, onnipresente nella partitura dal sapore spagnoleggiante. È dunque buona cosa, quando si ascolta il Bolero, tener ben aperto l’orecchio e sperare di avere la fortuna di ascoltare un Bolero nuovo ogni volta, che possieda sfumature mai sentite, senza che esse tradiscano la musica scritta da Maurice Ravel nel 1927. In alcuni momenti, ieri sera è stato possibile sentire qualche nuova leggera inflessione. Nessuna ballerina accompagnata dalla musica di Ravel (male!), ma ci si fa bastare la danza degli archetti.

La seconda parte del concerto è interamente occupata dalla Sagra della Primavera di Igor Stravinsky. Governano un pervasivo senso di straniamento, figlio dell’avanguardia del primo Novecento (1913). Gli influssi culturali dell’epoca - primo fra tutti, il Futurismo - trovano compimento in questo articolatissimo brano, che si giostra tra un aperto e clamoroso rifiuto della tradizione musicale europea e una piena adozione degli stilemi inquieti e, talvolta, perfino agghiaccianti. Ritmi sincopati, roboanti. All’epoca scatenarono contestazioni ruggenti. Oggi ce ne abbeveriamo, riconoscendone la magnificenza. L’ensemble, diretto da Flavien Boy, si distingue certamente per la giovinezza di chi lo compone e - malgrado la corposità - per una certa compattezza; per quanto il suono, soprattutto all’inizio del concerto, non risulti sempre pulitissimo. Ci sono soprattutto, però, una bellissima complicità e sinergia tra i componenti dell’orchestra, il che rende l’ensemble un gruppo coeso dove a far da padroni sono gioia e amore per la musica. E, di questi tempi, servono entrambi: gioia e amore. E musica.

RIPRESE: FOTOLIVE/SALVO LIUZZI

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