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CALCIO: IL PERSONAGGIO

Prandelli: «Forza Gianluca. Antonio è come un fratello»

L’ex ct dell’Italia parla degli amici cremonesi Vialli e Cabrini. Orceano con il cuore rivolto a Cremona e a Soncino per Luciano Zanchini: «Lascia un vuoto incolmabile»

Andrea Niccolò Arco

Email:

andreaarco23@gmail.com

03 Gennaio 2023 - 08:00

Prandelli: «Forza Gianluca. Antonio è come un fratello»

L’orceano Cesare Prandelli, ex ct azzurro, tra i banchi della chiesa per salutare l’amico Luciano Zanchini

SONCINO - La chiesa di San Giacomo a Soncino troneggia sulla piazza principale, fra i bar e i portici del municipio. Praticamente è un palco. Lui, Cesare Prandelli, orceano cresciuto nella gemella piazza Vittorio a soli tre chilometri oltre l’Oglio, la conosce da una vita. Lo sa. E, non a caso, con la delicatezza che si addice a chi ha spessore umano e professionale, è tra i primi a sedersi fra i banchi ancora vuoti. Prima che arrivi il corteo, lontano dai riflettori. D’altronde è per lui un giorno di intima sofferenza. Ha perso un amico fraterno, il «suo» Luciano. Perché Zanchini era un faro, prima che un collega. E ancora non se ne capacita. Fuori i suoi compagni di vita e d’avventura da Cremona, da Brescia, da Torino, da Venezia. Ma lui si concede, defilato e solo dopo espressa garanzia di riservatezza, a poche, fugaci domande sul sagrato.

Chi se ne è andato, chi viene ricordato e chi lotta. Qual è il messaggio di Cesare Prandelli per l’amico Vialli?
«Gianluca ha dimostrato a tutti di non aver paura della avversità, di non aver timore di affrontare situazioni particolarmente impegnative. Persone come lui, in grado di essere tanto forti nella vita come a livello mediatico mandano un messaggio a tutti. Lui è un esempio per tanti, per tantissimi di noi».

Cesare Prandelli con Gianluca Vialli. Sotto, l'ex Ct della Nazionale tra il Cavaliere Giovanni Arvedi e Antonio Cabrini

«Antonio Cabrini, Cabro il sovrano della fascia sinistra», la biografia fotografica realizzata da Matteo Bonetti sulla carriera del suo compagno di squadra ai tempi delle giovanili con la Cremonese sta spopolando. Racconta fedelmente la vostra relazione?
«Anch’io ho saputo del libro. E sì, infatti lo apprezzo. Sono cresciuto con Antonio. Lo conosco da quando ho quattordici anni ed è come un fratello da oltre cinquanta. L’amicizia è una forma di amore che non finisce mai e con Cabro s’è consolidata, è cresciuta rinforzandosi sempre di più».

Parole di speranza e coraggio nel giorno più difficile. Chi era Luciano Zanchini? Come è giusto ricordarlo?
«Da un punto di vista umano è stato un fratello, è stato un padre, è stato un amico. Mi manca oggi e mi mancherà sempre più, in maniera esponenziale. Ci frequentavamo, specialmente nell’ultimo periodo, giornalmente. La notizia mi ha sconvolto. Tuttora fatico a capire se è realmente successo o meno. Un trauma che fa riflettere su tante cose. Voglio ricordarlo con le sue battute, il suo modo di vedere la vita. Con lui volevo scrivere un libro sulla sua esperienza unica. Professionalmente lascia un vuoto incolmabile. Molti allenatori hanno riflettuto sulle sue considerazioni e sulle sue lezioni di tattica».

La stretta di mano vigorosa ma veloce, la testa china e la mascherina che si rialza. Sfugge agli obiettivi e rientra. Il cenno ai parenti, poi prende posto lontano dagli scranni in vista. Non è la sua giornata e non è la sua ultima partita. Da bordocampo può solo salutare, un’ultima volta, il grande protagonista.

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