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SERIE A. POLPACCI & NUVOLE

Cremonese. Quella gelida ‘manita’ in faccia allo Zini

Finché il cuore ce l’ha fatta la Cremo è stata brava a rimandare così a lungo la sentenza che da mesi le svolazzava intorno come gli avvoltoi che aspettano con pazienza che l’uomo perso nel deserto con la borraccia vuota diventi la loro merenda

21 Maggio 2023 - 08:58

Cremonese. Una gelida ‘manita’ in faccia allo Zini

Meitè in possesso palla contro il Bologna

CREMONA - Eppure la Cremo è stata brava. No non ieri, ieri non c’era più, non aveva più niente da dare e da dire, e lo si era capito già a Torino che ormai era azzerata annullata svuotata disossata svaligiata dall’esaurimento della convinzione di potersela ancora giocare. Ieri il Bologna ha ballato da solo, e nemmeno l’orgoglio di Daniel Ciofani ha potuto riscaldare la gelida manita che ha umiliato e offeso lo Zini. Però finché il cuore ce l’ha fatta la Cremo è stata brava a rimandare così a lungo la sentenza che da mesi le svolazzava intorno come gli avvoltoi che aspettano con pazienza che l’uomo perso nel deserto con la borraccia vuota diventi la loro merenda. Non l’avrei detta capace di spesso mimetizzare a volte minimizzare e una volta o due neutralizzare le sue magagne, di prendere coloriti così minacciosi come quelli con cui certi pesciolini riescono a volte a dissuadere i predatori. Fino a farci dire dei chissà, dei mannaggia, degli eppure, degli stai a vedere che, a dondolarci ancora un bel po’ sull’altalena di illusioni delusioni esultanze rabbie, un’altalena che logica avrebbe voluta da un pezzo ferma spenta triste come una giostra senza bambini. A regalarci un bel po’ di stagione, di una stagione che date le premesse secondo logica non doveva nemmeno esistere.

Questa squadra ha dovuto aspettare diciotto partite prima di avere la grazia di un allenatore che non le giocasse contro, che prendesse scelte almeno mirate (vabbé, nemmeno lui con mira sempre da cecchino) ad arginare la pressione dei suoi molti difetti e valorizzare i suoi non molti pregi, che le desse coraggio e non alta tensione, che le desse ordini chiari e quasi sempre sensati. Io che per carità capisco niente pensa che non ho mai letto la biografia di Guardiola a dirla schietta mi aspettavo che la retrocessione aritmetica arrivasse al massimo in marzo e invece siamo quasi a fine maggio e pensa un po’ intanto che scrivo non è ancora ufficiale. Arriva, ovvio che arriva, ma se per qualche mese in più siamo stati sul serio una delle venti squadre di serie A e non un clandestino a bordo costretto a mangiare topi crudi nelle stive, se non fosse un titolo reso infame da chi l’ha inventato io direi che è stato un piccolo grande trionfo della volontà.

Grande perché la sfida era schiacciante e ci ha messo mesi per schiacciarci, piccolo perché non ha retto fino in fondo. Non poteva. Far finta di essere sani (scusi Gaber) non è mica facile quando già sei il più malaticcio della compagnia e invece di farti visitare da uno bravo ti mandano da uno che si è laureato con l’allegro chirurgo. Per non parlare dei rinforzi, che sei assediato dagli indiani che ti vogliono fare lo scalpo e senti da lontano la tromba del settimo cavalleggeri arrivano i nostri e invece arriva una combriccola di gente che non distingue un fucile da una cerbottana e se gli indiani il tuo scalpo se lo devono sudare è merito solo o quasi di quelli che c’erano già prima delle cosiddette campagne acquisti (due, una sbagliata in pieno e una peggio).

E non tiriamo in ballo gli arbitri perché un arbitraggio che va di traverso come quello di Dov’eri può capitare, se sei in condizioni normali tiri un accidente e tiri avanti, se sei davanti al plotone d’esecuzione ti tocca sperare che i fucili si inceppino tutti in una volta, con i migliori auguri. E lasciamo perdere la scalogna perché allora come chiami aver ritrovato Carnesecchi, rimedio (vabbè, al netto dell’uscita a cavolaie di ieri) del tutto fortuito all’aver sbagliato anche il portiere. E insomma a parte qualche difensore passabile e la buona volontà di quasi tutti, la baracca finché è stato possibile l’hanno puntellata quelli che c’erano già in B e che in teoria avrebbero dovuto fare da coristi alla presunta gente ‘di categoria’ di cui si è atteso invano l’arrivo.

Di ieri, poi, cosa vuoi che ti racconti. Potrei dire che la Cremo di Ballardini era incominciata col Bologna (1-1 al Dall’Ara) e col Bologna è finito, anche se come dicevo già a Torino una settimana fa la Cremo aveva dato chiari segnali di non averne più. E anche stavolta squadra con la faccia di cera e le orecchie basse prima ancora che incominciassero a piovere pietre, prima della mezzora non so chi già chiedeva se qualcuno per caso aveva portato le carte da briscola, il Bologna senza scomporsi era avanti di due e lasciava giocare la Cremo come il gatto che si diverte solo se la lucertola già in parte masticata si agita ancora un po’, Casta e Valeri armavano Okereke che di testa evitava di dare fastidi al portiere platinato del Bologna, Carnesecchi rimandava un paio di volte il terzo gol salvo partecipare alla sua confezione con un’uscita a cavolaie.
Il Balla mandava Ciofani a metterci la faccia e Buonaiuto a metterci un piede, al Cristian Valeri (l’arbitro) provava a regalargli un rigore ma il var diceva di no, la Cremo ascoltava l’orgoglio che la spingeva allo sbaraglio invece del buon senso che suggeriva di risparmiarsi la goleada, e anche l’ultimo argine cedeva.

In mezzo fra i due comodi gol rossoblù in controfuga la Cremo infilava il personalissimo omaggio dello Zini al Casta (dentro Quagliata) e lo svenimento di Okereke a un metro dalla porta vuota (tiro di Buonaiuto deviato a Skorupski), Orsolini già ammonito ci metteva la sventatezza con cui riusciva a farsi cacciare. Si vede che Valeri (sempre l’arbitro) beato lui si divertiva perché faceva giocare anche il recupero, che Ciofani usava per infilare la botta dell’uno a cinque. Giusto che l’ultimo applauso toccasse a uno di quelli che non meritano di essere sepolti da un’amara risata.

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