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CASALMAGGIORE

Il piccolo 'Schindler dell'Oglio Po'

Umberto Araldi nascose e salvò un dipendente ebreo

Davide Bazzani

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29 Gennaio 2015 - 10:48

Il piccolo 'Schindler dell'Oglio Po'

Lo stabilimento della Società Federale Orefici di Casalmaggiore di cui Araldi fu tra i soci fondatori

CASALMAGGIORE-VIADANA — «C’è frase del Talmud che dice ‘Chi salva una vita, salva il mondo intero’. Penso si potrebbe applicare anche al caso di Umberto Araldi, che durante la guerra salvò un ebreo, Fabio Reggio». A raccontare la vicenda è Raul Tentolini, imprenditore in pensione, la cui famiglia collaborò professionalmente con quella di Araldi. «Umberto nacque a Viadana. Frequentò la scuola di disegno ‘Bottoli’ di Casalmaggiore, e grazie ad una sua creazione artistica vinse anche un premio. Fu, nel 1906, tra i soci fondatori della Società Federale Orefici». Araldi faceva parte del gruppo di operai che, per diverbi di natura economica, si era distaccato dal nucleo originario dell’industria dell’oro matto di Casalmaggiore, fondata da Giulio Galluzzi. «Umberto ebbe un figlio, Bruno, nato nel 1915 — aggiunge Tentolini — e un nipote, l’ingegner Umberto Fortunati, che è vivente e abita a Milano. Ad un certo punto Umberto si ritirò dal ‘fabbricone’ e fondò a Milano la fabbrica di bigiotteria ‘Umberto Araldi’. In questa fabbrica lavorava come ragioniere Fabio Reggio, originario di Montefiorino, in provincia di Modena, che era ebreo, come si capisce anche dal cognome. Durante gli anni delle persecuzioni degli ebrei, fu Araldi a nasconderlo. Reggio viveva nella sede aziendale e riuscì ad attraversare indenne i rastrellamenti». Diversamente, sappiamo quale triste fine avrebbe purtroppo fatto: sarebbe stato deportato nei campi di concentramento.
«Il ragionier Reggio — continua Tentolini — era una persona molto affabile e precisa». Tentolini ebbe modo di conoscerlo: «Mio padre Evrardo, che era attrezzista del fabbricone ed aveva frequentato la Scuola Bottoli, ebbe la proposta di costituire una società con il figlio di Umberto, Bruno, e così avvenne». Umberto morì nel 1944, ma il figlio continuò con la tradizione di famiglia. «Nel 1949 nacque la ‘Ar.Te’, acronimo di Araldi e Tentolini, specializzata in bigiotteria, occhiali, minuteria metallica. Il ragionier Reggio venne assunto alla Ar.Te. e lì io lo conobbi. «Ricordo questo particolare: nel 1949 io avevo 14 anni, lui parecchi più di me, eppure mi chiamava ‘signor Raul’. Non si è mai sposato. Ogni tanto si allontanava per una meta ‘misteriosa’. Qualcuno ad un certo punto gli chiese dove andasse e lui rispose che tornava a Montefiorino, sull’Appennino, a ritrovare le sue radici». Una bella storia di umanità che richiama alla mente la storia, descritta da Steven Spielberg in un film, dell’industriale tedesco Oskar Schindler, che riuscì a salvare diversi ebrei reclusi nel ghetto di Podgorze, impiegandoli nella sua fabbrica, pagandoli con utensili da scambiare e sottraendoli al campo di lavoro comandato dal criminale tedesco Amon Goeth. Schindler costruì un campo per i suoi operai, dove le milizie non potevano entrare senza la sua autorizzazione. Infine decise di attivare una fabbrica di granate nella natia Brinnlitz, compilando una lista di 1100 persone ebree perché venissero a lui affidate come operai, riuscendo così a strapparle alla morte. Evidente l’analogia con il caso di Araldi, che meriterebbe forse l’inserimento tra i ‘Giusti tra le Nazioni’, i non-ebrei che hanno agito in modo eroico a rischio della propria vita per salvare la vita anche di un solo ebreo dal genocidio nazista.

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