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Coronavirus, Gandolfi: 'Sport, meno soldi e più idee per ripartire davvero'

Il cremonese esperto di marketing: 'Difficile rivedere il pubblico sugli spalti, bisogna coinvolgere i tifosi in altri modi e occorre cambiare punto di vista'

Fabrizio Barbieri

Email:

fpavesi@cremonaonline.it

20 Aprile 2020 - 19:34

Coronavirus, Gandolfi: 'Sport, meno soldi e più idee per ripartire davvero'

CREMONA (20 aprile 2020) - Come uscirà lo sport da questa situazione? Difficile dirlo. L’esperto cremonese di marketing, Giorgio Gandolfi, prova a dare una chiave di lettura dopo un confronto video con un gruppo di top manager americani.

Il Coronavirus sta distruggendo tutto.
«Anche lo sport cambierà radicalmente. Il Coronavirus sta bloccando il 70-80% delle attività economiche in tutto il mondo: in breve sarà una recessione. Lo sport non sarà un’isola felice e la recessione influenzerà ogni suo aspetto. Sport significa partite e campionati, significa sponsor - preferisco di gran lunga la parola partner-, significa tifosi - li chiamo clienti, perché pagano per usufruire di quello che lo sport offre loro -, significa media, soprattutto tv e diritti digitali. La recessione mondiale (e non sappiamo quando finirà) sarà come una cascata che farà precipitare tutti i componenti dello sport, nessuno escluso. I partner non avranno gli stessi budget da investire, i fan/clienti meno possibilità economiche per acquistare biglietti e abbonamenti, i giocatori saranno obbligati a ridurre i loro stipendi e le televisioni meno risorse per acquisire i diritti di trasmissione. Le reti televisive di tre importanti campionati professionistici americani, Nba, Nhl e Mlb, perderanno circa 1 miliardo di dollari in pubblicità negli ultimi tre mesi, da marzo a maggio, a causa del blocco della stagione. In breve, significa che le leghe e i club avranno meno soldi per gestire le loro attività».

Come se ne esce?
«Non voglio essere un visionario tragico, è meglio essere pronti allo scenario peggiore, ma, allo stesso tempo, voglio vedere il bicchiere mezzo pieno. La recessione porterà una nuova visione dello sport e un nuovo modo di gestire tutti i componenti. Penso che diversi club, ad ogni livello, scompariranno e solo i club più ricchi e quelli che sono stati attenti al budget, saranno in campo in futuro. Ciò significa anche che, più che mai, tutti i club dovrebbero lavorare insieme e non solo prendersi cura del proprio orticello. Se i club ricchi non lavoreranno a stretto contatto anche con i club con meno risorse, c’è il rischio che i campionati possano essere disputati solo con 8-10 squadre. Quindi, sono totalmente convinto che la parola chiave nello sport, ma anche nella vita, debba essere partnership».

Marketing e partner?
«Un nuovo modo di intendere il marketing è assolutamente essenziale e tutto dovrebbe essere focalizzato sui rapporti con gli sponsor, più che mai ora partner. I club dovrebbero pensare fuori dagli schemi, trovare soluzioni pratiche ed innovative».

Aria di grandi tagli.
«Innanzitutto, il futuro dei campionati e dei club si baserà sulla riduzione delle loro richieste economiche e sulla concessione di maggiori vantaggi ai partner. Ciò significa creare una partnership in cui entrambe le entità si prendono cura l’una dell’altra. In secondo luogo, penso che i campionati e le società debbano assolutamente includere in queste partnership i tifosi, che io chiamo clienti, perché lo sport è un prodotto, anche se un prodotto immateriale, basato su emozioni ed esperienze, ma comunque un prodotto, da vendere ai potenziali clienti. In futuro, il customer care, cioè l’attenzione al cliente, dovrebbe essere alla base delle strategie di ogni azienda in ogni campo. Vorrei anche spendere alcune parole su un nuovo modo di intendere gli uffici marketing dei club. A parte le squadre professionistiche statunitensi ed in altri campionati, come la Premier League, la Liga spagnola e pochissimi club, in molti altri club di diversi sport, il marketing è visto alla vecchia maniera: pochissimi addetti (spesso, una o due persone), così come più volte persone con zero o poca esperienza di marketing. Pertanto, penso che il reparto marketing e vendite, soprattutto in questi tempi difficili e di recessione, dovrebbe essere altamente implementato. Vuoi avere più risorse da nuovi partner? Investi sul marketing, assumi più persone per il marketing, istruiscile, ricompensale, falle sentire parte del progetto. Oltre a pensare fuori dagli schemi, ho sempre seguito anche il motto del mio guru, ed in seguito amico, prof. William Sutton, ex vicepresidente dell’Nba e uno dei migliori sport marketer al mondo, cioè: ‘Why not’, significa perché non provare nuove strade e questa dovrebbe essere la linea guida delle leghe e dei club in futuro. Ciò non significa essere stravaganti, ma trovare modi nuovi di trattare i partner ed i clienti».

