L'ANALISI
17 Maggio 2025 - 15:58
CASALMAGGIORE - Ogni sabato una squadra di clown volontari entra in punta di piedi nell’ospedale di Casalmaggiore, portando con sé nasi rossi, pupazzi, palloncini e parole gentili. Sono i volontari dell’Avulss di Mantova, che da quasi vent’anni portano la clown terapia nei reparti di Pediatria, Pronto soccorso pediatrico e Cardiologia. Lo fanno con costanza, empatia e una convinzione incrollabile: il sorriso è una forma concreta di cura.
Da quasi due decenni, ogni sabato mattina, la clown terapia accompagna le giornate dell’ospedale Oglio Po, trasformando i corridoi in piccoli spazi di leggerezza. I clown volontari dell’Avulss– con nomi come Frittella, Domino, Drilli, Pop Corn, Pinky, Violetta e Penna – non portano solo colori e pupazzi, ma ascolto, attenzione e presenza. «Il nostro obiettivo è donare sorrisi – racconta Frittella, alias Valentina Falavigna –. Giochiamo, facciamo magie, modelliamo palloncini, mimiamo animali, parliamo con i bambini. Le loro storie sono infinite. E quando ci salutano con una stretta di mano e un sorriso, capiamo che il nostro esserci ha un senso. È emozionante!».
Il loro intervento non si limita al reparto di Pediatria. Anche in Cardiologia, i clown trovano spazio, ma con un approccio diverso. «Lì non si gioca – spiega ancora Frittella –. Portiamo magari un palloncino, ma soprattutto ascoltiamo. Le persone ricoverate hanno spesso solo bisogno di qualcuno che li ascolti, che li faccia sentire visti. Qualche parola e un sorriso possono davvero spezzare il silenzio di una giornata difficile».
La clown terapia, quindi, non è solo un diversivo: è un ponte relazionale, come sottolinea Claudio Cavalli, direttore della Pediatria aziendale dell’Asst di Cremona. «Da decenni, in Europa e Nord America, la presenza della gioia nei reparti pediatrici è riconosciuta come un elemento fondamentale per il benessere emotivo del bambino. Il clown in ospedale non è un intrattenitore, è un ponte relazionale. Un bambino chiuso nella paura può ritrovare apertura e fiducia».
Anche per il personale medico e infermieristico, il lavoro dei clown è parte integrante del processo di cura. Barbara Lunardini, caposala della Pediatria dell’Ospedale Oglio Po, spiega: «Il bambino che si trova in ospedale, lontano da casa, ha bisogno anche di sentirsi accolto. Anche l’ambiente è parte della cura. Tutto il nostro personale lavora per rendere gli spazi belli, colorati e sereni. I corridoi e le stanze cambiano addobbi a seconda del periodo dell’anno, perché anche questo aiuta a rendere l’esperienza del ricovero meno traumatica, anzi, il più possibile positiva».
Dietro ogni sorriso c’è un incontro, un frammento di umanità condivisa. Lo ricorda con voce rotta dall’emozione Domino, uno dei clown storici del gruppo: «Mi ricordo quando siamo entrati nella stanza di un signore non vedente. Era solo, senza nulla attorno. Abbiamo cantato insieme. Ci ha preso le mani e piangeva. Anche noi piangevamo. In quei pochi minuti ha rivissuto un pezzo della sua giovinezza. È stato un momento che non dimenticherò mai».
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