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Tre sorsi di calcio barbera

Vieni avanti, aretino. E Palermo in edizione straordinaria

Giovanni Ratti

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lromani@laprovinciadicremona.it

30 Novembre 2014 - 11:08

Tre sorsi di calcio barbera

l calcio champagne non ce lo possiamo permettere, ma a noi in fondo per scacciare la malinconia bastano...

La seconda lettera di Giampaolo ai cremonesi dà una discreta pompatina al morale a terra dei fedeli ancora praticanti nonostante tutto. La prima ci aveva parlato, con la schiettezza un po’ brutale e parecchio apocalittica dei profeti, dell’inferno che ci aspettava se avessimo perseverato sulla via della perdizione calcistica. La seconda ci fa vedere l’altra faccia dell’ancora possibile futuro, quella che senza garantirci paradisi e laute ricompense nel caso le buone azioni strappino la maggioranza ai peccati di piede, però ci sussurra che potremmo perfino smettere di andare in giro per le cartolerie alla ricerca di un calendario 2015 senza venerdì sabati, domeniche e lunedì, insomma senza i giorni in cui ci potrebbe toccare quell’appuntamento con la gogna chiamato partita.

Niente resurrezioni per favore, non può bastare una vittoria non del tutto di contrabbando ma bisognosa di abbondanti verifiche per farci strillare che gli undici lazzaroni di Pavia sono diventati undici Lazzari; però scusate il ritardo ma almeno il settimo giorno siamo usciti dal sarcofago senza avere i canini vistosamente più sviluppati del normale, ma la voglia di morsicare il primo che capita quella sì. L’impressione è che i sette giorni dal Fortunati (gli assenti) al ritorno allo Zini non siano passati invano. Non so se nello spogliatoio Giampaolo preferisca strigliare (maledetti, vi allenerò) o persuadere (l’uomo che sussurrava ai terzini); in partita non è teatrale, dirige la sua orchestra con asciutto rigore. Ogni tanto sembra dettare le sue impressioni a qualcuno in panchina, non censura ma corregge.

Tutto quello che precede e quasi tutto quello che seguirà sarebbe suonato come pura fantascienza se scritto (e figuriamoci letto) dopo i primi dieci minuti di partita: una Cremo ancora incapsulata nel rifiuto di se stessa in cui l’aveva cacciata la controprestazione di Pavia non riusciva a mettere il naso nella partita, l’Arezzo affondava golosamente le dita nella marmellata grigiorossa. Dopo un’occasione e mezza contro niente, i toscani già guardavano l’area grigiorossa come un lupo guarda un pollaio con la porticina aperta. Quello che è successo è storia vecchia come il pallone, angolo per loro (di per sè non la cosa più rassicurante per noi, visti i freschi precedenti) e uno a zero, ma per noi. Quella degli aretini verso Galli più che una pressione è sembrata una migrazione di massa, dietro hanno lasciato giusto il portiere, come se avessero un accordo con qualcuno che conta che in caso di contropiede sui malcapitati cremonesi si sarebbero richiuse le acque del Mar Rosso come sulle bighe del Faraone. Ma qualcosa non ha funzionato nel contratto fra gli aretini e i loro dei, Galli ha respinto il cross dall’angolo e le acque non si sono richiuse su Kirilov che è filato via, ha fissato i due difensori rinvenuti su di lui e ha aperto con geometrico tempismo per Palermo, il cui tiro/o/cross ha trovato la volée scivolata di Brighenti. Visto dalla nostra parte: un contropiede coi controfiocchi. Visto dalla loro: vieni avanti, aretino.

L’Arezzo ha avuto difficoltà di digestione del gol, come un pitone che invece di un topolino ha mandato giù per sbaglio un tondino di ferro. La Cremo ha colto l’occasione per dimostrarsi parecchio più vispa della sua media stagionale, certo più agile svelta mobile degli avversari e anche delle attese della gente di poca fede (incluso chi scrive). Si difendeva tutti (Kirilov compreso, la gente ha notato e apprezzato), si attaccava con bel movimento senza palla, anche se la stessa improvvisa ricchezza di alternative ha spesso indotto a scelte diverse dalle migliori, e così sono appassiti parecchi contropiede suggestivi. Palomeque è da inventare in fase difensiva ma arricchisce le soluzioni e complica i conti avversari, Alemarchi è tornato l’incursore allo stato brado che avevamo perso di vista da agosto, anche se la sua libertà tattica non è stata sfruttata fino in fondo dai compagni; Brighenti ha giocato la partita più coinvolta dell’anno. Kirilov ha finito per essere visto dagli avversari come una finocchiona vede l’affettatrice, Di Francesco da gingillo di dubbia utilità sta diventando una delle variabili rompicapo per gli avversari, come succede quando hai comprato un aggeggio che non capivi come funziona, poi ti accorgi che l’avevi montato al contrario. Jadid ha limitato i sequestri di palla, ha segnato un gol che forse non racconterà ai nipotini (se lo racconterà, suggerisco di sorvolare sul trascurabile dettaglio di cosa ha combinato il portiere) ma è stato decisivo per la giornata e forse perfino più in là. Se userà i propri piedi ma un po’ anche la testa dell’allenatore, ha un futuro da uomo che conta per questa squadra. Favalli più alacre che incisivo, ma adesso Pavia è dimenticata. E Palermo? Soliti palloni recuperati, insoliti palloni giocati alla svelta e a volte anche bene, insolitissimo assist, inedito gol. Serve altro?

Detto di Galli, senza parate ma ottimo e abbondante in uscita, resterebbe da parlare della difesa, che ha regalato il gol a Erpen e ha provato due volte a rianimare la partita nel finale. Ma opportunamente lo spazio è finito, un po’ come quella volta che stava a te essere interrogato e il giorno prima eri andato a vedere l’ultimo James Bond invece di studiare, ma è suonata la campanella.

Quanto a noi, te lo ricordi Gaber? Non ci possiamo permettere il calcio champagne, ma a noi per scacciare la malinconia bastano tre sorsi di calcio barbera.

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