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LA CITTÀ DELLA MUSICA SOLIDALE

I violini di Faenza riprendono vita grazie alla scuola di liuteria

Nove strumenti della civica Sarti, danneggiati dall’acqua dell’alluvione, restaurati dai maestri cremonesi

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

22 Luglio 2023 - 05:00

CREMONA - Tutto è nato da un video visto in rete in cui violini e violoncelli, pianoforti e viole galleggiavano nell’acqua che si è portata via buona parte della scuola civica Sarti di Faenza. «Quelle immagini ci hanno colpito e abbiamo pensato subito di dover fare qualcosa — raccontano Daniele Pitturelli, preside dell’istituto Stradivari e Angelo Sperzaga, responsabile dell’indirizzo di liuteria —. Ci è parso naturale contattare i responsabili della scuola e metterci a disposizione per recuperare gli strumenti, quelli recuperabili, danneggiati dall’acqua dell’alluvione».


Detto, fatto e così, dopo aver preso accordi con Donato D’Antonio, coordinatore artistico della scuola civica Sarti e Paolo Zinzani, docente di violino, Pitturelli e Sperzaga sono andati a Faenza per rendersi conto di persona delle condizioni degli strumenti e individuare quelli da curare. «La scuola, ricavata in un convento nei pressi delle mura cittadine, è stata travolta dalle acque che hanno invaso il pian terreno. La furia è stata tale che non è stato possibile mettere in sicurezza gli strumenti — racconta Pitturelli di ritorno dalla città più colpita dall’alluvione —. Insieme a Zinzani abbiamo analizzato gli strumenti ad arco su cui costruire progetti di intervento, restauro, messa a punto per renderli ancora utilizzabili. Tavola o fondo si sono spesso scollati, l’acqua e il fango hanno reso irriconoscibili i violini e trasformato i violoncelli in scatole aperte e piegate dalla forza dell’onda di piena. Una prima pulitura è stata fatta, ma per riportare gli strumenti alla loro funzione c’è bisogno delle sapienti mani dei liutai».

Paolo Zinzani della scuola civica di musica Sarti di Faenza insieme ad Angelo Sperzaga e Daniele Pitturelli della scuola internazionale di liuteria analizzano gli strumenti ad arco alluvionati


Nella città di Stradivari tutto ciò rappresenta una sorta di imperativo categorico che è impossibile non ascoltare: «Non potevamo stare con le mani in mano e abbiamo deciso di partire e di agire, non senza aver informato il provveditore Filomena Bianco che ha da subito appoggiato l’iniziativa e l’assessore alla cultura Luca Burgazzi perché a dialogare saranno e sono anche le due amministrazioni comunali — prosegue —. Sono in tutto nove gli strumenti di cui si prenderanno cura i maestri liutai cremonesi e i loro studenti: due violini, una viola, tre violoncelli e tre contrabbassi».

In un atto ufficiale firmato dalla dirigente del settore cultura del Comune di Faenza, Benedetta Diamanti e dal preside Pitturelli si formalizza l’affidamento degli strumenti alle cure degli eredi del grande liutaio cremonese e della scuola che ha rilanciato la liuteria nella seconda metà del secolo scorso. E a proposito di storia fra gli strumenti bisognosi di cure c’è anche un violino firmato da Rodolfo Tramonti, violino del 1927 «completamente smontato, a differenza degli altri strumenti più recenti — prosegue —. Il motivo è legato alle colle naturali che univano i diversi pezzi del violino, colle sciolte dall’acqua, cosa che non è successa in maniera così importante per le colle sintetiche. Per il violino Tramonti metteremo a punto un progetto ad hoc con la Sovrintendenza e curato dai maestri liutai Alessandro Voltini e Luca Baratto che hanno titolo per operare su strumenti storici».

Il violino di Rodolfo Tramonti del 1927 completamente distrutto


Corre avanti, Daniele Pitturelli e già immagina il concerto in cui i nove strumenti di Faenza torneranno a far sentire la loro voce, ma non nasconde: «Sarà un percorso lungo che vedrà collaborare docenti e allievi, un’occasione didattica e di solidarietà culturale per la comunità di Faenza ferita dalla forza delle acque — commenta —. Il nostro apporto è totalmente volontario e gratuito, un aspetto questo condiviso con i docenti». La comunità dei liutai e dei musicisti non poteva rimanere insensibile a quegli strumenti infangati e galleggianti. Ed è anche questa sensibilità che rende veramente tangibile la forza di quel saper fare liutario che l’Unesco ha considerato patrimonio immateriale dell’umanità che sa donarsi agli altri ed essere solidale.

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