L'ANALISI
23 Febbraio 2017 - 19:10
CREMONA - Nero il cappello a cilindro, il foulard, il vestito e nere anche le scarpe. Amélie Nothomb, scrittrice belga da 18 milioni di copie, ha incontrato giovedì 23 febbraio 150 studenti del liceo Manin. Il tempo di un cappuccino nel bar di fronte alla scuola («il bar migliore della mia vita») e per Nothomb è stata pioggia di domande, a volte pungenti, che hanno messo a nudo la sua professione di scrittrice e svelato i retroscena di alcuni suoi romanzi. «Il Giappone è una terra che mi ha dato molto - ha esordito -, non solo perché è la mia terra nativa, ma perché da lì è partito tutto. Nell’ultimo periodo di permanenza a Kobe ho fatto la guardiana della toilette maschile, quindi diventare una scrittrice è stata un’incredibile ascesa sociale».
Nothomb non usa mezzi termini, è sciolta ma allo stesso tempo sintetica nel rispondere alle domande che, a catena, si accendono tra un pubblico attento, che parafrasando un commento dei relatori, «non guarda mai il cellulare, a dispetto dei tempi che corrono». Dalla storia di bullismo che paralizza l’autostima, materia del suo ultimo romanzo alle tecniche di scrittura. «Per il mio primo libro - ha detto - ho impiegato dodici anni. Poi è iniziata la gavetta per la ricerca dell’editore, e bisogna ammettere che sia in Francia sia in Italia qualche casa editrice si mangia ancora le mani». Un’ora e mezza di confronto in francese, con gli studenti del linguistico che la scrittrice ha definito «impressionanti per le loro capacità di comprensione». Poi il firma copie e la consegna di un bouquet floreale simbolo di un passaggio nei corridoi di via Cavallotti difficile da dimenticare.
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