L'ANALISI
06 Aprile 2014 - 13:43
Alcuni bambini della scuola di Amurt a Lomè in Togo
VIADANA - Dodici giorni nel cuore dell’Africa per seguire da vicino i progetti e pianificare i futuri interventi. La missione dei volontari di Amurt Viadana Cosimo De Cillis e Valentina Storti, accompagnati dalla giornalista cremonese Michela Cotelli, rientrati in Italia mercoledì 2 aprile, ha centrato l’obiettivo.
Dopo i primi giorni nel villaggio di Bissiri, a pochi chilometri da Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, dove la Ong dal 2010 ha realizzato una clinica dispensario e una scuola e avviato un progetto agricolo, il viaggio è proseguito in Togo. Destinazione la capitale Lomè. Qui Amurt ha dato vita a un progetto scolastico che coinvolge 520 bambini, tra materna, primarie e secondarie. Ha finanziato un progetto agricolo per la coltivazione di un ettaro di terreno, che nell’arco di pochi anni garantirà all’istituto – attraverso la vendita diretta dei prodotti - un’indipendenza economica. Ha iniziato la costruzione di due nuove classi e, soprattutto, ha fissato i prossimi interventi. La ristrutturazione della scuola materna, la creazione di un porticato all’esterno della primaria, la costruzione di una mensa refettorio e il completamento delle due nuove classi incominciate nei mesi scorsi. "L’obiettivo a cui si guarda – hanno spiegato i responsabili della struttura – è quello di permettere agli alunni di completare il loro percorso di studi realizzando, già a partire dal prossimo anno scolastico, anche una scuola superiore".
Il centro Amurt in Togo – al momento la terza scuola in ordine di grandezza del distretto di Cacavely - si confermerebbe così un percorso unico nel suo genere. Un’esperienza che di sicuro Amurt è intenzionata a riproporre anche in altre zone dell’Africa, dove ancora nessuno è intervenuto. I volontari hanno potuto vedere da vicino le attività svolte dai ragazzi, hanno seguito le lezioni, si sono confrontati con gli insegnanti, hanno accolto le richieste del corpo docenti. Dall’ultima visita nel 2013 molte cose sono cambiate: il numero di iscritti è aumentato, quasi tutti gli insegnanti sono stati sostituiti, i bagni della struttura sono stati ultimati e il progetto agricolo è cresciuto. Oltre alla manioca, una radice da cui si ricava la farina di tapioca che in Africa è considerata una delle principali fonti di carboidrati, gran parte della coltivazione è rappresentata da mais, limoni, manghi, moringa, frutta e verdura di ogni tipo. E c’è un legame, ormai consolidato, tra la coltivazione del terreno e il percorso di apprendimento degli studenti: chi non può permettersi di pagare la retta annuale – l’equivalente di 40 euro circa – lavora durante le vacanze estive al progetto. Dando il proprio contributo riesce a pagarsi gli studi. In un Paese dove la maggior parte dei bambini non può studiare o smette di andare a scuola dopo le elementari l’impegno di Amurt si traduce in una cosa soltanto: speranza. Quello di cui c’è più bisogno.
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