Spieghi il concetto di clienti.
«I club devono lavorare in modo tale affinché i clienti si sentano veramente parte della lega e del club. Quindi devono completamente rimodellare il modo in cui avvicinarsi ai clienti per creare un valore per loro. Le persone avranno meno soldi da spendere per lo sport e i club dovranno ridurre i prezzi dei biglietti e degli abbonamenti (quando i campi da gioco saranno accessibili), ma devono essere pronti a dare loro più benefici. In breve, chiedere meno e dare di più. Un grosso problema per il club sarà come disinfettare i luoghi d’allenamento, e, soprattutto, i campi da gioco quando saranno aperti al pubblico, e queste spese devono essere messe nel bilancio della prossima stagione (forse non solo una). Inoltre, se e quando si giocherà nuovamente di fronte ad un pubblico, vorresti avere più clienti? Credo si dovranno contattarli direttamente e non aspettare di essere chiamati da loro, creando anche diverse ipotesi di pacchetti di biglietti e di abbonamenti, dando loro più vantaggi, naturalmente non agli stessi costi di prima della crisi del Coronavirus».

Poi la questioni immagini tv.
«Le leghe e i club dovrebbero iniziare a condividere con partner e clienti video dietro le quinte di allenatori, giocatori, dirigenti, personale, parlando di hobby, playlist, di cibi preferiti e qualsiasi altro aspetto di un persona normale, per ridurre la distanza tra gli sportivi intoccabili ed i clienti, creando un contatto diretto con loro. Penso anche che un’app gratuita con anche quiz a premi, giochi, sondaggi, con il coinvolgimento dei partner, possa costituire un altro modo per costruire partnership, oltre a migliorare le entrate del club».

Riapriranno i palazzetti?
«Penso che rimarrà un sogno per diverse settimane, se non per mesi, avere la possibilità di guardare dal vivo una partita o un evento sportivo, quindi le leghe e i club devono essere pronti ad affrontare questa situazione. Numerosi campionati in tutto il mondo, come in Italia, sono più focalizzati su come terminare la stagione, ma ritengo che sia un errore. Dimentichiamo la stagione 2019-2020. Penso che sia sbagliato pensare di finire la stagione, forse a luglio o agosto e poi ricominciare la nuova stagione poche settimane dopo. Penso che sia una perdita di tempo e fatica, quindi leghe e club dovrebbero concentrarsi proprio ora a pensare come affrontare e risolvere i problemi con giocatori, staff, partner, clienti, campi di gioco e, soprattutto, sanità pubblica, con un piano A, un piano B e, nel peggiore dei casi, piano C. Di nuovo, essere proattivi. I club di ogni sport, dai livelli più alti a quelli più bassi, dovrebbero iniziare ora a pensare al loro futuro e non a settembre o ottobre. Soprattutto, penso che ai livelli più bassi, così come i club di livello giovanile, debbano fondersi, in modo da poter riunire le forze, le risorse economiche ed umane. Purtroppo molte piccole entità scompariranno a causa di tutti questi enormi problemi economici e sanitari. Infine, penso che le federazioni dovranno necessariamente rivedere i parametri economici, come affiliazioni, tasse gara, che pesano da tempo sui bilanci delle società di ogni livello».

Serve dimenticare tutto quello che c’è stato?
«Il mondo sta cambiando radicalmente e lo sport deve assolutamente rendersene conto e deve cambiare, lo deve fare ora. Come diceva un docente e consulente gestionale americano William Edwards Deming: ‘Non è affatto necessario cambiare! La sopravvivenza non è obbligatoria!’».

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