L'ANALISI
17 Settembre 2017 - 08:19
CASALMAGGIORE - Le chiusure totali del ponte sul Po di Casalmaggiore non sono certo una novità. Negli ultimi quindici anni se ne sono registrate almeno altre due importanti e pesanti. Il 23 ottobre 2002 il manufatto venne sbarrato per l’apertura di una crepa, con un dislivello di oltre due centimetri. L’intervento immediato anche in quel caso fu dovuto al rischio concreto di crolli. Il ponte fu riaperto ai mezzi leggeri in tre mesi, qualche giorno prima di Natale. Le problematiche per i pendolari e per le attività economiche furono le medesime di oggi. La fiera di San Carlo trascorse a ponte chiuso, fu messa in piedi (sindaco era Luciano Toscani) una serie di manifestazioni a dicembre — mese cruciale per il commercio - per attirare comunque gente a Casalmaggiore. Ci fu chi si spinse a chiedere provvedimenti allo Stato, come la sospensione delle scadenze fiscali per le imprese. Una boccata d’ossigeno arrivò dalla riapertura del ponte, seppur consentita nei primi mesi solo ad auto e furgoni con la posa di strettoie in new-jersey sulle rampe di accesso. Il 28 giugno del 2010, preceduto dalla comparsa, il 12 maggio, del senso unico alternato ‘fisso’, lo ‘spettro’ chiusura si materializzò nuovamente a causa degli interventi straordinari di consolidamento curati dalla Provincia di Cremona (l’assessore alla partita era Giovanni Leoni, oggi vicesindaco di Casalmaggiore). Il cantiere era stato aperto il 16 febbraio, lo sbarramento totale fu imposto nel momento in cui fu necessario sollevare gli impalcati: i lavori avrebbero dovuto essere conclusi entro il 5 settembre, ma si riuscì ad anticipare i tempi e riaprire il 19 agosto. I lavori sul manufatto (importo totale sui 10 milioni di euro), comunque, proseguirono ancora per un anno, a ponte riaperto e con qualche senso unico alternato in occasione della posa degli asfalti.
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