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CASALMAGGIORE

Il caso: 'No al venerdì islamico ma sì alle preghiere private'

L’associazione culturale Arrahma commenta l’ordinanza del Consiglio di Stato: 'Non abbiamo vinto, però la pretesa di vietarci di pregare è illecita: mai voluto una moschea'

Francesco Pavesi

Email:

fpavesi@cremonaonline.it

09 Giugno 2019 - 08:33

Il caso: 'No al venerdì islamico ma sì alle preghiere private'

CASALMAGGIORE (9 giugno 2019) - Nel capannone di via Marzabotto acquisito all’asta dall’associazione e centro culturale islamico Arrahma non può svolgersi attività di culto, «dovendosi intendere per attività di culto ai fini del presente giudizio - scrivono i giudici del Consiglio di Stato - l’afflusso generalizzato e periodico di una moltitudine di persone, essendo solo tale attività che, per l’evidente incidenza sul carico urbanistico dell’area, richiede uno specifico titolo abilitativo», però ci si potrà intrattenere a pregare privatamente. E’ questo il senso dell’ordinanza emessa il 6 giugno dai supremi giudici amministrativi di Roma. Per intendersi, no alla alle preghiere pubbliche del venerdì musulmano, dette Jumuʿa, precedute da un sermone detto khuṭba pronunciato da un predicatore, sì invece alle preghiere private «che non comportino l’afflusso generalizzato e periodico di una moltitudine di persone». Affinché questo sia possibile occorrerebbe un cambio di destinazione d’uso dell’immobile, attualmente destinato a magazzino e deposito.

Tutto è cominciato nel momento in cui la polizia locale durante un sopralluogo rilevò che l’attività di culto era invece in corso e stese un verbale. Il sindaco allora ordinò la cessazione dell’attività e Arrahma ricorse al Tar di Brescia chiedendo di sospendere l’efficacia del provvedimento. Il Tar invece ha dato ragione al Comune e allora Arrahma è ricorso in appello al Consiglio di Stato, che ora ha di nuovo dato ragione al Comune.

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Commenti all'articolo

  • Aletti.renzo

    09 Giugno 2019 - 16:16

    Beh insomma, se ci sono delle regole, vanno rispettate. Piacciano o no! Il trasgredirle significa essere FUORILEGGE, anche se si è in buona fede.

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