L'ANALISI
19 Aprile 2020 - 07:58
SAN GIOVANNI (19 aprile 2020) - «Fin dall’inizio gli italiani praticamente sono stati banditi, non ufficialmente, dal Portogallo. Ad un certo punto ho smesso anche di parlare italiano in metropolitana o in giro per la città, solo inglese». È il racconto di Laura Pistoni, 26enne di San Giovanni in Croce, che è giunta a Oporto in Portogallo, a fine febbraio, due giorni prima che scoppiasse l’emergenza Coronavirus in Italia, per lavorare come tirocinante laureata all’istituto oncologico portoghese IPO-Porto. «È stato molto divertente vedere ribaltata la situazione: erano gli italiani quelli ad essere emarginati e ad essere guardati male. Il primo giorno ufficiale il laboratorio è stato interrotto prima perché c’ero io che ero italiana e sono stata messa in quarantena in via precauzionale. La seconda volta che sono stata messa in quarantena è stata a causa di una visita di un italiano e uno spagnolo dai miei coinquilini, proprio nei giorni in cui Italia e Spagna hanno dichiarato il lockdown».
La 26enne nota ancora troppa superficialità nella prevenzione del contagio. «Ho coinquilini finlandesi, tedeschi e spagnoli e nessuno ha capito la gravità fino all’ultimo e tutt’ora alcuni la prendono sottogamba. Di quello che sta succedendo in Italia se ne parla, in ospedale mi han chiesto quali sono le canzoni che si cantavano dai balconi, non tutte le notizie infatti hanno eco internazionale».
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