L'ANALISI
06 Maggio 2023 - 05:15
La 98enne Lidia Bergamini
VIADANA - Nel 1944, prima di diplomarsi in ragioneria all’Istituto tecnico commerciale Sanfelice, inaugurato dieci anni prima, Lidia Bergamini fu prelevata da scuola dai fascisti e portata prima a Bozzolo, dove venne caricato sull’auto anche don Primo Mazzolari, e quindi in caserma a Cremona per essere interrogata per il sospetto di contatti con la Resistenza. È solo uno dei tanti episodi dell’intensa vita di quella che a tutti gli effetti è la decana dei ragionieri viadanesi, 98 anni portati splendidamente e festeggiati il 26 febbraio assieme a figli, nipoti e pronipoti.
Nella sua casa in via Manfrassina, approfittando dell’occasione data dalla festa che il Sanfelice organizzerà sabato prossimo, dal titolo ‘Ragionieri... dal 1934’ sono arrivati anche il sindaco Nicola Cavatorta, che ha omaggiato Lidia con un mazzo di fiori, e il professore Calogero Tascarella, tra gli organizzatori della manifestazione dedicata all’istituto superiore. La decana dei ragionieri, nata nel 1925, parteciperà alla festa con il cuore, ricordando i passi che la portarono prima a diplomarsi e poi a laurearsi.
«Sono cresciuta a Cicognara, prima di due fratelli», racconta Lidia. «Mio padre Settimo aveva una pompa di benzina e un’auto pubblica, mentre mia madre, Maria Rosa Anversa, gestiva un negozio di merceria, articoli per la casa e cartoleria che era il punto di riferimento per tutto il paese».
Erano gli anni in cui don Mazzolari era parroco di Cicognara e vide crescere questa bambina che a scuola prendeva sempre ottimi voti. «Nella pagella di quinta elementare avevo ‘lodevole’ in tutte le materie e i compagni di classe mi chiamavano ‘biblioteca ambulante’ perché leggevo tantissimi libri. Papà allora chiese a un amico professore che cosa dovesse fare per il mio futuro. Il professore mi fece scrivere un tema su Cicognara, lo lesse e disse entusiasta: ‘Questa ragazzina può fare quello che vuole’».
Fu così deciso che Lidia doveva proseguire gli studi ma, nel frattempo, morì il padre. Per la vedova non fu certo facile crescere da sola i due figli e permettere alla primogenita di continuare la scuola, ma ci riuscì e così Lidia superò l’esame per essere ammessa a Ragioneria, in un’epoca in cui erano poche le donne che frequentavano le scuole superiori. «Avevo voti altissimi, soprattutto in italiano, mentre in ginnastica andavo maluccio», ricorda oggi Lidia. «Di giorni aiutavo la mamma in negozio e studiavo la sera, nella penombra della casa perché c’era l’oscuramento in quanto nei cieli volava ‘Pippo’ e c’era il pericolo dei bombardamenti».
L’anno del diploma, il 1944, fu sicuramente il più intenso: «Era l’11 febbraio, frequentavo il Sanfelice e quella mattina venne in classe il segretario della scuola per invitarmi in presidenza. Percorrendo il corridoio, notai che il segretario era pallido e sconvolto, continuava a ripetermi: ‘Cosa hai fatto? Cosa hai fatto?’. Mi attendevano il preside Valla e tre signori, uno dei quali mi disse che dovevo essere interrogata riguardo un libro trovato a Firenze in casa di Walter Federici, di Fossacaprara, sul quale stava scritto il mio nome». Era un libro di don Mazzolari che Lidia aveva spedito al giovane amico, che nella città toscana dove frequentava l’università era stato fermato perché sospettato di legami con la Resistenza. «Il preside mi autorizzò ad allontanarmi dalla scuola con quei signori, dopo aver avuto la rassicurazione che ci saremmo fermati a Cicognara per avvertire la mamma». E facile immaginare quanta apprensione e preoccupazione negli occhi della ragazza e della madre.
In macchina con i militi fascisti in borghese, Lidia raggiunse Bozzolo dove don Mazzolari si era trasferito nel 1932 e lì il parroco fu prelevato, con destinazione una caserma di Cremona. La ragazza e il sacerdote furono interrogati per parecchie ore e poi rilasciati. «Si resero conto che ero soltanto una studentessa, non mi occupavo di politica».
Dopo essersi diplomata, Lidia non lavorò come ragioniera: amava leggere e scrivere, così fece anche due anni di ginnasio, studiando da privatista con alcuni professori di città che erano sfollati a Casalmaggiore e a Casalbellotto, in modo da poter poi iscriversi all’Università Statale di Milano, facoltà di Lettere. «Il mio sogno era insegnare». Dopo la laurea e alcuni anni in giro per diverse scuole mantovane, ottenne il posto alle medie di Viadana, dove ha insegnato italiano, latino, storia e geografia a una miriade di alunni. Nel frattempo nella vita di Lidia arrivò l’amore: il coetaneo Giuseppe Gradella, ingegnere. Si sposarono nel 1952 e la loro casa fu presto allietata dall’arrivo di tre figli: Mirosa, Ester e Federico. «Si sono laureati tutti e tre», ci tiene a sottolineare Lidia, con orgoglio, che alcuni anni fa ha anche scritto un libro di memorie dal titolo ‘Quando Cicognara era il paese degli scopai’.
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