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L'INTERVISTA

Il nuovo provveditore: «Al fianco dei presidi per il bene dei ragazzi»

Imerio Chiappa, ex dirigente dell’Itis Paleocapa di Bergamo, si è insediato in via Milano: «Sto scoprendo una realtà territoriale ricca e articolata che mi piacerebbe valorizzare»

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

12 Luglio 2024 - 05:00

CREMONA -  Siede alla grande scrivania, al primo piano di palazzo Ghisalberti, sede dell’Ufficio Scolastico territoriale, in via Milano. Da lunedì Imerio Chiappa, preside dell’istituto tecnico industriale Paleocapa, la scuola più grande di Bergamo, ha assunto il ruolo di dirigente scolastico territoriale della Provincia di Cremona, subentrando a Filomena Bianco. Alle spalle lo stendardo del Regio Provveditorato agli Studi, segno di una tradizione istituzionale che si specchia nel non meno istituzionale ritratto del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Volto accogliente, modi gentili e affabili, ma idee chiare: conoscere la realtà cremonese, conoscere le persone e poi intervenire con un obiettivo: l’attenzione agli studenti. In questi giorni sta ricevendo i dirigenti scolastici, da buon bergamasco si è messo subito al lavoro. E nel suo calendario di appuntamenti istituzionali, il professor Chiappa ha inserito l’incontro con il direttore del quotidiano «La Provincia», Paolo Gualandris per presentarsi alla città e al territorio.

«Sto conoscendo un territorio ricchissimo di storia e cultura e di iniziative didattiche che meriterebbero di essere esportate. Ho incontrato il professor Gianluigi Bencivenga che mi ha spiegato l’esperienza di avviamento alla musica nelle scuole primarie. Il bengalino è uno strumento ad una corda. Per noi bergamaschi il bengalino è un uccellino, il bengalin da richiamo».

In realtà è altra cosa?
«Ho imparato che è uno strumento a una corda. A gruppi di quattro i bambini si coordinano, imparano ad ascoltare e ad ascoltarsi, suonando il bengalino, su cui vengono montate le diverse corde del violino, una per strumento. Quattro bambini fanno un violino. Un’esperienza didattica che merita di essere conosciuta e che va sotto il titolo: Violino va a scuola. Sono entusiasta di quello che sto scoprendo».

I primi contatti con la realtà cremonese sono positivi?
«Lo sono senza dubbio. Devo confessare che pur abitando nella bergamasca ho visto la vostra città da turista e ne conosco gli aspetti che si possono apprezzare in visite di un giorno. Mi sono ripromesso di farmi guidare alla scoperta degli aspetti meno noti e più curiosi del territorio».

Dopo vent’anni da preside, di cui dieci al Paleocapa che cosa l’ha spinta ad assumere il ruolo di provveditore?
«Sono una persona che ama le sfide e dopo un po’ sento la necessità di mettermi alla prova. Devo essere sincero, sono venuto via dalla mia scuola con molta fatica, i progetti che abbiamo in corso sono tanti e stimolanti. Ma a un certo punto della vita devi accettare le sfide che ti possono essere proposte e così ho fatto. Mi sono detto: è un po’ lontano, ma provo».

Si trasferirà in città?
«No, devo mantenere una promessa. Ho i genitori anziani. Mia mamma mi ha detto: fai tutta la benzina che vuoi, ma torna a casa tutte le sere... E alle promesse bisogna tener fede. Mia moglie è poi dirigente in un comprensivo a Bergamo con indirizzo musicale, quindi si potrebbe pensare a un gemellaggio».

È notizia di questi giorni la decisione del ministro Valditara di vietare cellulari e tablet a scuola.
«Si tratta di un provvedimento che va letto in un’ottica della didattica e dell’educazione all’utilizzo degli strumenti informatici. Il divieto riguarda attività didattiche nel primo ciclo di studi, altra cosa è l’utilizzo in ambito tecnico e alle superiori. L’indicazione è quella di accompagnare i ragazzi nella gestione consapevole dei nuovi strumenti informatici».

