L'ANALISI
12 Settembre 2014 - 09:19
Il sindaco di Piadena Ivana Cavazzini
PIADENA — Giovedì 30 ottobre, presso il Tribunale di Cremona, davanti al giudice Benedetto Sieff, verrà affrontata la vicenda della eventuale ineleggibilità a sindaco di Piadena di Ivana Cavazzini. Tutto ciò sulla base del ricorso presentato (in rigoroso ordine alfabetico) da Annunciata Camisani, Gianfranco Cavenaghi, Luciano Di Cesare, Italo Lebovitz, Simona Rossana Mantovani, Mattia Nicoli e Silvano Rosati, tutti esponenti facenti capo, con diversi ruoli, all’attuale gruppo di minoranza consiliare e alla precedente amministrazione comunale.
Il magistrato ha fissato per mezzogiorno l’udienza di comparizione delle parti. I ricorrenti, assistiti dagli avvocati Marco Bencivenga e Cristina Pugnoli di Cremona, hanno impugnato la deliberazione consiliare di convalida degli eletti.
In particolare contestano (come già fatto emergere con il voto contrario al punto durante la seduta di insediamento della nuova amministrazione), la violazione dell’articolo 60 del Testo unico degli enti locali, rilevando che la Cavazzini si sarebbe dovuta dimettere dalla carica di sindaco di Drizzona «entro e non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature, ovvero, entro le ore 12 del ventinovesimo giorno antecedente la data della votazione, e quindi entro le ore 12 del 26 aprile 2014», visto che la tornata elettorale era fissata per il 25 maggio 2014.
Nel ricorso viene aggiunto che, sempre secondo il Testo unico degli enti locali, ‘le dimissioni presentate dal sindaco divengono efficaci ed irrevocabili trascorso il termine di venti giorni dalla loro presentazione al Consiglio’, «pertanto la signora Cavazzini avrebbe goduto del requisito dell’eleggibilità qualora, in rimozione dell’impedimento, avesse rassegnato le proprie dimissioni almeno venti giorni prima del 26 aprile».
I ricorrenti ricordano inoltre che fino al termine per la presentazione delle candidature la Cavazzini ricopriva anche la carica di presidente dell’Unione dei Comuni di Piadena e Drizzona «e aveva competenza e poteri di indirizzo e vigilanza». Perché la legge stabilisce tutto ciò? Secondo la Cassazione, perché le cause di ineleggibilità «avendo riguardo a situazioni potenzialmente idonee a inquinare la campagna elettorale, incidono direttamente sulla capacità di elettorato passivo quindi assumono rilievo sin dal momento della presentazione della candidatura e una volta realizzatesi non possono più essere rimosse». In altri termini «il legislatore vuole evitare che il candidato tragga vantaggio dalla sua particolare posizione nell’ambito della pubblica amministrazione e che il regolare svolgimento delle elezioni sia alterato».
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