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STRADIVARIFESTIVAL: IL VIDEO

Quando il Nuevo tango sposa lo sfarzo del barocco

Pubblico entusiasta per Gabetta e Pietrodarchi ieri all’Auditorium Arvedi del Museo del Violino

Giulio Solzi Gaboardi

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redazione@laprovinciacr.it

23 Ottobre 2022 - 08:30

CREMONA - «Tango barocco»: ossimoro, bestemmia o utopia possibile? Due anime apparentemente inconciliabili che trovano una sintesi nella loro ritmicità e nell’improvvisazione. E, se è vero che la musica non ha confini, allora non può che saper oltrepassare le barriere geografiche e temporali, unendo, separate da due secoli e mezzo, con una esaltante misticanza la stagione più preziosa della musica europea – quella barocca – e quella più fiammeggiante della musica latina – quella del tango. Pura fantasia. Ci vuole un pizzico di follia e tanto intuito per fare accostamenti audaci di tal genere. Ma lo Stradivarifestival non è nuovo a questi slanci e alle sperimentazioni. L’esperimento riesce a convincere un pubblico entusiasta, plaudente e che riempie tutto l’Auditorium Arvedi. Il concerto parte bene con Roberto Codazzi, direttore artistico del festival, che si presenta in mezzo agli artisti del Quintetto (diventato all’ultimo un Settetto) della London Royal Academy brandendo due archetti: «Uno - spiega - è un archetto tradizionale, quello arrotondato ottocentesco. L’altro - prosegue - è un arco barocco, che si distingue dal primo perché la parte in legno è dritta: ne deriva un suono più leggero e scorrevole, più simile a quello dell’epoca di Antonio Vivaldi».

Sarà il violino pregiato (un Pietro Guarneri di Venezia 1727), sarà l’archetto barocco, sarà l’estro di un artista eclettico come Andrés Gabetta (che in piena coerenza filologica, rifiuta la mentoniera in favore della pelle di daino), ma, già delle prime note della Curtain Music di Henry Purcell si percepisce un suono tutto diverso, sottile, leggero, agile, che porta con sé un certo sapore squisitamente barocco che catapulta il pubblico davanti al Re d’Inghilterra. Il brano di Purcell - forte della sua ritmicità quasi latineggiante - fa da trait d’union tra i brani di Vivaldi proposti e i Tanghi di Piazzolla.

La genialità del programma sta proprio nell’intervallare i brani barocchi suonati da Gabetta con i tanghi di Piazzolla eseguiti da Mario Stefano Pietrodarchi, bandoneonista che divora il palco, concedendosi qualche vezzo istrionico nel lasciarsi trasportare dalla musica con cui sembra giocare. Il tutto accompagnato dall’ensemble dei giovanissimi artisti della London Royal Academy, che legano il concerto con professionalità, minuziosa attenzione al dettaglio, ma anche con freschezza giovanile. Tra i brani proposti non potevano mancare alcune delle pagine più emozionanti di Piazzolla: Adios Nonino è sempre da brividi, così come Inverno e Primavera (è chiara l’intenzione associativa già di Piazzolla con Le Stagioni di Vivaldi). Tra virtuosismo e genialità invece si selezionano i brani vivaldiani: Grosso Mogul profuma di Oriente, seguono il Concerto per la Signora Anna Maria, tra eleganza, sfarzo e virtuosismo, e l’esplosivo Concerto La Tempesta di mare, dove sembra esprimersi l’autentica forza della natura. Il festival si chiude con l’appuntamento di oggi alle 18, «Sonata tra Classico e Romantico» con Joshua Bell e Peter Dugan.

VIDEO E FOTO: FOTOLIVE/SALVO LIUZZI

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