L'ANALISI
02 Febbraio 2017 - 18:48
Una sveglia di fronte all'altra, su due sedie che si osservano a vicenda, tese verso l'ultimo scatto, in un conto alla rovescia sconosciuto: gli spettatori, tutti intorno, anche loro con il fiato sospeso ad aspettare l'elettrico “trin” che squarci l'aria. Di fronte ai loro occhi ci sono mozziconi di candela, che hanno già esaurito la loro occasione, vinto o perso la battaglia contro il tempo. Scacco matto. Questo è il tema centrale del ciclo espositivo alla Fondazione Prada di Milano: un percorso in balia dell'arte, dove si passa da un edificio all'altro, dentro e fuori anche agli stili più disparati, dal surrealismo di René Magritte alla modernità di Copley e molte altre installazioni e opere.
In apertura, la partita a scacchi tra sesso e pudore, istinto e società: la donna viene censurata in tristi pregiudizi che ne vietano la libera espressione; gli uomini sono tutti, invece, ordinati al sacerdozio in un doloroso celibato morale. Poi, ci si trova, come trasportati, in un'altra stanza, ricoperta di specchi: la sfida è, ora, tra noi e il nostro riflesso, ciò che appariamo e la nostra più profonda e intima natura.
A questo proposito ci sembra opportuno riportare le preziose parole di Alessandro Menchetti, docente di storia dell'arte, che ci ha significativamente indirizzate verso un'attenta analisi “E' geniale riuscire a rappresentare così intensamente la spinta interiore che ciascuno di noi prova di fronte alla vita, segretamente consapevole che anche la propria sveglia stia per squillare, in conflitto, tuttavia, con i tabù imposti dalla società e da noi stessi”.
Dopo questa essenziale presa di consapevolezza, quindi, l'ultima tappa: in un'enorme macchina della polizia, simbolo di integrità, l'installazione di una corte marziale. I giudici, però, qui, sono tutti animali, con tanto di corna, artigli e code.
Chi è, allora, colui che tradisce il proprio essere, chi giudica o chi è giudicato? Se fosse la giustizia stessa sbagliata? Scacco matto.
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