L'ANALISI
05 Giugno 2024 - 14:59
PIEVE SAN GIACOMO - Quando dice a sua moglie Maria Carla che prende la motocicletta e va a fare un giro, di solito rientra dopo un paio di settimane (se non di più), «perché lei sa già ormai che io vado e vengo».
Marco Ghizzini non è uno che se la prende comoda sulle due ruote, semplicemente quando saluta la famiglia, vuol dire che sta partendo per seguire le corse ciclistiche dei professionisti e per almeno dieci mesi all’anno si gode un giro d’Italia del tutto personale.
Originario di Pomponesco, ma residente a Pieve San Giacomo dove vive con la moglie e due figli, Ghizzini fa parte dei Delta Bikes, un gruppo di motociclisti specializzati che collabora con gli organizzatori delle principali corse che si svolgono sul suolo della Penisola. «Non sono mai a casa, sono sempre in movimento».
Attenzione però, non pensate subito alle motociclette che portano a bordo il cameraman che effettua le riprese e stringe l’immagine sui volti affaticati dei corridori in testa al gruppo.
«Il mio è un lavoro — tiene a ribadire Ghizzini — che comporta qualche rischio, ma anche tante responsabilità. Quando lascio casa so che non vado a godermi una gita in sella alla moto, non è una passeggiata. Non è il mio primo lavoro, ma sono comunque sempre in viaggio. Il mio lavoro principale è consegnare la spesa a domicilio per un gruppo di supermercati, poi c’è la mia passione che è quella del ciclismo e della motocicletta».
La moto è fornita dal gruppo «insieme a tutto quello che serve: interfono per comunicare con gli altri membri del gruppo, casco, abbigliamento adeguato, perché durante una corsa trovi sole, vento, pioggia, neve, caldo e freddo».
Ma in che cosa consiste il lavoro di Ghizzini. Di che cosa vi occupate?
«Noi siamo di supporto alla gara e ai ciclisti. Ogni motociclista ha un compito specifico. Ci sono gli ispettori che precedono la carovana della corsa perché devono bloccare la strada da eventuali invasioni, segnalare la presenza di marciapiedi, tombini e altri potenziali pericoli per i ciclisti. Ci sono poi i moto regolatori uno davanti al gruppo, uno che segue la fuga e uno in fondo alla carovana che controlla le ammiraglie. Ci sono le moto giurie che portano a bordo i giudici di gara, quindi le moto lavagne: come accade nelle gare di moto o di Formula 1 sostanzialmente comunichiamo ai corridori i distacchi in caso di fuga sia a chi sta in testa, sia al gruppo degli inseguitori. Con noi corrono anche le moto radio, la vera anima della corsa, specialmente durante il Giro d’Italia perché comunica tutto e racconta ai ciclisti quello che sta succedendo».
Come si entra in questo gruppo di biker speciali?
«Da piccolo ho cominciato a correre in bicicletta. Tra i 23 e i 24 anni ho capito che non sarei mai arrivato tra i primi e quindi ho smesso. Non avevo il talento per sfondare, però aveva la passione della moto. È stato un mio amico a chiedermi di provare a fare da scorta alle corse amatoriali. Ho cominciato così: moto e biciclette insieme, io in sella alla prima. Un giorno Vito Mulazzani, “storico” motociclista delle corse rosa di Rcs Sport e responsabile dei motociclisti del Giro d’Italia con almeno 50 partecipazioni alla Milano-Sanremo, mi ha notato e mi ha fatto entrare nel gruppo motociclisti della Gazzetta dello Sport. Da qualche tempo abbiamo formato il gruppo Delta Bikes che collabora con la rosea per il Giro d’Italia. Siamo una trentina di motociclisti tra ispettori, regolatori e altro. Il nostro calendario non si limita al Giro, seguiamo anche le tappe italiane del Tour de France, ma anche le classiche».
Al Giro 2024 di che cosa si è occupato?
«Ho fatto parte della moto giuria ma anche l’ispettore: a giorni alterni cambia solamente la posizione lungo la corsa. Per diventare scorta tecnica occorre conseguire un’abilitazione presso il compartimento della polizia stradale. L’abilitazione infatti conferisce l’autorità di fermare i veicoli in transito. Non è stato facile all’inizio perché venivo dalle corse piccole e amatoriali. Con i professionisti è come ritrovarsi in Formula 1: ritmi alti e velocità elevate. A volte con la moto credi di aver preso un discreto vantaggio, ma appena ti giri il ciclista è già in scia. Quindi servono tempismo e occhio».
Ognuno occupa la strada come vuole?
«No, assolutamente. C’è un ordine da rispettare rigoroso. Le scorte tecniche viaggiano a sinistra della carovana, il servizio fotografi a destra e ognuno ha i suoi tempi da rispettare».
