L'ANALISI
10 Luglio 2014 - 09:16
Sabedin Xhepa
CASALMAGGIORE - La Corte d’Appello di Brescia, mercoledì 9 luglio, ha confermato ieri la condanna a otto mesi di reclusione (pena sospesa) inflitta in primo grado dal tribunale di Cremona (era il novembre del 2013) a Candido Grosso, titolare dell’omonima impresa edile con sede a San Giovanni in Croce, accusato di omicidio colposo per la morte, risalente al 27 novembre 2007, di Sabedin Xhepa, artigiano albanese di 42 anni, residente a Casalmaggiore. L’uomo era deceduto dopo essere stato in coma per una settimana a causa del ‘volo’ dai tre metri e mezzo di altezza del tetto di un’abitazione crollato sotto i suoi piedi, a Castelponzone di Scandolara Ravara.
I familiari e i legali, negli anni successivi, si trovarono a sbattere contro a un muro di omertà: «Nessuno sapeva niente, nessuno aveva visto niente». Ma nel processo di primo grado il pm Fabio Saponara e i legali di parte civile, Mauro Intagliata e Francesco Tazzari dello studio associato Rovacchi-Intagliata di Reggio Emilia, riuscirono a dimostrare l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, nonostante Xhepa figurasse fittiziamente come artigiano. Insomma, Grosso era a tutti gli effetti il datore di lavoro e non aveva dotato il 42enne dell’attrezzatura antinfortunistica: di qui la sua responsabilità. Un ‘impianto’ — quello portato avanti dagli avvocati di parte civile anche a Brescia — che pure la Corte d’Appello ha ritenuto solido, confermando le decisioni della magistratura cremonese (la sentenza venne emessa dal gup Letizia Platè), così come ha confermato la provisionale di 30mila euro, mentre ha rinviato ai giudici civili — o alla trattativa tra le parti — di stabilire l’entità del risarcimento per la vedova, i due figli (uno valido canottiere dell’Eridanea, ndr), i tre fratelli e il padre di Sabedin.
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