L'ANALISI
01 Ottobre 2014 - 12:10
Bambini a una mensa scolastica
CASALMAGGIORE — In seguito alla campagna di recupero degli insoluti nei pagamenti del servizio di mensa scolastica messa in campo dalla nuova amministrazione comunale di centrodestra, una trentina di famiglie con figli iscritti all’istituto comprensivo Marconi hanno firmato un impegno a non usufruire più del servizio stesso. Si tratta di alunni del ‘tempo pieno’ che, dunque, dall’inizio dell’anno scolastico dovrebbero trascorrere a casa la pausa pranzo per poi rientrare in classe a seguire le lezioni pomeridiane. Abbiamo usato il condizionale perché la prima settimana — la notizia è confermata — alcuni genitori hanno invece lasciato i figli a scuola, cosa che ha causato imbarazzi e problemi organizzativi all’istituto. I bimbi sono stati naturalmente sfamati, ma le famiglie sono state richiamate al rispetto degli impegni, anche tramite comunicazioni sul diario degli alunni.
Intanto, però, la vicenda ha cominciato a far parlare dentro e fuori le aule, assumendo anche i primi risvolti politici. L’opposizione di centrosinistra, inquadrabile nelle liste civiche che hanno sostenuto la ricandidatura a sindaco di Claudio Silla, infatti, si fa avanti manifestando dubbi e perplessità. A prendere posizione — con l’avallo del gruppo consiliare costituito dalle liste civiche ‘Casalmaggiore e le sue frazioni’ e ‘Casalmaggiore la nostra casa’ — sono Ettore Gialdi, in qualità di assessore uscente a Cultura e Istruzione, e Calogero Tascarella, già presidente del Consiglio comunale e insegnante a Viadana. «Limitare la visione del servizio al recupero degli insoluti — dice il primo — dà la cifra di un’attenzione quantomeno limitata al mondo scolastico. La relazione con la scuola di un Comune che, tra i pochi, continua a gestire la mensa in proprio, non può essere fatta di scorciatoie e azioni da campagna elettorale: si tratta di un lavoro complesso che implica credere nel valore del ‘tempo pieno’ e in quello del ‘diritto allo studio’ garantito dalla Costituzione, mantenendo stretti rapporti sia con i servizi sociali che con le istituzioni didattiche. Servono consapevolezza e responsabilità e infatti in 5 anni noi siamo intervenuti in maniera radicale sull’organizzazione del servizio. Il problema ‘insoluti’ c’era: le difficoltà però erano sovrapponibili a quelle di altre realtà che gestiscono il servizio ‘in house’ e con il pagamento a consuntivo. Ma la nostra amministrazione aveva avviato, fin dal 2011, un lavoro sui recuperi, con la sottoscrizione di impegni che rendevano gli insoluti esigibili, con l’individuazione di un piano su tre scaglioni e l’invio di raccomandate alle famiglie. In proiezione, da gennaio a giugno 2014, si sarebbero recuperati 12mila euro (l’amministrazione Bongiovanni vanta dal canto suo un rientro di 20mila euro in pochi mesi, ndr). Insomma, si poteva ottenere un risultato senza lasciare fuori alcun bambino».
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