A volte capita di assistere a inconvenienti particolari che ostacolano un ciclista o creano problemi al gruppo.
«Mi sono capitati in passato episodi particolari: una volta ho incontrato un cavallo lungo il percorso, ho dovuto scendere dalla sella e allontanarlo e tutto in poco tempo. La destrezza è fondamentale».
Assiste solo corse in Italia?
«No, siamo impegnati anche al Giro del Dubai e ad Abu Dhabi. Ho fatto la scorta al Giro d’Italia, in Dubai e ad Abu Dabhi, quindi la Milano-Sanremo, le tappe italiane del Tour de France, le Strade bianche, il Giro di Sicilia, la Tirreno-Adriatico, la Milano-Torino e il Giro di Lombardia. A febbraio comincia la stagione che dura fino a ottobre. A novembre e dicembre lavoro normalmente».
Un calendario impegnativo.
«Oggi sì, fin troppo. Quando ho cominciato c’erano poche corse, poi col passare degli anni il calendario ha moltiplicato i nostri impegni. Eravamo in 8 a fare la scorta, oggi siamo una trentina. Ho la fortuna di riuscire a conciliare il lavoro di autista per il supermercato con l’attività di scorta tecnica».
Dalle foto si nota che il Delta Bikes è formato da persone mature.
«Per un giovane è dura restare impegnato tutto il week end. Un ragazzo che possiede una moto quando splende il sole preferisce farsi un giro in collina e sentire i cavalli sotto la sella. La scorta tecnica impone il rispetto degli impegni e la consapevolezza che si guida una moto anche con neve e pioggia, oppure affrontare condizioni meteo variabili durante la stessa corsa».
Quanti chilometri ha già percorso?
«A spanne migliaia. Direi almeno 40mila. Ma la conduzione della moto è solo la parte che si può vedere in televisione. Prima che inizi una tappa noi siamo incaricati anche di parcheggiare i pullman delle squadre. Ci occupiamo anche del parcheggio, perché i mezzi devono seguire un certo ordine e una certa disposizione».
Un contatto diretto con i ciclisti.
«Sì, li conosciamo prima, durante e dopo la corsa. Il più elegante e il più riservato è senz’altro Geraint Thomas. Tadej Pogacar è gentilissimo, ti saluta, ti allunga la mano, non è schivo. Ho alcuni amici tra gli italiani, in particolare Mirco Maestri che è nato a Guastalla e sta a Luzzara, uno della mia terra. Una volta era in fuga con Julian Alaphilippe, l’ho affiancato e gli ho dato informazioni sulla distanza che mancava al traguardo. Con i ciclisti parliamo spesso durante la corsa, forniamo informazioni tecniche ma tra una cosa e l’altra ci scappa anche la battuta. Almeno fino a quando la corsa è ancora tranquilla, perché quando mancano pochi chilometri all’arrivo la loro concentrazione è tale che non ascoltano».
A livello giovanile Cremona tradizionalmente ha sempre offerto corse prestigiose.
«A Cremona ho fatto da scorta al Circuito del Porto, alla Dondeo e altre corse. In questi casi sette, al massimo otto moto, sono più che sufficienti».
Smetterà un giorno di andare in moto?
«Ho ancora tanta voglia di viaggiare e seguire le corse. Perché comunque si crea un legame fra i membri del gruppo. Qualche volta mia moglie è venuta a trovarmi per starmi vicino».
Quali sono le tappe più suggestive a livello paesaggistico che affronta più volentieri?
«Sicuramente rivedo sempre volentieri sia Dubai che Abu Dhabi perché molto particolari. È suggestivo anche il fatto che la corsa si concluda sul circuito. Però l’Italia resta il top: io sono di Pomponesco e quando il Giro passa nel Mantovano per me è sempre un’emozione».
C’è mai stato un anno particolarmente impegnativo nel restare tanto lontano da casa?
«Per gran parte dell’anno non sono mai a casa, sono sempre in movimento. L’anno più impegnativo e difficile è stato quando dovevo partire per il Giro d’Italia con la tappa in Sardegna mentre a casa sapevo che mio suocero non stava bene. Ero preoccupato anche per Maria Carla. Mi chiamavano da casa tutti i giorni per rassicurarmi. È stato un mese difficile e ricco di preoccupazione fino la giorno in cui fu mio suocero stesso a chiamare per dirmi ‘finisci quello che devi fare perché io ti aspetto, non ti preoccupare’. Un anno pesante».
Il prossimo impegno?
«Domenica 9 giugno scatta il Giro d’Italia Next Gen e la quinta tappa mi porterà a Cremona».
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