Quale è il discrimine?
«Faccio un esempio. Un mio docente ha fatto commentare all’Intelligenza artificiale di Copilot una poesia. E poi ha chiesto ai suoi studenti di fare lo stesso. Ciò che l’A.I. non aveva percepito era l’aspetto ironico del testo. Su questo il professore ha lavorato. Ha puntato sulla capacità critica dei ragazzi di fronte all’utilizzo dell’I.A. La relazione deve essere alla base della missione docente. Su questo stanno lavorando i miei professori. Mi sento ancora parte del mio Itis, credo sia normale».

Arriva in un momento caldo, non solo per le temperature africane. L’estate è il momento per la pubblicazione di trasferimenti, graduatorie, ovvero tutti quegli adempimenti necessari all’avvio del prossimo anno.
«Sono aspetti che prenderò in esame dai prossimi giorni, dopo la conferenza di servizi che ho indetto per il 24 luglio con tutti i dirigenti del territorio. Ho visto personale degli uffici lavorare con passione ai vari aspetti per l’avvio dell’anno scolastico e ciò mi fa essere fiducioso. Poi bisognerà vedere quali risorse verranno date al territorio, in base ai numeri di iscritti».

C’è poi il problema del precariato...
«Siamo in attesa di un nutrito numero di nuovi docenti che verranno immessi in ruolo. Noi dobbiamo lavorare per affiancare questi nuovi professori nel loro lavoro, nella loro formazione in classe. Mi è capitato più volte, nella mia funzione di preside, di consigliare ai neo immessi in ruolo di farsi affiancare da docenti con più esperienza, per aggiustare il tiro. Ci sarebbe bisogno di esperienze di stage che accompagnino la formazione docente per capire se si è adatti a salire in cattedra. Mi è capitato di fare il presidente d’esame a quelle che un tempo erano le magistrali e una ragazzini, bravissima, alla fine mi disse, dopo aver fatto esperienza in aula: so che non farò la maestra perché non riesco a entrare in sintonia con i bambini. Cercherò un’altra strada».

Quali sono le caratteristiche che deve avere un buon insegnante?
«Bisogna ricordarsi che hai a che fare con delle persone che stanno crescendo. Vuol dire che da una parte i ragazzi devono imparare i contenuti e dall’altra devono diventare persone. Quando facevo gli open day dicevo sempre ai genitori: ci consegnate dei bambini e noi vi ridaremo dei tecnici con la barba. Ma per creare delle persone bisogna lavorare insieme: scuola e famiglia».

Un rapporto che non è sempre facile.
«Le fragilità delle famiglie si sono acuite in questi ultimi anni. In questi vent’anni di dirigenza ho visto crescere le difficoltà relazionali all’interno delle famiglie e ciò ha una inevitabile ripercussione sui ragazzi. Quando un ragazzo viene a dirti: preside, non posso venire in gita, perché devo assistere mia mamma, perché mio padre è assente, ti senti completamente impotente».

Quali sono le sue priorità, nella sua nuova veste di provveditore?
«È presto, ovviamente, per elencare una serie di azioni che intendo costruire insieme al territorio e ai presidi, ma certo la priorità per me sono i ragazzi, lo sono stati da docente, da preside e ora da dirigente territoriale. Il nostro compito è quello di mettere a punto una serie di strategie che abbiano come finalità gli studenti, dobbiamo accompagnarli nella costruzione della loro personalità e formazione».

Questo come può realizzarsi?
«Vi racconto un aneddoto che per me è simbolo di successo. Ci sono studenti che i presidi conoscono per quello che combinano, studenti che spesso, nella loro irrequietezza, lanciano segnali di un loro disagio. Ecco uno di questi studenti, dopo essere stato bocciato, a distanza di due anni è venuto da me col diploma Ifp di meccanico in mano, dicendomi: grazie! Quel grazie era per l’azione che abbiamo fatto nel riorientare il suo percorso formativo. Questo lo considero un successo educativo».

Dal personale scolastico cremonese che cosa si aspetta?
«La possibilità di dialogare e di costruire insieme. Faccio tesoro della mia esperienza di preside: vado in cerca di collaboratori, di docenti a cui brillino gli occhi, che abbiano passione per quello che fanno, che non guardino l’orologio e che sappiano mettersi in gioco. Questo vale anche per chi opera in Ust, nella consapevolezza di un organico in sofferenza. Per questo cercheremo risorse, nella consapevolezza che le risorse date alla scuola sono risorse che ricadono e arricchiscono l’intero territorio».

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