L'ANALISI
27 Ottobre 2014 - 12:08
Alessandro e Mattia Marchi affrontano Varano
La Cremo si rimette alla clemenza della sorte, e questa volta le va dritta
L’importante in certi casi è uscirne vivi. Il che è stato tutt’altro che scontato fino a quell’ultimo pallone pinzato da Galli, nove minuti buoni dopo che era passato il novantesimo. Ma forse ci voleva un’altra partita extralarge per contenere tutte le svolte rivolte giravolte di una vicenda che se la guardi come partita di pallone le fai torto marcio e immeritato perchè allora ti tocca dirne male; ma sbaglieresti perchè quella vista allo Zini è una cosa che si è stufata dopo mezz’oretta di provare inutilmente a fare la partita di calcio, e allora si è data allo psicodramma, e in questa veste c’è da dire che non si è fatta togliere gli occhi di dosso fino all’ultimo. Ora, chi scrive resta in attesa di una squadra che sappia vivere meno pericolosamente le sue partite, che sia più equilibrata e meno bisognosa di effetto (speciale).
Ma riconosco che se sei disposto a perdonare alla partita di essere un po’ sgangherata purchè sia anche parecchio ‘pulp’, ieri ti saresti divertito allo Zini. La Cremo ne esce viva più o meno come immagino si possa uscire vivi da un torneo di roulette russa, che ti sei puntato la rivoltella alla tempia almeno due volte e tutt’e due il grilletto ha fatto clic come un innocuo tagliaunghie. E allora la Cremo (cui qui si attribuisce un’identità collettiva che forse - forse - ha iniziato a raggiungere ieri verso le cinque del pomeriggio) si è detta che i miracoli quando succedono non vanno sprecati, e quando si ripetono vanno in qualche modo meritati. E allora la Cremo il paio di eventi prodigiosi che le erano capitati ha provato a meritarseli come poteva, con una magari scomposta, di certo calcisticamente eccepibilissima, ma genuina disponibilitàabattersi e sbattersi.
D’altra parte i miracoli succedono a chi ne ha bisogno, e la Cremo ha messo subito in chiaro di averne un bisognone: una squadra che prende un gol come quello di Raimondi schizza ai primissimi posti della graduatoria degli aventi bisogno di miracoli. Che poi non vorrei qui contraddire James Bond, ma non è necessariamente vero che si vive solo due volte: quella che è uscita dallo Zini era una Cremo giunta quanto meno alla sua terza vita, anche limitandosi a ieri pomeriggio.
La seconda vita le è passata sotto gli occhi in un amen quando Raimondi (che sulla cabeza inalbera una specie di palla di pelo che ha fatto del suo duello con Bassoli il derby dello chignon) ha sbagliato il facile raddoppio. Poi l’arbitro, il cui cognome Pelagatti è a mio avviso un suggerimento su un più utile impiego delle sue domeniche pomeriggio, ha regalato il rigore che all’ultimo secondo utile del primo tempo ha dato una bella mano a cambiare il destino della partita.
Ora, secondo me se un poveraccio trova un portafogli ben rifornito fa bene a tenerselo: così in fondo fa del bene a un poveraccio, senza farsi pubblicità che in questi casi è sempre una cosa antipatica. La Cremo ha fatto proprio questo del pareggio trovato per strada: lo ha usato per se stessa, facendo del rimbalzo morale il combustibile per accendersi. Fin lì la squadra aveva dato l’impressione di essere un mucchietto di rametti umidicci, con i quali chiunque sia arrivato a pagina tre del manuale delle Giovani Marmotte sa che accendere un fuoco è impossibile. Così invece ci sono stati dieci minuti di secondo tempo perfino focosi, che sono culminati nel gol del vantaggio: gol un po’ bellissimo e sfortunato (la rovesciata di Gambaretti contro la traversa) un po’banale e fortunato, con Brighenti così solo a un palmo dalla riga di porta da far nascere il sospetto che l’Andrea avesse appena confidato ai difensori avversari di soffrire di una malattia rara e contagiosissima. In guerra, in amore e per fare gol tutto è lecito.
Chiaro che l’area grigiorossa è diventata una tonnara, Raimondi persona sensibilissima ha trovato un’altra volta il modo di farsi perdonare dal gentile pubblico presente (quello assente lo aveva già assolto) il gol segnato, la difesa ha continuato a mostrare chiari scompensi sulla destra ma il Venezia non ne ha saputo più trarre vantaggio perchè così era scritto da qualche parte. Esagero? Senti qui: Greco, numero dieci del Venezia, doveva uscire da almeno un paio di minuti perchè sentiva legambe come se le avesse in ammollo nella vasca dei barracuda.Mail gioco non si è più fermato finchè l’arbitro Tosamici non ha dato al Venezia un rigore più fasullo ancora di quell’altro (il che non toglie che la difesa avesse fatto nella circostanza una figura da galline spaventate). Dai, faccio ’sto rigore e vado a fare la doccia, si è detto el Greco, la cui pennellata dal dischetto ha mancato la porta di un bel metro (risarcimento astrale a stretto giro del Brighenti salodiano?).
A questo punto il Venezia ha deciso di passare a un’interpretazione un po’ drastica dell’eliminazione diretta, provando a eliminare direttamente uno per uno gli avversari. Ha incominciato Sales con una botta aManaj, il quale se ne è lagnato tanto con l’arbitro Rasafelinichequesti per consolarlo lo ha mandato fuori. Cremo in dieci e poi quasi in nove, perchè il Venezia ha fatto fuori anche Venturi e sarebbe toccato mandare in porta il masseur se non fosse che Montorfano un po’ memore della beffa di Pordenone un po’ perchè se lo sentiva si era detto col cavolo che stavolta spreco l’ultimo cambio. Così esce Venturi in orizzontale (auguri, ma sembra affare serio), entra in scena Galli che a vederlo si direbbe che di stare fuori ne aveva già una barbaenon esce discenaMontorfano che oltre a tenersi la panchina pensa di aprire uno studio da veggente. Mago Mario, l’uni co al mondo che per leggere il destino invece dei tarocchi usa le figurine Panini.
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